Di recente l’Istituto Superiore di Sanità e anche soprattutto la Società italiana di epidemiologia psichiatrica (Siep) hanno pubblicato a più riprese rapporti basati su studi epidemiologici che restituiscono finalmente una immagine oggettiva della presenza quantitativa dei servizi di salute mentale nelle differenti regioni e, in misura discreta ma non sufficiente, delle forme organizzative.
Nelle griglie che sono state pubblicate si possono finalmente confrontare quantità e penetrazione delle organizzazioni delle differenti regioni. Come nell’articolo pubblicato da Fabrizio Starace, diventa non più discutibile una distanza profonda tra le differenti aree del Paese: è da tempo, sicuramente da vent’anni, che andiamo denunciando questi salti, tanto da farci dire di vivere in un paese con venti sistemi sanitari differenti, malgrado la presenza di una delle più ricche leggi sanitarie che mai abbiamo avuto. Parlo della mitica riforma sanitaria del 1978. Nel campo della salute mentale poi, i venti sistemi sanitari si coniugano in leggi regionali e organizzazioni che finiscono per ridurre a una miriade di culture, per così dire, dispositivi organizzativi, programmi terapeutico-riabilitativi e di prevenzione che si fa fatica a confrontarli. Peraltro la mia conoscenza empirica mi porta con fatica a giustificare la totale stupidità di alcune forme organizzative.
In ogni caso è evidente la distanza tra regione e regione ed è altrettanto evidente il rischio di negazione di diritti costituzionali garantiti per ognuno, matti compresi. I numeri che leggiamo, ripeto, ancorché chiari nel cogliere queste distanze, finiscono però per non restituire la concretezza di ciò che accade nella quotidianità delle persone che vivono l’esperienza del disturbo mentale (e nondimeno degli operatori). Dire che, per esempio, nella regione Veneto, nell’ultimo arco di tempo considerato, sono aumentati i servizi territoriali poco significa se non colgo, come mi è dato di fare empiricamente, le modalità di cura. Vedi per esempio l’uso in ogni SPDC della contenzione (fatto salvo San Bonifacio, in provincia di Verona); la presenza di cosiddette strutture residenziali con numeri incongrui di posti letto; programmi sedicenti riabilitativi che riescono solo a tenere fuori dal contratto sociale le persone per le quali tutto dovrebbe essere fatto tranne che metterli in struttura; gli orari di apertura dei servizi territoriali; l’uso, che ho potuto verificare, assolutamente incongruo di psicofarmaci; i costi esorbitanti che impediscono poi una armonica e rilevante presenza dei servizi territoriali attenti e vicini alla singolarità delle persone nella comunità. Questo solo per dire del Veneto ma si potrebbe dire altrettanto di tante altre regioni. Bisognerebbe interrogarsi su come vivono realmente le persone, come le possibilità di rimonta si realizzano, quali e quanti sono i dispositivi, i percorsi formativi, che aiutino gli operatori ad avere in primo luogo attenzione per quel cittadino, quella persona, quel singolare individuo, come si prenda in considerazione la eccellente possibilità che introduce il budget di salute, il programma terapeutico riabilitativo finalizzato, vale a dire quanta attenzione si pone all’uso delle risorse in ragione delle persone e finalizzate quanto più direttamente possibile a sostenere l’abitare, il lavorare, lo stare, il vivere con gli altri la quotidianità.
È intenzione del Forum Salute Mentale, in accordo con tutti gli altri frequentatori di questa grande piazza, di interrogare i singoli presidenti. I presidenti delle regioni dovranno pur dirci che cosa hanno fatto, che cosa stano facendo, che cosa vogliono fare, qualcuno dovrà pur sapere che in un Diagnosi e cura di Roma collocato in uno scantinato non si vede mai la luce del sole e operatori e pazienti vivono sempre con la luce artificiale. Tanto per dirne una tra i numerosi piccoli crimini di pace che altro non sono che la conferma dell’immutato sguardo distante e oggettivante delle psichiatrie. Stiamo pensando che questa lettera vorremmo consegnarla, portarla ai singoli presidenti, stringere loro la mano e stare a chiacchierare per un po’ di tempo.
Buon natale, signore e signori presidenti.
fonte: la terrà è blu