Quando l’Europa è insostituibile valore aggiunto. di Andrea Ciffolilli

Un rapporto della Commissione conferma che i fondi europei danno risultati significativi per il miglioramento del benessere dei cittadini. È dunque cruciale avere un’Europa che scandisce obiettivi e priorità di investimento. Con buona pace dei sovranisti.

Il rapporto sui fondi europei

Nel bel mezzo delle turbolenze legate alla Brexit, la Commissione europea ha pubblicato un rapporto strategico sui fondi strutturali: è un bilancio del loro utilizzo a cinque anni dall’inizio dell’attuale periodo di programmazione settennale 2014-2020 e fornisce indicazioni sul prossimo ciclo di finanziamenti 2021-2027, ormai alle porte.

I dati smentiscono le chiacchiere degli antieuropeisti, sia nostrani che stranieri, ma non è tutto oro ciò che luccica sotto l’albero di Natale. Senza alcun dubbio, i fondi europei danno un contributo notevole al miglioramento della qualità della vita di milioni di cittadini europei. L’Europa investe sulle persone, nelle imprese, su scuole e università, su ambiente, clima e infrastrutture. In questo modo si rafforza la capacità delle regioni, delle città, delle aree rurali, delle comunità costiere di fronteggiare i cambiamenti strutturali e le nuove sfide economiche, sociali e ambientali globali.

Il sostegno dei fondi strutturali riesce a raggiungere risultati su una scala ben più ampia di quanto potrebbero fare i singoli stati nazionali presi individualmente, con buona pace dei sovranisti, abili con gli slogan preconfezionati, ma poco inclini a comprendere numeri e dati.

Circa 500 miliardi di euro sono stati impegnati per la realizzazione di progetti finalizzati a sostenere una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva in Europa, il 77 per cento delle risorse totali programmate. I miliardi già pagati agli stati membri sono approssimativamente 210. La figura 1 mostra i fondi programmati e spesi in Europa per obiettivo tematico (fino al 30 settembre 2019).

I progetti finanziati hanno un impatto tangibile. Complessivamente, oltre 1,6 milioni di imprese, incluse quelle rurali, sono state agevolate e hanno dato lavoro a oltre 300 mila nuovi addetti. 26 milioni di persone sono state accompagnate nella ricerca di un’occupazione o hanno partecipato a iniziative di istruzione e formazione finanziate. 8,3 milioni di famiglie hanno ottenuto accesso veloce a Internet grazie ai fondi UE. Più di 3.900 chilometri di ferrovie sono stati costruiti o riparati. 60 milioni di persone beneficiano degli investimenti nella salute.

La situazione in Italia

In Italia, le cose vanno un po’ a rilento. Le risorse totali programmate sono circa 75,1 miliardi, gli impegni di spesa circa 51 miliardi (il 68 per cento del programmato), mentre i pagamenti ammontano a 20,6 miliardi (27 per cento del programmato). La figura 2 mostra il tasso di impegno per ciascun paese europeo e la figura 3 il tasso di spesa. Il nostro paese è penultimo in termini di impegni e non eccelle nella spesa, trovandosi significativamente al di sotto della media (33 per cento). I dati confermano dunque che in termini di capacità progettuale e spesa l’Italia deve migliorare. Si può auspicare che le semplificazioni del prossimo ciclo di programmazione e le iniziative per migliorare la capacità amministrativa consentano una maggiore efficienza nel 2021-2027. Un cambiamento che però non può avvenire solo grazie alle migliorie apportate in sede europea. Le amministrazioni italiane, che ormai possono contare su un’esperienza più che ventennale nella gestione dei fondi, possono e devono agire più celermente già in fase di programmazione a partire dal prossimo anno.

Il rapporto della Commissione europea ci rassicura sul fatto che, nonostante qualche indugio, i risultati dei fondi europei sono significativi. La domanda, allora, è cosa succederebbe se non ci fosse l’Europa a guidare e orientare gli investimenti? Per un giudizio complessivo, dovremmo attendere le valutazioni di impatto che saranno condotte nei prossimi mesi, in chiusura del periodo 2014-2020. Tuttavia, proprio l’esperienza italiana suggerisce che, in un paese di grande instabilità politica come il nostro, è inverosimile che una quota rilevante di risorse pubbliche sarebbero comunque incanalate verso la ricerca industriale, il clima, l’ambiente, la scuola, l’inclusione sociale e lo sviluppo rurale. Pare molto più probabile che senza un’Europa che scandisca priorità e posizioni l’asticella in alto, le miopi classi dirigenti tenderebbero a concentrarsi sull’immediato tornaconto elettorale, e non sul benessere presente e futuro dei cittadini.

Figura 1 – Fondi strutturali e di investimento europei programmati e spesi al 30 settembre 2019 per obiettivo tematico

Fonte: Commissione europea, dicembre 2019

Figura 2 – Tasso di impegno dei fondi strutturali e di investimento europei

Fonte: Commissione europea, dicembre 2019

Figura 3 – Tasso di spesa dei fondi strutturali e di investimento europei

Fonte: Commissione europea, dicembre 2019

 

fonte: lavoce.info

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