Come è gestita l’emergenza coronavirus in Canada. di Guido Mondino

Sono un italiano residente in Canada da 22 anni, con doppia cittadinanza italiana e canadese, ex imprenditore e manager. Ho pensato utile raccontare il metodo con il quale il Canada ha affrontato e gestito la crisi “coronavirus”. Non essendo io né un tecnico né un medico, questa relazione è solo il “fotogramma” di un film in continua evoluzione. L’ho scritta in qualità di semplice cittadino e osservatore, senza alcuna intenzione di “insegnare ai gatti ad arrampicarsi”, ma con la genuina intenzione di offrire un’esperienza che forse potrebbe essere utile a qualcuno in Italia.

Il concetto di base, in Canada, è stato quello di controllare/comprimere/allungare la curva del contagio in funzione della capacità ospedaliera, monitorando quotidianamente l’andamento della stessa. Ma, prima di spiegare questo concetto, occorre descrivere brevemente come funzione l’organizzazione politica e sociale, perché essa sta alla base di quanto si è fatto per contenere e limitare i danni dal virus.

Quadro politico-strutturale

Il Canada è uno Stato federale, in cui ogni provincia (esempio Québec, Ontario, British Columbia ecc.) fa Stato a sé, e deve gestire il suo budget attraverso il proprio sistema fiscale. Il Québec per esempio, molto ben gestito, aveva a fine 2018 (non conosco ancora i dati 2019) oltre 4 miliardi di dollari di surplus, ossia più entrate che uscite. Noi paghiamo due tasse sui redditi: quella provinciale (più alta) e quella federale (più bassa), così come due tipologie di “Iva”, pari al 9.975 per cento per la Qst (Québec Sales Tax) provinciale, e al 5 per cento per la Gst (Goods and Services Tax) federale. Ogni provincia ha un’Iva diversa, decisa autonomamente, ma in nessun caso il totale supera il 15 per cento.

Al fisco in Canada non si sfugge. Se uno sgarra la paga per il resto della vita, ossia viene messo sotto audit (anche personale) e tenuto sotto la lente di ingrandimento per almeno dieci anni a seguire la “furbata”. Il budget nazionale è la sommatoria dei budget provinciali, a cui si sottraggono poi i fondi per le attività di governo federale (come vedremo tra poco). In seguito, il governo federale ristorna fondi alle province (contribuzione) sulla base di progetti/necessità specifiche e della dimensione della popolazione.

Il governo federale gestisce la politica estera, la difesa, le dogane, la polizia federale (le famose Giubbe Rosse), le pensioni e i servizi sociali federali, l’immigrazione – con successiva delega alle Province che possono aggiungere/diminuire il flusso in base alle necessità e possibilità di impiego locali –, alcune opere di importanza nazionale (ad esempio i ponti sui fiumi che separano il Canada dagli Stati Uniti): insomma tutto quello che concerne l’interesse comune del paese, ma non le autostrade che il governo federale coordina, mentre la manutenzione deve essere fatta con il contributo delle province che esse attraversano. Il governo federale ha ovviamente i propri ministri degli Esteri, della Sanità, dell’Istruzione, dei Servizi sociali ecc., che lavorano di concerto con i pari ministri delle varie province.

Ogni provincia (territorialmente immensa) gestisce in proprio ogni competenza, come sanità, istruzione, giustizia, amministrazione pubblica, energia elettrica, sfruttamento delle risorse naturali, gestione territorio/parchi/laghi/foreste, servizi di assistenza sociale (ce ne sono decine), pensioni provinciali, polizia provinciale. Non si tratta di duplicazioni: le competenze devono essere gestite capillarmente con il budget provinciale. Ad esempio, la polizia federale segue casi come spionaggio, crimini a vasto raggio, commercio di droga, ossia crimini contro “The Crown” (siamo indipendenti ma abbiamo il governatore della Regina), mentre le polizie provinciali controllano il territorio.

Dunque, nel caso del coronavirus ogni provincia ha avuto la possibilità di prendere le proprie misure sanitarie e sociali in modo autonomo, pur sempre in coordinamento con il governo federale. Esempio: le frontiere nazionali sono state chiuse su decisione del governo federale, consultati i governi provinciali. Ma alcune province (ad esempio il New Brunswick) hanno potuto decidere autonomamente di chiudere le proprie “frontiere” alle altre provincie canadesi, a Est e a Ovest.

Altro passaggio “politico” fondamentale: ogni provincia può autonomamente dichiarare lo “stato di emergenza”, il che conferisce al primo ministro provinciale, e al Direttore generale della Sanità pubblica (nonché ai singoli ministri nel loro ambito specifico), la possibilità di prendere decisioni e mettere in atto immediatamente una serie di misure, senza consultare il Parlamento provinciale o ottenerne l’approvazione. Idem a livello federale, dove lo stato di emergenza si equipara allo “stato di guerra”. In pratica, da una democrazia parlamentare si può passare (ovviamente solo in casi estremi come il coronavirus) a una democrazia presidenziale dove i poteri sono accentrati ma le decisioni/attuazioni diventano, di conseguenza, rapidissime. A livello federale, come in Québec, dopo le prime misure per prevenire il contagio e per frenare/abbattere la curva (appena comparsi i primi casi di infezione), siamo passati dai suggerimenti/consigli allo “di stato di necessità” nel giro di 7 giorni. In particolare in materia di Sanità questi poteri includono, tra le altre cose: capacità di acquistare materiale sanitario senza gara d’appalto, requisire alberghi o altre strutture da riconvertire a ospedali, sbloccare somme extra-ordinarie per supplire alla catena della necessità. Sono solo tre esempi, ma vi sono altri poteri che qui non interessano. Lo stato di emergenza permette l’utilizzo della Polizia per far rispettare le direttive, mentre a livello federale è previsto l’uso delle Forze Armate per assicurare l’ordine pubblico.

I direttori generali della Sanità pubblica (rigorosamente medici di grande esperienza e spessore, altrimenti non potrebbero ricoprire tale ruolo), sono coloro che decidono tutte le misure sanitarie e i metodi di analisi sull’avanzamento del contagio:

Canada:    Theresa Tam https://www.canada.ca/en/public-health/corporate/organizational-structure/canada-chief-public-health-officer.html

Québec:     Horacio Arruda https://fr.wikipedia.org/wiki/Horacio_Arruda

Passo ora alla gestione vera e propria della pandemia. Indubbiamente avvantaggiati dall’aver visto quello che succedeva in Europa, i governi federale e provinciali si sono mossi con anticipo (in Québec anche prima che si verificasse il primo caso di contagio). Il problema “virus” non è mai stato né minimizzato né sottovalutato fin dal momento in cui i contagi sono cominciati a Wuhan. Anzi, si è subito messa in moto la macchina organizzativa ed è iniziata contemporaneamente l’informazione al pubblico. In sintesi: “prepariamoci al peggio”. Ovviamente l’idea è stata di anticipare, contenere e comprimere la curva, anche se il contagio era ritenuto inevitabile come poi è successo (vedere note in fondo). Il tutto grazie a tre fattori:

  • le precedenti sane gestioni (provinciali più che federale in realtà, perché il Primo ministro canadese Trudeau ama il debito pubblico);
  • l’organizzazione territoriale;
  • la disciplina e il senso civico della popolazione.

Il piano sta dando ottimi risultati.

Comunicazione e tempestività

Comunicazione quotidiana (senza eccezioni né alcuna pausa nel weekend)

Ore 10:00 (ora Eastern Canada, ossia -5 ore da Greenwich e -6 dall’Italia; in Canada ci sono 6 fusi orari e mezzo tra Atlantico e Pacifico, fattore di cui occorre tenere conto quando si pensa al coordinamento politico di un’emergenza di questa fatta): Trudeau e tutti i Primi ministri provinciali si consultano in video conferenza.

Ore 11:00 (ora Eastern Canada): Trudeau fa la sua conferenza stampa in cui annuncia i provvedimenti federali man mano che si sviluppano.

Ore 12:00 (ora Eastern Canada): conferenza stampa del governo federale in cui appaiono tre ministri a seconda delle misure prese (ad esempio il ministro della Sanità, quello della Difesa o delle Finanze).

Ore 13:00 (qui parlo di dove vivo io): il Primo ministro del Québec fa la sua conferenza stampa, sempre accompagnato dal Direttore generale della Sanità pubblica (rigorosamente un medico) e da un altro ministro a seconda degli annunci e delle misure prese. Questo per due motivi:

  1. A queste conferenze stampa (sia federali che provinciali) partecipano giornalisti che, a turno, hanno diritto a fare almeno due domande. Se viene sollevato un caso che non è stato ancora valutato, o una contraddizione/falla con le disposizioni precedenti, il Primo ministro ne prende nota e immancabilmente risponde il giorno dopo sia a parole sia con azioni specifiche, ossia modificando, adattando e/o chiarendo le misure prese.
  2. A seconda della misura particolare che viene annunciata, la stessa viene spiegata nei dettagli dal ministro competente (esempio: per i sussidi al lavoro o per gli interventi di sostegno alle imprese interviene il ministro del Lavoro o quello delle Finanze). Evidentemente, lo stesso ministro è tenuto a rispondere alle domande dei giornalisti.
  • Oltre che puntuale, come un metronomo, la comunicazione è massiccia, chiara e senza tentennamenti: se viene comunicato un decreto con una particolare misura, il decreto entra in vigore in quell’esatto momento, ma viene prima spiegato nei minimi dettagli.
  • La comunicazione è anche trasparente, nel senso che nessun politico si nasconde dietro un dito e la popolazione viene psicologicamente preparata a “ciò che verrà”. Esempio: ai giornalisti che inizialmente chiedevano se si sarebbe arrivati a misure di lockdown di regioni o aree come in altri paesi, la risposta era: “Non vorremmo arrivarci, ma se sarà necessario lo faremo”. Poi è successo. Oppure, a chi chiedeva se la Polizia sarebbe intervenuta per disperdere gli assembramenti proibiti, la risposta era: “Ci affidiamo al senso di responsabilità dei cittadini. Se qualcuno non rispetterà le disposizioni non esiteremo”. Risultato: al primo assembramento non consentito (Québec City) è intervenuta la polizia. Il giorno dopo la cosa è stata spiegata dal Primo ministro in Tv e da quel momento gli assembramenti sono spariti. Idem a Vancouver.

Dunque, quotidianamente, senza risparmio di energia e di attenzione, con voce calma, competenza ed estrema fermezza, vengono fornite e ripetute le informazioni seguenti (per quanto riguarda le misure prese mi riferisco al solo Québec, perché mi è impossibile seguire tutte le province data la vastità del territorio):

  1. indicazioni di tipo sanitario spiegate a fondo dal Direttore nazionale della Sanità su come evitare il contagio e sulle misure da adottare;
  2. numeri di nuovi contagi, metodi di valutazione, tamponi eseguiti, statistiche e via dicendo. Ogni caso viene singolarmente investigato: non si ricorre al sistema di tracciamento con app da scaricare sul cellulare come in Corea (qui per ora inconcepibile e inattuabile a causa delle normative sulla privacy), ma ogni persona positiva al virus deve riferire ogni suo spostamento, i nomi delle persone incontrate (se le conosce), l’orario e il numero di autobus/metropolitana, il nome del supermercato e gli orari della spesa. In pratica, si risale la catena con investigazioni ad hoc (sono costose e lente in confronto al sistema delle app ma per ora è così). Poi il Direttore sanitario del distretto elettorale analizza i dati, fa contattare le persone o informa il pubblico sull’orario e il luogo (anche di transito) in cui un malato si trovava. È una struttura di “intelligence” capillare basata su dirigenti della sanità pubblica, a partire dal distretto elettorale per finire a quello cittadino e infine a quello provinciale del Québec. Questi team sanitari si consultano online una volta al giorno, sia per analizzare le statistiche sia per decidere eventuali misure eccezionali da prendere a livello locale (esempio: isolare subito una piccola area dove si potrebbe sviluppare un contagio);
  3. misure sanitarie prese gradualmente (o per area) in funzione dei dati e delle comunicazioni che dai distretti risalgono al Direttore nazionale della Sanità del Québec;
  4. situazione ospedaliera, equipaggiamento, disponibilità e numero di maschere o respiratori, nuovi ordini e fabbricazione di materiale sanitario, date di consegna, ecc.;
  5. allorché sono da annunciare misure di carattere economico, è prevista un’altra serie di conferenze stampa con i giornalisti alle ore 17:00. La procedura è la medesima descritta sopra, a livello federale e provinciale. In entrambi i casi si fa in modo che le conferenze stampa avvengano in orari coordinati, così da non far accavallare mai quelle federali con quelle provinciali;
  6. è incalcolabile il numero di consigli, raccomandazioni e ringraziamenti trasmessi nei canali comunicativi su base quotidiana. Repetita iuvant.
  7. in definitiva la strada comunicativa seguita è stata graduale: 1) informare, 2) suggerire, 3) consigliare, 4) convincere, 5) imporre, 6) eseguire. Dal punto di vista della psicologia di massa la comunicazione funziona perché la gente ascolta, capisce, si adegua, segue ed esegue. Indubbiamente abbiamo due vantaggi: la disciplina collettiva e il rispetto sociale.

Misure prese – Sanità

Ospedali e test:

  • divieto tassativo di andare dal medico o al pronto soccorso se si “pensa di essere malati” o se si sa di essere contagiati (vedi linee telefoniche più sotto);
  • immediatamente liberati 7.700 letti (su una popolazione di 6 milioni, ossia pari allo 0.128 per cento della popolazione che – se non erro – è anche la media dei contagi in Italia);
  • triplicate le unità per cure intensive;
  • attrezzati 7 ospedali specifici secondo la distribuzione demografica della Provincia;
  • in 4 giorni portata la capacità di analisi a 6.000 test al giorno (da 600/giorno);
  • aperti 6 nuovi laboratori in una settimana con la certificazione per le analisi Covid19 e aggiunto il personale tecnico di laboratorio per accorciare i tempi dei risultati;
  • riadattati due ospedali precedentemente dismessi e ancora esistenti;
  • rinviati tutti gli interventi non urgenti (mantenute le chirurgie cardio e oncologiche);
  • requisiti temporaneamente alcuni alberghi ed edifici appena terminati (e non consegnati ai clienti) da mantenere come riserva per farne altri centri di ricovero se necessario;
  • aperti diversi centri walk-in e drive-through a livello di tutte le municipalità per fare il tampone (test). I drive-through funzionano così: si montano un certo numero di tende con materiale e infermieri in un viale di grande circolazione. La macchina si parcheggia davanti e uno alla volta i passeggeri tirano giù il finestrino e si fanno fare il tampone. In questo modo si elimina il rischio dei contagi negli ospedali/cliniche e si garantisce la distanza tra le persone;
  • richiamati in servizio medici e infermieri in pensione;
  • richiesti e ricevuti (in 24 ore) 17.000 curricula di infermieri e personale medico “a spasso” da tenere “in riserva”;
  • tamponi tutti i giorni al personale medico addetto alla crisi: non appena un medico/infermiere è contagiato, viene messo a casa in quarantena e sostituito;
  • in caso di contagio di personale medico, si conduce un’analisi approfondita ad-hoc di tutti i contatti nelle due precedenti settimane e, successivamente, le persone a rischio vengono messe in isolamento.

Anziani: Sono state attuate misure drastiche, ma necessarie per difendere i più deboli:

  • case di riposo isolate “quasi” da subito con divieto ai familiari di andare a trovare gli anziani. Dico “quasi” perché purtroppo non è bastato: a causa di qualche trasgressione, in alcuni centri il virus si è diffuso e ad oggi ci sono stati 31 decessi (su 4.162 contagi);
  • mobilitato un esercito di volontari (testati e virus-free) per andare a isolarsi con i vecchi, prendersene cura e assisterli 24/24;
  • divieti tassativi anche di passeggiata a quei pochi vecchi che riescono a deambulare;
  • obbligo di non uscire per gli anziani in casa da soli. Se hanno famiglia, i familiari devono portare loro cibo (cucinato o la spesa) lasciando tassativamente il tutto fuori dalla porta senza contatti. Se non hanno famiglia, si ricorre ai vicini ma soprattutto al volontariato (vedi sezione sotto), che segue la medesima procedura;
  • l’ultima disposizione di oggi (31 marzo) è l’incremento delle risorse umane nei centri per anziani al fine di controllare le porte dei centri e per portare il cibo (da lasciare all’entrata).

Linee telefoniche dedicate:   

  • installato un numero verde con 4.000 linee e 600 operatori per rispondere alle chiamate, e fare uno screening telefonico preliminare.
  • formati gli operatori (che sono tutti infermieri diplomati) in 3 giorni;
  • se è a effettivo rischio di virus, il malato viene dirottato su altro numero, 811, a cui fornisce i propri dati. Il paziente viene richiamato una volta programmato il mezzo per portarlo in ospedale (tempi medi della procedura: attualmente 12 ore).

Attrezzatura:

  • c’era già un numero sufficiente di respiratori per triplicare le cure intensive normalmente previste. Sono stati emessi ordini ad aziende locali di raddoppiare la produzione, ma si sono trovate altre aziende in grado di produrli, riconvertendo alcune produzioni;
  • le maschere sono sufficienti al fabbisogno per due mesi, ma sono state razionate (negli ospedali per uso del personale medico e para-medico) e sono stati emessi nuovi ordini prima dei contagi;
  • essendo scuole ed aziende chiuse (tutte con obbligo legale di avere una dotazione di maschere), tali stock sono stati requisiti al fine di aumentare le dotazioni al sistema sanitario;
  • l’inventario delle maschere da parte degli ospedali è obbligatorio su base quotidiana. Deve essere riportato al Direttore generale della Sanità pubblica e controllato dal Primo Ministro.

Spostamenti e quarantena:

La situazione è in evoluzione (siamo indietro di due settimane rispetto ai contagi europei). Le misure prese in anticipo (“force de frappe préventive”) evolvono rapidamente: dalla direttiva all’interdizione fino all’obbligo con controlli di polizia. In cinque giorni si è passati dalla fase 1 quella 3.

  • Confinamento: valido per tutti i cittadini dal primo giorno (in Québec da prima che l’epidemia iniziasse).
  • Quarantena: imposta a chiunque rientri da un viaggio (da “direttiva” a “obbligo penale” in 4 giorni). Chi è in tale quarantena non può neanche andare a fare la spesa e si deve far portare il cibo a casa.
  • Interregionali: spostamenti vietati dal primo giorno, sbarramenti con polizia operativi dal quinto giorno;
  • Seconda casa: Spostamento ammesso purché: (i) la casa sia in un luogo isolato (esempio: chalet nelle foreste), (ii) si porti cibo per almeno 21 giorni, (iii) divieto assoluto di andare al supermercato locale;
  • Affitti: divieto assoluto di affittare case, chalet, appartamenti in zone di villeggiatura;
  • Luoghi pubblici: tutto chiuso, parchi recintati, dal secondo giorno dopo i primi casi;
  • Treni/aerei: è possibile viaggiare con screening preventivo. Se si è infetti: reato penale + multa;
  • Regioni remote: Anche senza alcun contagio, come misura preventiva sei regioni remote del Nord e dell’Est sono state chiuse, con sbarramenti stradali e controllo della Polizia provinciale (un po’ come se fosse stato fatto, diciamo, per Sicilia e Sardegna appena iniziati i casi in Lombardia).

Le multe sono salatissime. Se si violano le disposizioni, e si è infetti, dal 26 marzo la materia è diventata penale.

Misure prese – Scuole

  • Ovviamente tutte chiuse subito (come ovunque nel mondo);
  • ogni università o scuola superiore deve creare un proprio portale internet per continuare i corsi online (a partire dalle medie in cui ogni alunno usa un laptop normalmente fornito direttamente dalla scuola);
  • creato il sito bilingue per tenere informati gli studenti sui corsi online programmati dalle varie scuole: https://www.ecoleouverte.ca/en/
  • per i bambini più piccoli nessuna formazione online (vedi misure sociali più sotto);
  • creati asili nido ad-hoc gratuiti per il personale ospedaliero;
  • sussidio (rimborso) destinato ai lavoratori che “devono” continuare a operare (camionisti, farmacisti, personale supermercati, ecc.) per aiutarli a sostenere le rette degli asili nido.

Misure prese – sociali

Homeless:

Poiché sono conosciuti nelle varie comunità, sono stati tutti rintracciati e portati in rifugi (shelters) oppure radunati in aree apposite (rispettando la distanza minima di due metri) dove vengono assistiti e rifocillati da personale volontario. Solo a Montreal i senza tetto sono migliaia, purtroppo giovani (droga) e vecchi, più molti pellerossa;

Riadattato un vecchio ospedale dismesso per farne un rifugio.

Riserve indiane:

Sono stati creati ospedali da campo per le comunità delle riserve pellerossa, con personale medico volontario e attrezzature. Molto spesso i pellerossa preferiscono vivere nelle riserve senza integrarsi (annoso problema, irto di spine e lungo da spiegare).

Donne e bambini:

Sono stati creati e finanziati shelters anche per donne e bambini che subiscono violenza familiare. Personale volontario (testato ogni giorno) si occupa di tutto. Anche qui numero verde ad-hoc.

Salute mentale:

È stato creato un numero verde ad-hoc per soccorrere chi ha problemi di salute mentale o che comincia a perdere la ragione a causa del confinamento. La copertura assicurativa gratuita provinciale è stata estesa alle cure per malattie mentali causate dal Covid19 (inclusi gli immigranti non ancora in possesso della carta medica).

Food banks:

Sono istituzioni che esistono da tempo, sono destinate ai poveri e in questo momento di emergenza sono finanziate dal governo del Québec. Vivono di donazioni di cibo da parte di ristoranti, supermercati, gente comune e produttori come Parmalat (che qui detiene il 60 per cento della produzione di latte, yogurt, ecc.). Queste banche non accettano soldi, ma solo cibo. Hanno freezer e tutto quello che serve per la conservazione. Le famiglie si iscrivono, vengono scrutinate e poi ciascuna (a seconda del numero di componenti) ha diritto a una razione settimanale di cibo e ad altre forniture (ad esempio carta igienica). Naturalmente gratis. In questa crisi anche tutti coloro che hanno perso il lavoro hanno diritto ad andare a farsi dare le razioni. Molte aziende del settore alimentare stanno donando a camionate. Ovviamente non c’è screening delle famiglie, ci si basa sulla fiducia. Fortuna vuole che qui i furbetti sono quasi zero e che approfittarsene è considerato “immorale”.

Trasporti:

Sugli autobus normalmente si sale davanti e si scannerizza la tessera nella macchinetta vicino al guidatore. Con il primo decreto che stabilisce il rispetto della distanza minima, sono state immediatamente installate cabine in plexiglass isolate per i guidatori (erano già previste e disponibili per le decine di migliaia di autobus). È stata transennata l’area della porta anteriore, dove sono collocate le macchinette, e i passeggeri sono obbligati a salire e scendere utilizzando la porta posteriore. Quindi nessuno paga. Meglio una perdita che avere più malati.

Televisioni:

Per ordine del governo tutte le pay-ty di notizie (tipo Cnn), di cartoni animati, musica, film, programmi di intrattenimento familiare, cucina ecc. sono state rese accessibili gratuitamente per facilitare lo “stare a casa”.

Elettricità:

In alcune Province le società erogatrici hanno abbassato del 30-50 per cento il costo del Kw, sia perché i consumi saliranno durante il confinamento, sia perché le famiglie hanno minore liquidità (non qui in Québec dove il costo era già inferiore ad altre Province).

Distancing:

  • Nessuna differenza con le disposizioni generali mondiali;
  • farmacia e supermercati, come i punti vendita vino (monopoli provinciali) – unici esercizi aperti –, non possono far entrare più di dieci clienti alla volta. Un impiegato disciplina il traffico della fila fuori (tutti a due metri ovviamente) con amuchina obbligatoria e carrelli sanitizzati prima e dopo ogni uso;
  • sono stati installati schermi di plexiglass tra casse e cliente;
  • è vietato (laddove possibile) usare denaro liquido; si possono usare solo carte bancarie o di credito a contatto (previsto anche il divieto di numerazione del codice sul terminale);
  • la scannerizzazione dei prodotti alla cassa la fa il cliente; la cassiera non deve toccare alcuna cosa maneggiata dal consumatore, nemmeno borse o sacchetti; non vengono ritirate le bottiglie in ritorno con deposito (ad esempio di birra);
  • in banca si va solo su appuntamento.

Misure prese – economiche (principali)

Nella prima settimana molte piccole attività hanno chiuso. Immancabilmente sono seguite quasi un milione di domande di sussidio a Service Canada (simile alla nostra Inps ma con più compiti). Qui la cassa integrazione non esiste e si può licenziare su due piedi per “ristrutturazione” o “crisi”. I sussidi sono diventati operativi in due giorni.

Governo federale:

  • Immissione di liquidità con un piano di 82 miliardi di dollari;
  • stanziati 200 milioni di dollari per i senza tetto (somma gestita dai ministeri provinciali della Solidarietà);
  • rimborsato il 75 per cento del salario ai lavoratori dipendenti, purché non licenziati (durata di 6 mesi); questa misura è retroattiva al 1° marzo anche se il lockdown è iniziato il 14 marzo;
  • sussidio di 2.000 dollari al mese erogato a ogni famiglia con lavoratore autonomo che ha perso il lavoro (durata 6 mesi);
  • linee di credito fino a 40.000 dollari per piccole/medie imprese, garantite dal governo federale; le banche non possono rifiutarsi di concedere il credito;
  • la Banca Centrale ha immediatamente abbassato il tasso di interesse allo 0.25 per cento;
  • dichiarazione dei redditi e pagamento delle tasse posticipati (per ora) di due mesi;
  • pagamento della Gst (Iva federale) posticipato dal 31/03 al 30/06/2020;
  • congelamento degli interessi sulle carte di credito (imposto alle banche).

Governo provinciale Québec:

  • Previsti 573 dollari alla settimana per ciascun lavoratore autonomo in quarantena (per un massimo di 4 settimane);
  • rimborso delle rette degli asili nido per il personale ospedaliero, della filiera alimentare e di tutte le attività necessarie escluse dal lockdown;
  • finanziamento delle food banks (non conosco l’ammontare);
  • bonifici immediati a favore di asili, rifugi per i senza tetto e assistenza delle donne e dei bambini contro la violenza familiare;
  • Dichiarazione e pagamento delle tasse provinciali posticipati (per ora) di due mesi;
  • pagamento della Qst (Iva provinciale) spostata dal 31/03 al 30/06/2020;
  • finanziamenti immediati alle associazioni di volontariato e rimborso di tutte le spese associate al rifornimento delle food banks, per un totale di 135 milioni di dollari.

Note:

  • I sussidi provinciali vengono erogati immediatamente dopo la richiesta;
  • quelli del governo federale a partire dal 31 marzo (due settimane dopo l’inizio della pandemia);
  • alla domanda di un giornalista che chiedeva se la gente avrebbe potuto approfittare della combinazione sussidi federali e provinciali, piuttosto che andare a lavorare nel dopo virus, il Primo ministro del Québec ha risposto: “Noi ci fidiamo del senso civico dei cittadini. Se qualcuno bara, sapete poi come funziona…”. Traduzione: fiducia prima, ma anche se qualcuno sgarra non la passa liscia;
  • sia il governo federale che quello provinciale stanno cominciando a studiare un possibile piano tipo “Draghi”, con cancellazione dei debiti;
  • si sta studiando come organizzare la riapertura delle aziende: nella conferenza stampa del 29 marzo il Primo ministro ha detto che il primo passo consisterà nell’analizzare singolarmente le condizioni di lavoro nelle aziende in modo da garantire il social distancing per molti mesi a venire. Pur essendo ancora lungi dalla fine del tunnel, l’analisi è già in atto da parte della Commissione Norme e Salute sul Lavoro (Csst);

VOLONTARIATO

In Québec esistono 110 organizzazioni di volontariato coordinate dal ministero del Lavoro e della Solidarietà sociale. Queste associazioni si occupano di tutto: dagli handicappati agli anziani, dalle banche del cibo ai trasporti, dal recupero e riutilizzo di oggetti, abiti e perfino mobili che vengono restaurati e venduti a cifre minime (massimo 10-15 dollari), all’assistenza dei senza tetto, delle donne e dei bambini che subiscono la violenza domestica, degli emarginati e dei drogati. La lista è infinita. Per quanto riguarda la crisi del coronavirus sono stati fatti alcuni passi essenziali:

  • è stato creato un sito apposito https://www.jebenevole.ca/ nel quale sono state inserite 157 aree di necessità/intervento;
  • attraverso il sito, in meno di due giorni sono stati individuati oltre 5.000 volontari (ma il conto aumenta di giorno in giorno);
  • sono state create e montate in breve tempo delle zone all’aperto (il maltempo non è un ostacolo) dove si cucina e si distribuisce cibo ai senza tetto.

COSA NON HA DEL TUTTO FUNZIONATO

  • Nonostante le misure prese con anticipo, dopo due settimane dall’inizio dei contagi, al 31 marzo 2020 ci ritroviamo con 8.486 casi in Canada (89 decessi), e 4.162 in Québec (con 31 decessi, tutti oltre i 70 anni). Le barriere sono servite, al momento in cui scrivo, ma non sono bastate. Perché?
  • Molte persone in Québec approfittano della settimana bianca (che prevede la chiusura delle scuole e quest’anno era stata fissata due settimane prima che fossero adottate le prime misure), per andare in vacanza all’estero. Molti sono stati involontari importatori sani del virus.
  • La titubanza di Trudeau ha provocato la tardiva chiusura delle frontiere del paese.
  • Dopo la decisione di chiudere le frontiere con tutto il mondo, quelle con gli Usa sono rimaste aperte per altri 3-4 giorni (decisione federale).
  • Gli snow-birds, ossia quelli che svernano in Florida, Spagna, Marocco, Italia, ecc. sono rientrati a frotte. La stragrande maggioranza dei casi attuali sono venuti da lì, soprattutto dagli automobilisti partiti dalla Florida (con tappe nello stato di New York giusto prima della frontiera).
  • Agli stessi snow-birds veniva “raccomandata” la quarantena (poi diventata obbligo di carattere penale dal 26 marzo) ma non è stato fatto il tampone alla frontiera (un errore a mio parere);
  • Identico discorso per i voli da Francia e Italia quando l’epidemia in Europa era già scoppiata;
  • La chiusura delle case di riposo, per quanto tempestiva, è stata violata o mal gestita a livello delle singole unità.

IN CONCLUSIONE

  • La situazione è in evoluzione. Mentre scrivo è sotto controllo.
  • A due settimane dal varo delle misure, la curva reale dei contagi – che viene controllata e comunicata quotidianamente – è inferiore a quella proiettata dal Direttore Generale della Salute Pubblica del Québec all’inizio dei contagi: il che si traduce in 4.162 casi, 286 pazienti ricoverati di cui 82 in rianimazione a fronte di una disponibilità di oltre 7.700 letti.
  • In due settimane, dunque, il sistema ospedaliero è occupato per circa il 4 per cento rispetto alla disponibilità specificamente riservata per la crisi coronavirus.
  • Il lavoro di comunicazione, informazione e coordinamento è eccellente.
  • Ottime la gestione e la pianificazione delle risorse.
  • Rapida escalation delle varie fasi delle misure.
  • Decisione e fermezza accompagnata da chiarezza estrema nei vari decreti.
  • Qualche falla poteva essere evitata.

È molto presto, troppo presto per cantare vittoria. Solo il futuro ci dirà se, in relazione al numero di abitanti, saremo messi meglio del resto del mondo. E, soprattutto, vedremo se l’economia riuscirà a ripartire in modo giusto con tutti gli sforzi finanziari già attuati e quelli a venire. Purtroppo confiniamo con lo Stato di New York, una bomba biologica, con cui ci sono intensissimi scambi commerciali.

Infine desidero mettere il cappello di cittadino italiano: che cosa ci insegna questa esperienza? È vero che il Canada ha beneficiato del fattore tempo e che ha potuto osservare quanto accadeva in Cina prima e in Europa poi. Tuttavia, se non fossero esistite (1) una sana gestione finanziaria, da sempre, e le riserve finanziarie per eventi straordinari, (2) l’organizzazione territoriale, (3) la prontezza organizzativa di impatto (sanità e società in generale), (4) la capacità e rapidità politica di prendere e attuare decisioni senza esitazioni, (5) la disciplina della popolazione…, chissà oggi quale inclinazione più drammatica potrebbe avere la curva di cui sopra. Lo devo ammettere, sentendo una grande ferita al mio orgoglio di italiano: il Canada in generale, e il Québec in particolare, si stanno dimostrando molto molto più attrezzati della nostra Penisola.

Laddove la classe politica e burocratica è costituita da persone con spessore culturale e rigore morale, dotate di competenze approfondite, in grado di ottimizzare le risorse, e soprattutto con capacità di programmare/pianificare, analizzare, coordinare, gestire, decidere e attuare, anche terribili drammi come quello del coronavirus possono essere affrontati senza arrivare con l’acqua alla gola. Viceversa, allorché la classe politica e dirigente si affida all’improvvisazione e alla sola capacità di cavalcare tigri ricoperte di selfie e dichiarazioni “di pancia”, il destino, ahimè, è terribilmente diverso.

Guido Mondino

Montréal, 31/03/2020

Print Friendly, PDF & Email