Leonardo Fiorentini e Antonella Soldo da Vienna presentano il side event su droghe e guida alla 68esima CND dell’ONU per la rubrica di Fuoriluogo su il manifesto.
Tutti i Paesi hanno normative che regolano la guida sotto l’influenza di sostanze psicoattive, siano esse legali o illegali. Le legislazioni sull’alcol hanno una lunga tradizione e generalmente seguono un approccio repressivo progressivo, infatti la maggior parte degli Stati fissano limiti, superati i quali vengono applicate sanzioni, incluse quelle penali, in relazione alla quantità consumata. Invece per le sostanze soggette a controllo internazionale, inserite nelle tabelle delle convenzioni sulle droghe, prevale spesso un approccio di tolleranza zero.
In Italia, come ben sappiamo, grazie alle modifiche volute da Matteo Salvini, è stato addirittura eliminato il requisito di dimostrare un’effettiva alterazione alla guida, rendendo punibili le persone anche sulla base di test rudimentali, spesso caratterizzati da alte percentuali di falsi positivi, come quelli salivari.
Queste differenze di approccio saranno al centro dell’analisi e della discussione a Vienna, durante un side event in occasione della 68ª Commission on Narcotic Drugs dell’ONU (CND). L’evento, dal titolo Driving and Substances: A New Approach to Regulation, è promosso da Forum Droghe e Meglio Legale, insieme a La Società della Ragione, Euronpud, Associazione Luca Coscioni, NORML, Releaf Malta e Deutsche Hanfverband.
Due questioni verranno approfondite dal panel. La prima riguarda la cannabis e la guida nei Paesi che ne hanno legalizzato l’uso. Quindi le possibili soluzioni per garantire sia la sicurezza stradale sia il diritto delle persone a non essere punite, in assenza di comportamenti realmente dannosi per sé o per gli altri. Verranno presentate le esperienze di Paesi che hanno già legalizzato: dagli Stati Uniti fino ai più recenti casi di Malta e Germania. Si terrà conto anche delle soluzioni alternative ai test di laboratorio, come l’uso di app che verificano l’effettiva alterazione del guidatore al momento del controllo.
La seconda questione concerne i rischi dell’approccio di tolleranza zero sulle droghe che – laddove il conducente non guidi in uno stato effettivamente compromesso – potrebbe di fatto reintrodurre la criminalizzazione delle persone che fanno uso di droghe attraverso le leggi sulla circolazione stradale. Punire i conducenti per la sola positività a un test (che sia salivare, urinario o ematico), capace di rilevare l’uso di sostanze psicoattive ore, giorni o addirittura settimane prima, significa perpetuare un processo di stigmatizzazione delle persone che usano sostanze. Un approccio che da molti anni anche le agenzie dell’Onu invitano ad abbandonare. Eppure, l’Italia, nel suo continuo e nostalgico legame al passato, sembra ignorarlo.
Del resto, il sottosegretario Mantovano, intervenendo lunedì mattina nel dibattito generale della CND, ha citato – come di consueto – un caso: l’arresto a Dubai di un potente narcotrafficante italiano, per sottolineare la pervasività e la resilienza del mercato illegale, nonché la sua capacità di sfruttare le opportunità offerte dalle “nuove tecnologie”. Un ennesimo esempio che dimostra l’assoluta inadeguatezza delle politiche repressive nell’affrontare efficacemente il “problema mondiale della droga”. È un modello sbagliato, che provoca danni sociali, ma il sottosegretario Alfredo Mantovano insiste in una crociata senza senso.
Dopo aver citato maldestramente Pasolini e suggerito correlazioni tra la legalizzazione della cannabis e l’epidemia di overdose in Nord America – inesistenti secondo la letteratura internazionale – ha concluso il suo intervento con un chiaro ed evocativo “siamo in prima linea”. Che la war on drugs non fosse finita, per l’ispiratore della ultra proibizionista legge Fini-Giovanardi, l’avevamo capito. Il ricorso a un linguaggio bellicista è però eccessivo.
Il side event di Vienna in diretta streaming sui social di Fuoriluogo e Meglio Legale