Intervista a Rosy Bindi di Giacomo Salvini tratto da “il Fatto Quotidiano”
“Il nostro sistema sanitario sta dimostrando la forza dell’universalismo, ma anche i suoi limiti: è stato un settore che ha subito tagli continui negli ultimi dieci anni e manca una guida nazionale che sappia uniformare la sanità su tutto il territorio”. L’ex ministro della Sanità, Rosy Bindi, non lesina critiche anche al centrosinistra: “Oltre ai tagli alla sanità, il sistema regionalizzato ha prodotto esempi positivi ma anche dei limiti e non scordiamoci che alla vigilia di questa pandemia stavamo parlando di un autonomia sempre più differenziata…”
Il nostro Sistema sanitario nazionale è sotto pressione e forse non era preparato all’emergenza: perché?
Premesso che qualsiasi sistema sarebbe stato messo a dura prova da una pandemia di queste dimensioni, sono venuti al pettine due nodi. In primo luogo, c’è una forte carenza di personale medico e infermieristico, insufficiente non solo da ora ma da molto tempo. E poi, l’altro aspetto critico nasce dal sistema regionalizzato: ogni regione fa le proprie scelte e il governo centrale fatica a rendere uniforme il sistema. C’è carenza di una guida nazionale che obblighi le regioni non solo al pareggio di bilancio ma anche alla qualità dei servizi. I conti non sono l’unico problema: molte regioni sono state carenti nei servizi territoriali.
Quindi il Titolo V approvato da centrosinistra nel 2001 va rimesso in discussione?
In parte, comunque applicato in maniera diversa. È giusto un sistema regionalizzato ma sulla sanità serve una politica nazionale in grado di armonizzare tutte le regioni. Auspico una programmazione nazionale che possa indicare gli obiettivi alle regioni e obbligare a rispettarli: non ci dimentichiamo che alla viglia di questa tragedia stavamo pensando a un regionalismo differenziato, una strada opposta rispetto a quella a cui ci dovrà portare questa pandemia.
Per anni si è parlato di modello lombardo, ma questo ha mostrato grossi limiti.
Sicuramente i limiti più grossi della sanità lombarda sono stati quelli del mancato sviluppo dei servizi territoriali e quello della sanità privata che pesa troppo rispetto a quella pubblica. Anche se non sono mancate carenze nelle altre regioni e a livello centrale.
Per esempio?
Pensiamo alle incertezze iniziali: prima ci avevano detto che le mascherine non servivano mentre adesso probabilmente le dovremmo mettere per mesi. E i tamponi? Non si sa ancora se vanno fatti a tutti o solo ai sintomatici. L’altra lezione che dobbiamo imparare è avere un piano di emergenza pronto a scattare in caso di pandemia.
Secondo la fondazione Gimbe, negli ultimi 10 anni i governi hanno tagliato 37 miliardi alla sanità pubblica. Che responsabilità ha il centrosinistra?
Dopo la stagione del governo dell’Ulivo a fine anni 90 e tranne la parentesi del 2006-2008, il sistema è stato sottofinanziato: le responsabilità maggiori sono quelle del centrodestra e ma le ha anche il centrosinistra, che spesso ha guardato solo al pareggio di bilancio. È stato un errore: da questa tragedia dobbiamo imparare che la sanità è un settore essenziale e al quale non possono mancare le risorse.
Vista la crisi, le mafie hanno praterie soprattutto al Sud. Lei è stata anche presidente della Commissione Antimafia.
Sì, è un tema sottovalutato: le mafie ne approfitteranno perché garantiscono lavoro sporco dove lavoro non c’è, sanità clientelare dove non è assicurata. E non possiamo permetterlo, sia ora sia quando proveremo a ripartire: nessuno si sogni di mantenere la legislazione di emergenza perché le mafie, soprattutto nel settore degli appalti, si assicureranno la fetta più grossa della ripresa economica: hanno una grossa disponibilità di liquido che possono mettere nel mercato. Questo è un intervento che spetta all’Unione europea.
fonte: SALUTE DIRITTO FONDAMENTALE