Fase 2: restano a casa giovani e donne. di Alessandra Casarico, Salvatore Lattanzio

Il 4 maggio torneranno al lavoro in larga maggioranza lavoratori uomini. Alle donne non resterà che farsi carico ancor di più della cura della famiglia. Anche i giovani rimangono a casa. Sono due categorie che già avevano difficoltà sul mercato del lavoro.

Tornano al lavoro soprattutto uomini

La conferenza stampa del presidente del Consiglio di domenica 26 aprile ha deluso i molti che speravano di poter tornare alla normalità già a partire dal 4 maggio. Non è così: potranno riaprire manifattura, costruzioni e commercio all’ingrosso, mentre solo dal 18 maggio sarà il turno di commercio al dettaglio, musei e biblioteche. Ristoranti, bar e cura della persona probabilmente potranno ripartire a giugno.

La conferenza stampa, tuttavia, ha fatto più rumore per le cose che non sono state dette. Per esempio, la gestione del rientro all’attività lavorativa per tutte quelle persone che hanno compiti di cura di bambini o anziani resta un interrogativo importante e lasciato totalmente “inevaso”. Chi se ne farà carico? Come conciliare le esigenze di rientro al lavoro e di cura della famiglia? Due settimane in più o in meno di lockdown possono fare la differenza per molte famiglie italiane.

Ma quali sono i lavoratori interessati dalla riapertura del 4 maggio? Possiamo guardare alla distribuzione per genere e per età tra i vari gruppi di attività economiche per capire quali fasce della popolazione saranno o no interessate dall’allentamento delle misure di contenimento. Per farlo, usiamo i dati di un campione delle comunicazioni obbligatorie forniti dal ministero del Lavoro riferiti al 2019, già descritti in un precedente articolo.

La figura 1 riporta la distribuzione per genere in tre gruppi di attività, classificati sulla base dei codici Ateco: quelle che riapriranno il 4 maggio, quelle che erano già aperte come da Dpcm del 25 marzo 2020 (le “attività essenziali”) e quelle che invece resteranno chiuse anche dopo il 4 maggio.

Lo squilibrio di genere risulta evidente. Il 72 per cento dei lavoratori che tornano al lavoro il 4 maggio sono uomini. Il risultato non è una sorpresa, dal momento che le attività manifatturiere e delle costruzioni sono tipicamente a predominanza maschile. Tuttavia, questo massiccio rientro al lavoro di uomini finirà per caricare di ulteriori compiti di cura le donne all’interno delle famiglie, rischiando di ridurre ancora di più la loro offerta di lavoro, già minata dalla chiusura delle scuole e dalla assenza di alternative credibili alla gestione diretta dei carichi familiari. Per le attività che erano già aperte e per quelle che resteranno chiuse si osserva un sostanziale equilibrio tra uomini e donne, anche se in quelle chiuse la percentuale femminile è leggermente superiore.

Figura 1 – Distribuzione per genere tra gruppi di attività economiche.

Note: elaborazione degli autori su dati del Campione integrato delle comunicazioni obbligatorie. I dati contengono un sottoinsieme casuale dei contratti instaurati a partire dal 2009 e ancora attivi al 2019, e dei contratti instaurati prima del 2009 e che siano stati trasformati o terminati nel 2019, di lavoratori dipendenti, domestici e operai agricoli.

La sorte dei giovani

Per giorni prima dell’intervento del presidente del Consiglio, si è discusso poi della possibilità di un lockdown“forzato” per alcune categorie ritenute più vulnerabili, identificate genericamente negli ultra-sessantenni. Se da un lato è stato riscontrato che il tasso di mortalità del coronavirus sia più alto per le fasce più anziane della popolazione, dall’altro lato le misure di blocco delle attività produttive hanno interessato in misura maggiore i lavoratori più giovani. Le attività che riapriranno sembrano confermare il dato.

La figura 2 mostra la distribuzione per classi di età nei tre gruppi di attività economiche. È particolarmente evidente lo squilibrio tra quelle che restano chiuse – dove un lavoratore su tre ha meno di 30 anni e quasi due su tre hanno meno di 40 anni – e quelle che sono aperte o riapriranno a breve, per le quali la distribuzione è spostata verso le fasce meno giovani.

In altre parole, al di là degli annunci e delle voci che si sono rincorse nei giorni passati, sono i più giovani a sopportare le maggiori limitazioni a causa del lockdown, dal momento che anche dopo il 4 maggio molti dovranno continuare a restare a casa. Un aspetto non irrilevante, anche in considerazione dell’insufficienza dei risparmi su cui possono contare molti italiani, in particolare i più giovani probabilmente.

Figura 2 – Distribuzione per classi di età tra gruppi di attività economiche.

Note: elaborazione degli autori sui dati del Campione integrato delle comunicazioni obbligatorie. Per dettagli si vedano le note alla figura 1.

Questi dati impongono di riflettere non solo sulla situazione attuale, ma anche sugli scenari futuri dell’economia del nostro paese. I progressi, lenti e faticosi, registrati negli ultimi anni sul fronte della partecipazione femminile al mercato del lavoro rischiano di essere vanificati dai vincoli imposti alle famiglie in lockdown, per le quali purtroppo un bonus babysitter o un’estensione del congedo parentale potrebbero non bastare.

I giovani sono invece tra le categorie che hanno fatto più fatica a riprendersi dopo la grande recessione e la successiva crisi dei debiti sovrani, con tassi di disoccupazione elevati e redditi più bassi della media. L’ulteriore colpo alle loro prospettive lavorative potrebbe essere ancora più difficile da assorbire senza appropriati ammortizzatori.

fonte: 

gli Autori:

ALESSANDRA CASARICOalessandra casarico è Professoressa di Scienza delle finanze all’Università Bocconi. È inoltre Research Fellow del CESifo di Monaco e del Centro di ricerca Dondena sulle dinamiche sociali e politiche pubbliche. È membro dello Scientific Advisory Council dell’Ifo di Monaco e della Commissione di Genere della Società Italiana degli Economisti. Ha conseguito il dottorato di ricerca in economia all’Università di Oxford. I suoi interessi di ricerca si rivolgono all’economia di genere e all’economia pubblica. Ha pubblicato su riviste scientifiche internazionali di prestigio ed è autrice di libri con editori nazionali e internazionali. È attiva nel dibattito accademico e di policy in Italia e all’estero sul tema dell’occupazione femminile e delle politiche che possono sostenerla.

SALVATORE LATTANZIOpuglisi sta svolgendo un dottorato di ricerca in economia all’Università di Cambridge. Si interessa di temi legati alla disuguaglianza di genere nel mercato del lavoro. Ha conseguito la laurea magistrale in Economic and Social Sciences, e precedentemente la laurea triennale in Economia e Finanza, presso l’Università Bocconi

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