In un intervento apparso su lavoce.it (“Posti letto: perché in Italia costano di più”) il 3 aprile scorso Leonzio Rizzo e Riccardo Secomandi si interrogano sul costo dei posti letto in Italia, che risulterebbe particolarmente elevato in confronto ad altri paesi come Francia e Germania. La spesa per posto letto nel nostro Paese sarebbe pari al 188% di quella tedesca e al 130% di quella francese. Premesso che il confronto tra paesi richiederebbe uno studio comparato dei diversi sistemi e del loro funzionamento, oltre ad un esame approfondito delle informazioni reperibili dalle banche dati internazionali, e non potendo svolgere una simile analisi in queste brevi righe, ci si limita a segnalare che il quadro potrebbe essere in parte diverso e che le riflessioni su questi problemi dovrebbero essere un poco più accorte, sia nella scelta dei dati, sia nell’interpretazione dei risultati.
Cominciamo a ragionare sui dati utilizzati. I risultati di cui sopra emergono rapportando al numero complessivo dei posti letto (per cura, riabilitazione e lungodegenza) la spesa complessiva della Pubblica Amministrazione per la funzione relativa ai servizi ospedalieri (Classification of Functions of Government, COFOG). Si tratta della spesa complessiva, che include la formazione lorda del capitale (investimenti lordi), e l’aggregato comprende anche il trasporto dei pazienti. Gli autori ammettono di aver costruito un indicatore piuttosto grezzo. Ma i dubbi sorgono soprattutto dal fatto che la spesa della Pubblica Amministrazione per servizi ospedalieri (fonte Eurostat, Government statistics) in Germania rappresenta una quota pari al 2,8% del PIL, esattamente come quella italiana, mentre quella francese arriva al 3,4%; a sua volta la spesa complessiva per la funzione sanità risulta pari al 7,2% del PIL in Germania, contro l’8,1% in Francia e il 6,8% in Italia. Questi dati sembrano sottovalutare significativamente l’impegno di spesa della Germania nella sanità, notoriamente maggiore, forse perché la spesa della Pubblica Amministrazione non esaurisce lo sforzo pubblico per la sanità in un sistema à la Bismarck, fondato su mutue e assicurazioni a contribuzione obbligatoria.
Se si guarda invece ai dati di spesa sanitaria generalmente utilizzati nei confronti internazionali, quelli prodotti dal sistema dei conti della sanità (system of health accounts, SHA), che riporta informazioni sulla spesa corrente nei diversi sistemi sanitari ed è in linea con le regole contabili dettate dal Sistema europeo dei conti (SEC 2010), si ottiene che la spesa sanitaria relativa agli schemi pubblici e a quelli basati su contributi obbligatori è pari, per la Germania e per la Francia, quasi al 9,5% del PIL, contro il 6,5% dell’Italia (Eurostat).
Rapportando la spesa rilevata da SHA per gli schemi pubblici e quelli basati su contributi obbligatori per ricoveri di cura, riabilitazione e lungodegenza (ricoveri ordinari e day hospital) al numero totale di posti letto si ottiene che la spesa per posto letto in Italia è più elevata del 55% rispetto a quella tedesca e dell’8% rispetto a quella francese. Le distanze sono dunque di gran lunga inferiori a quelle che emergono usando la spesa per funzioni COFOG.
Estendendo poi il confronto anche agli altri paesi europei si osserva che il costo per posto letto è inferiore a quello italiano nei paesi dell’Europa orientale e meridionale, e poi in Germania, Austria, Belgio e Francia, mentre è superiore in Lussemburgo, Regno Unito, Paesi Bassi, Irlanda, Svizzera, Liechtenstein e paesi nordici. Le differenze geografiche sembrano dunque riflettere le note distanze tra gruppi di paesi che emergono in tanti altri fenomeni economico-sociali. La vera sorpresa è rappresentata dalla Germania, nonché dall’Austria, che ci saremmo aspettati di trovare in una posizione più vicina ai paesi scandinavi, dove invece è collocato il National Health Service del Regno Unito, nel complesso, come quello italiano, notoriamente poco costoso (la spesa sanitaria corrente complessiva è pari a circa il 7,6% del PIL).
Figura 1. Spesa per posto letto
La spiegazione di questi risultati non sembra risiedere in un diverso tasso di copertura dei posti letto, almeno per quanto riguarda i tre paesi sui quali è stata principalmente puntata l’attenzione: quello dei posti per cura (non per riabilitazione o lungodegenza) infatti nel 2017 è stato pari al 79,8% in Germania e al 78,9% in Italia (un poco più basso in Francia, per la quale il dato 2017 non è disponibile e quello del 2016 è pari a 75,6%). Una indicazione interessante emerge invece dal seguente grafico, che evidenzia la presenza di una qualche associazione (negativa) tra spesa per posto letto e posti letto per 100.000 abitanti, mostrando che la prima è tendenzialmente tanto più alta quanto minore è la disponibilità di posti letto e viceversa.
Figura 2.Associazione tra spesa per posti letto e posti letto per 100000 abitanti
Da queste limitate evidenze non è possibile derivare una spiegazione chiara e definitiva delle differenze tra paesi, ma sembra plausibile che queste dipendano dall’organizzazione complessiva dei sistemi sanitari. Quando le cure sono maggiormente incentrate nell’ospedale, ovvero vengono assicurate più spesso attraverso ricoveri (altra e diversa questione sono le attività di specialistica ambulatoriale svolte dagli ospedali), probabilmente il livello medio di complessità delle prestazioni erogate ai pazienti ricoverati (inpatient) è minore, e di conseguenza lo è anche il costo medio del ricovero (e del posto letto).
Si osservi infine che, moltiplicando la spesa per posto letto per il numero di posti letto per 100.000 abitanti, si ottiene un indicatore di spesa per 100.000 abitanti. Nell’ultimo grafico, come si vede, l’Italia è collocata al centro della graduatoria, mentre si evidenzia che la Germania spende di più per curare lo stesso numero di abitanti. Ma forse garantisce attraverso i ricoveri trattamenti che altrove sono forniti sul territorio. Resta il fatto che il sistema tedesco, incentrato sull’ospedale, risulta complessivamente più costoso, come si è visto sopra (cfr. Caruso, Dirindin, 2019, Salute ed economia. Questioni di economia e politica sanitaria).
Figura 3. Spesa ospedaliera per 100000 abitanti
In definitiva, in generale, i confronti internazionali offrono informazioni molto interessanti, ma da interpretare con qualche cautela. In particolare, una spiegazione del taglio dei posti letto in Italia come conseguenza di un loro costo relativamente elevato appare poco fondata.
La riduzione dei posti letto, accompagnata da quella del personale, ha rappresentato piuttosto un tentativo di sfruttare il progresso medico e tecnologico, che consentiva di ridimensionare il ruolo degli ospedali nelle cure, per assicurare un contributo rilevante da parte della spesa sanitaria all’obiettivo del riequilibrio delle finanze pubbliche. Tale contributo è stato garantito, in effetti, soprattutto nel periodo della Grande Recessione, mentre in altri paesi europei come la Francia o la Germania la spesa continuava a crescere. Il problema è che l’operazione avrebbe dovuto essere accompagnata da un rafforzamento dell’assistenza territoriale, rivelatosi invece del tutto insufficiente, in assenza di risorse da investire. Ne sono derivate una serie di tensioni che hanno portato il sistema a lavorare spesso al massimo della capacità o imponendo forme di razionamento, malgrado gli indicatori siano rimasti favorevoli in termini di efficacia e appropriatezza. Ma queste sono analisi più complesse, che non si possono esaurire in queste poche righe!
*Le opinioni espresse in questo articolo sono personali e non coinvolgono l’istituzione di appartenenza dell’autrice.
Biografia dell’autore Stefania Gabriele: Esperta senior all’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb). È stata Dirigente di ricerca presso l’ISSiRFA – CNR (Istituto di studi sui sistemi regionali, federali e sulle autonomie ‘Massimo Severo Giannini’) e l’ISTAT, Direttore dell’Unità di ricerca ‘Microeconomia e finanza pubblica’ dell’Istituto Studi Analisi Economica (ISAE) e ricercatrice del Centro Europa Ricerche (CER).
FONTE: economiaepolitica