La sanità rischia la privatizzazione ? di Franco Pesaresi

Quello della privatizzazione della sanità è un tema ricorrente. Ogni tanto torna al centro dell’attenzione. Vorrei trattarlo anche io con semplicità con l’aiuto di qualche dato che ci aiuti a rifuggire dagli ideologismi.

 Per parlare di privatizzazione in sanità dobbiamo trattare almeno due temi:

1) quello di quanta parte di sanità pubblica è gestita da soggetti privati;

2) quello di quanto spendono direttamente le famiglie di tasca loro per accedere ai servizi sanitari.

  1. Quanta parte di sanità pubblica è gestita dai privati?

I servizi sanitari gestiti da soggetti privati per conto del Servizio sanitario nazionale (SSN) si chiamano servizi sanitari  privati accreditati. Questi ultimi gestiscono prestazioni in tutti i campi da quello ospedaliero a quello ambulatoriale per cui per valutare la dimensione delle attività sanitarie gestite dai privati sarebbe fuorviante sommare le prestazioni che sono molto diverse. L’unico elemento che sintetizza il peso dell’assistenza sanitaria privata accreditata è la percentuale di spesa privata su quella complessiva del Servizio sanitario nazionale.

Ebbene, nel 2018, il 20,3% della spesa sanitaria pubblica del SSN era assorbita dall’assistenza privata accreditata.

Ma il dato più interessante ai fini della risposta al nostro quesito è quello relativo alla tendenza degli ultimi anni. Ebbene, negli ultimi dieci anni la quota di spesa del Servizio sanitario nazionale assorbita dai privati accreditata è stata abbastanza costante e vicina al 19% per poi aumentare improvvisamente e significativamente al 20,3% nel 2018 (Cfr. Tab. 1).

Tab. 1 – Percentuale di spesa SSN per assistenza sanitaria privata accreditata In Italia. Anni 2009-2018.

  2009 2012 2015 2016 2017 2018
% 19,0 19,0 18,9 18,8 18,8 20,3

Fonte: Rapporto OASI, diverse annualità, Cergas Bocconi.

Probabilmente sono diverse le cause di tale aumento e non tutte chiare. La voce principale di spesa in aumento è denominata “altra assistenza accreditata” e fa riferimento ad una pluralità di voci anche molto diverse. In altri casi ci sono state regioni che hanno aumentato in modo significativo la spesa per i soggetti privati accreditati. La Liguria, nel 2018, ha aumentato del 70% la spesa per i privati accreditati rispetto all’anno precedente. Nella  provincia autonoma di Trento l’aumento è stato invece del 29%.

Attualmente il privato accreditato gestisce il 31,3% dei posti letto ospedalieri a livello nazionale. All’interno di questo dato complessivo, il privato accreditato primeggia nel settore della riabilitazione ospedaliera gestendo il 72,9% di tutti i posti letto di tale disciplina (Basilicata, Marche e Liguria al top). La percentuale è invece  del 51,7% per quel che riguarda la lungodegenza post acuzie mentre i posti letto per acuti gestiti dal privato accreditato costituiscono il 23,5% del totale. Il privato accreditato, invece, è molto meno presente nel settore dell’emergenza sanitaria dove i ricoveri non sono programmabili e la casistica più complessa. Infatti, solo il 9,7% degli ospedali privati accreditati sono dotati di Pronto soccorso o di Dipartimento di emergenza.

Ma contrariamente a quello che si pensa la crescita più grande del settore privato accreditato   non si è registrata negli ospedali ma nelle strutture extraospedaliere. Faccio riferimento agli ambulatori, ai laboratori, alle strutture residenziali e semiresidenziali, ecc.. Queste strutture erano poco più di un terzo del totale (38,9%) vent’anni fa (nel 1998) ed oggi (nel 2017) sono la maggioranza  e cioè il 57,3% del complesso di tutte le strutture pubbliche e provate italiane. Parliamo di 24.911 strutture che costituiscono fra l’altro l’ampia maggioranza delle strutture residenziali (82,3%) e di quelle semiresidenziali (68,6%).

  1. Quanto spendiamo di tasca nostra per la sanità?

La spesa privata in sanità è costituita da tre parti:

  1. La spesa sanitaria delle famiglie (out of pocket);
  2. La spesa sanitaria delle imprese (per esempio per la medicina del lavoro), che in genere è molto modesta;
  3. La spesa sanitaria intermediata da soggetti collettivi non pubblici (le assicurazioni, le casse aziendali, i fondi sanitari integrativi e le società di mutuo soccorso).

La spesa sanitaria privata, nel 2018, è stata di circa 39,9 miliardi di euro[1].

La spesa privata secondo l’OCSE

Secondo l’OCSE la spesa sanitaria privata italiana è di 660 euro pro capite che nel complesso corrisponde al 26% di tutta la spesa sanitaria complessiva (Cfr. Tab. 2). Di questa spesa, la grandissima parte, pari al 23%, è a diretto carico delle tasche delle famiglie.

Tab. 2 –  La spesa sanitaria italiana per regime di finanziamento. Anno 2018.

Spesa pubblica Spesa delle famiglie Spesa intermediata Totale spesa privata Totale spesa sanitaria
Pro capite % Pro capite % Pro capite % Pro capite % Pro capite %
1.900 74 591 23 69 3 660 26 2.560 100

 Fonte: nostra elaborazione su dati Del Vecchio et al.  (2019)

La quota complessiva del 26% di spesa sanitaria privata si colloca ad un livello intermedio fra i paesi OCSE mentre è sicuramente elevata all’interno di questa la quota in carico alle famiglie (23%)  che è inferiore solo a Spagna, Portogallo, Grecia e Svizzera.

Le tendenze

Nel periodo 2012-2018 la spesa sanitaria pubblica è aumentata del 4,4% mentre la spesa privata è passata da 34,5 miliardi a 39,9 miliardi di euro con un aumento del 15,6%. Pertanto, la quota complessiva di spesa sanitaria privata è cresciuta dal 23,9% al 25,8%. (Cfr. Tab.3).

Inoltre, nel periodo 2011-2017 le spese per consumi sanitari sono cresciute per il 20% di popolazione più povera e diminuite per la popolazione più ricca, mentre il consumo totale è diminuito per le prime ed aumentato per le seconde, facendo registrare un chiaro peggioramento in termini equitativi (D’Angela, Spandonaro, 2019)

Tab. 3 – Spesa sanitaria pubblica e privata in Italia. Anni 2012-2018   (dati in mld di euro)

  2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018
Spesa complessiva 144,5 143,6 146,2 148,5 150,2 152,8 154,78
Spesa pubblica 110,0 109,3 110,6 110,8 112,0 112,8 114,9
% spesa pubblica 76,1 76,1 75,6 74,6 74,5 74,0 74,2
Spesa privata 34,5 34,4 35,6 37,7 38,1 39,9 39,9
% spesa privata 23,9 23,9 24,4 25,4 25,5 26,0 25,8

Fonte: Del Vecchio et al.  (2019)

Per cui non ci sono dubbi sul fatto che negli ultimi anni la spesa sanitaria privata è cresciuta in maniera sensibile e ad un ritmo molto più elevato del PIL e della spesa pubblica che ha sentito tutti gli effetti della crisi economica.

La spesa privata per la sanità, inoltre, si distribuisce in modo molto disomogeneo fra le varie regioni italiane: al livello più basso troviamo la Campania con una spesa pro capite di 374 euro mentre al livello più alto la Valle d’Aosta con 1.030 euro (Del Vecchio et al., 2019).

Cosa c’è nella spesa sanitaria privata?

La spesa sanitaria privata, quasi totalmente a carico delle famiglie, ricomprende soprattutto le spese per i servizi dentistici (21,1%), per i farmaci (21,1%) (esclusi farmaci omeopatici ed integratori), per le visite mediche (13,5%), per le attrezzature terapeutiche (9%) (come occhiali, lenti, protesi uditive, ecc.), per i  servizi diagnostici (8,8%), ecc.. (Cfr. Tab. 4).

Tab. 4 – La spesa sanitaria privata per voci di spesa. Italia, anno 2018.

Macro categorie di spesa Micro voci di spesa Valori

(in mld di €)

% del Totale
Servizi ospedalieri Ricoveri ospedalieri 2,2 5,5%
Strutture residenziali Ricoveri in strutture residenziali a lungo termine 3,4 8,5%
Servizi ambulatoriali

 

51%

Servizi medici (visite mediche e specialistiche incluso il ticket) 5,4 13,5%
Servizi dentistici 8,4 21,1%
Servizi diagnostici 3,5 8,8%
Servizi professioni sanitarie e psicologi (infermieri, fisioterapisti, ecc.) 3,1 7,8%
Beni sanitari

 

34,9%

Farmaci in senso stretto 8,4 21,1%
Altri prodotti medicali 1,9 4,8%
Attrezzature terapeutiche (occhiali, lenti, protesi uditive, ecc.) 3,6 9,0%
Totale   39,9 100,0%

Fonte: Del Vecchio et al.  (2019)

Spesa sanitaria privata e accesso ai servizi sanitari

Il gettito complessivo dei ticket, escluse le strutture accreditate dove il dato non viene rilevato, è passato da 1,8 miliardi nel 2008 a 3 miliardi nel 2018. In particolare, il superticket, ovvero la quota fissa di 10 euro per ricetta sull’assistenza specialistica ambulatoriale introdotta nel 2011, aggiungendosi alle compartecipazioni preesistenti a carico del cittadino, che già potevano essere piuttosto elevate per i non esenti, ha probabilmente rappresentato un rilevante fattore di riduzione della domanda di prestazioni pubbliche, spingendo verso la rinuncia alle cure o verso il privato.

L’aumento delle compartecipazioni alla spesa, in connessione con il peggioramento delle condizioni economiche delle famiglie in seguito alla crisi, ha contribuito a provocare un forte incremento della quota di cittadini che hanno rinunciato a visite mediche per il costo eccessivo, passata, secondo dati Eurostat, dal 3,9% nel 2008 al 6,5% nel 2015. Se si guarda al 20% di popolazione più povera, si osserva addirittura un aumento della frequenza di cittadini che hanno rinunciato a visite mediche per motivi economici dal 7,1% nel 2004 al 14,5 nel 2015[2].

Un’altra indagine Istat (Indagine sugli aspetti della vita quotidiana) rileva invece nel 2017 una quota di rinunce per motivi economici a visite specialistiche (non odontoiatriche) o accertamenti pari al 6,8% e per le liste di attesa pari al 3,3%. Le percentuali relative ai motivi economici appaiono in aumento se confrontate con quelle, riferite al 2012, rilevate da una terza indagine Istat, quella sulle condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari, secondo la quale il 4,3% degli intervistati aveva dichiarato di aver rinunciato a visite specialistiche (contro il 6,2% indicato per il 2017) e il 2,8% ad accertamenti (il 3,3% nel 2017) (UPB, 2019).

Negli ultimi anni, con particolare riferimento alla particolare contingenza economica vissuta dal nostro paese,  sembrano essersi   accresciute alcune difficoltà di accesso ai servizi sanitari legate ai livelli delle compartecipazioni.

  1. Conclusione (per rispondere alla domanda del titolo)

Per rispondere alla domanda del titolo occorre innanzitutto rilevare che dopo un lungo periodo di stabilità, nel 2018, si è registrato un aumento significativo della quota di spesa sanitaria gestita dal privato accreditato. Si tratta di una sola annualità il cui trend va verificato anche con gli anni che successivi ma che comunque indica una direzione precisa.

Sul fronte della spesa sanitaria privata il trend è invece consolidato.

La spesa sanitaria privata rappresenta una quota importante (26%) della spesa sanitaria complessiva ma che è in linea con la media dei paesi dell’OCSE.

Tale quota, però, diversamente da quello che accade negli altri paesi, pesa quasi integralmente sulle famiglie e, negli  ultimi anni, è stata in costante crescita con aumento di due punti percentuali proprio negli ultimi 6 anni.

Negli ultimi anni, pertanto, si è registrato un indebolimento della capacità di tutela e di redistribuzione del servizio sanitario nazionale con un aumento della spesa sanitaria privata che ha penalizzato l’accesso ai servizi sanitari soprattutto le fasce economicamente più deboli.

L’aumento significativo registrato nel 2018 della quota di spesa sanitaria gestita dal privato accreditato ed il costante aumento della spesa sanitaria privata a carico delle famiglie  ci permettono, pertanto, di poter dire  che negli ultimi anni si è proceduto in modo lento ma graduale in direzione della privatizzazione della sanità.

L’abolizione del superticket dal 1° settembre 2020 (riduzione di spesa di 185 milioni nel 2020 e di 554 nel 2021 per i cittadini) e l’aumento di 2,2 miliardi del Fondo sanitario nazionale, previsti nella legge di bilancio 2020 va nella direzione  giusta di abbattere i costi a carico degli utenti e di ampliare l’offerta di servizi. Si tratta però di un intervento ancora insufficiente che va sostenuto anche nelle prossime leggi di bilancio al fine di contenere la spesa sanitaria a carico delle famiglie e di contrastare la privatizzazione della sanità.

Bibliografia

[1] Sulla cifra non c’è pieno accordo fra i vari sistemi di rilevazione dei dati italiani o internazionali che utilizzano criteri di inserimento/esclusione diversi.

[2] Le rilevazioni relative agli anni successivi non sono più comparabili in quanto sono cambiatele domande agli intervistati.

 

Franco Pesaresi è Direttore ASP “AMBITO 9” Jesi (AN); NNA.

 

 

 

 

fonte: BLOG FRANCO PESARESI

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