Dopo la mozione del CNB sull’accanimento terapeutico nei bambini il Parlamento faccia la legge. di Ignazio Marino

La mozione intitolata “Accanimento clinico o ostinazione irragionevole dei trattamenti sui bambini piccoli con limitate aspettative di vita resa pubblica oggi dal Comitato Nazionale per la Bioetica è un documento importante che mi auguro attragga l’attenzione del Parlamento italiano. Infatti, la mozione per essere applicata in tutti gli ospedali pediatrici italiani richiede risorse economiche e alcune norme. Spesso il Parlamento italiano ha tentato di evitare o ritardare il più possibile la discussione di leggi che coinvolgono la visione etica della vita e della dignità della vita stessa.

I medici di fronte alla sofferenza hanno il compito di utilizzare tutti gli strumenti per lenirla o eliminarla. Tuttavia, la scelta più difficile è quella di decidere di fermarsi. È quanto ripeto ogni giorno a me stesso e provo a trasmettere ai medici più giovani. E questo è ancora più complesso e drammatico nella situazione di un bambino che soffre e ha una limitata aspettativa di vita. Infatti, è davvero difficile individuare la soluzione più saggia e rispettosa della vita di un bimbo quando si confrontano la sofferenza del piccolo, l’esistenza di tecnologie in grado di prolungarne la vita e le naturali pressioni dei genitori.

La mozione del Comitato Nazionale per la Bioetica mi ha riportato alla mente la vicenda di un bambino americano, diventato famoso suo malgrado per la sua malattia e per la fama del padre. Hunter Kelly, il secondogenito del più famoso quarterback del football americano, nacque affetto dalla malattia di Krabbe, una leucodistrofia di cui una ricercatrice italiana che vive a Philadelphia, Paola Luzi, ha scoperto il gene e le mutazioni. I bambini colpiti da questa malattia hanno una vita breve, piena di terribili sofferenze, non crescono, non si esprimono, si spengono giorno dopo giorno a causa della degenerazione dei tessuti nervosi e muscolari e dall’impossibilità ad alimentarsi. I Kelly hanno lottato contro questa malattia creando e finanziando anche una fondazione, la Hunter’s hope, per scoprire una cura che potesse aiutare il loro bambino. Nonostante gli sforzi, Hunter Kelly è morto a sei anni. Una vita breve trascorsa praticamente sempre in ospedale, con la presenza costante di medici e infermieri. Dopo questa esperienza i Kelly hanno deciso di avere un altro figlio grazie alla fecondazione artificiale e, attraverso la selezione di un embrione, hanno avuto una bambina sanissima.

Come non rimanere turbati da una vicenda del genere e provare solidarietà per i genitori che hanno utilizzato ogni possibile risorsa per mantenere in vita il loro bimbo?

Ma la dignità e la sofferenza del bimbo non dovrebbero essere più importanti del nostro amore? Io penso di sì ma non penso che sia semplice accettare che non c’è più nulla da fare e riconoscere che l’unico risultato di proseguire con le terapie è il prolungare l’agonia.

La mozione, dicevo, è veramente importante perché tocca il tema dell’essenza stessa della vita e del suo significato. Per questo penso che occorra adesso un serio lavoro del Parlamento affinché una decisione così difficile non venga in futuro ancora affidata ai Magistrati. È necessario individuare un percorso che accompagni i genitori senza pretendere di insegnare loro cosa sia giusto o cosa sia sbagliato. Giungere insieme alla decisione più saggia nell’interesse del bambino sarà ogni volta difficilissimo ma, come medico, è l’unica strada che vorrei percorrere.

Fonte: IGNAZIO MARINO

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