Discontinuità, discontinuità…, ma quale discontinuità rispetto alla politica sulle droghe? Fino ad ora solo un silenzio assordante e la persistenza di azioni meramente repressive, coltivando l’illusione che questo rilevante fenomeno commerciale, finanziario, culturale, criminale e sociale del nostro paese sia solo materia di competenza del Ministero degli Interni con appendici nel sistema di giustizia e della sanità.
“La salute dei nostri figli significa anche guerra, ma guerra vera, non guerra per finta, città per città, a ogni tipo di droga, che uccide l’anima e uccide il corpo. E se qualcuno pensa di portare in quest’Aula lo Stato spacciatore, dovrà passare sui nostri corpi, perché lo Stato spacciatore di droga e di morte è indegno di un Paese civile. Aspettiamo al varco. Abbiamo sentito quel genio di Saviano, la settimana scorsa, dire che bisognerebbe legalizzare la cocaina. Portatela una proposta di legge di questo genere in quest’Aula e non vi facciamo uscire a mangiare e a dormire, che riguardi la cocaina o qualunque altro genere di droga.” Così l’ex Ministro dell’Interno Salvini al Senato durante il dibattito sulla fiducia al Governo Conte bis.
Tralasciando le politiche adottate da tempo negli Stati più avanzati, oggi nel mondo qualcosa si muove: perfino Trump ha deciso di non interferire con gli Stati che legalizzano la cannabis, sicché nella patria della “tolleranza zero” e della war on drugs qualcosa è cambiato. In vari Stati danno buoni risultati i programmi che privilegiano assistenza sanitaria e reinserimento sociale, anziché repressione giudiziaria, per le persone che usano sostanze. Si ha notizia di sistemi di perdono on line per le cessioni di piccole quantità di droghe.
La nuova compagine di Governo non può trascurare alcune proposte di riforme normative ed organizzative, ma è pregiudiziale una discontinuità di pensiero: questa è una questione complessa e globale che esige un approccio diverso comprensivo delle politiche nazionali ed europee sulla Sanità, la Giustizia, gli Interni e le politiche sociali tutte orientate ai precetti ed ai valori della nostra Costituzione sulla tutela del diritto alla salute ed alla funzione riabilitativa delle pene.
Solo un pensiero che ignora la storia, le regole del buon governo e le acquisizioni consolidate della clinica può continuare a sostenere “la soluzione unica” che ha ripreso vigore nel passato prossimo. In pochi mesi è tornato il sovraffollamento delle carceri e l’aumento dei detenuti tossicodipendenti; sono aumentati i processi a loro carico; è stato ingolfato il sistema penale di esecuzione penale esterna attraverso la messa alla prova e i lavori di pubblica utilità, peraltro a costo zero. Tutte rime baciate con la riduzione delle risorse e dei servizi per la sanità.
La discontinuità richiede dunque un cambio di rotta con l’attivazione di un circuito virtuoso e quindi non parcellizzato: non basterà una modifica lieve della legge sugli stupefacenti senza il contemporaneo cambiamento delle strutture e dei servizi. Saranno passaggi necessari: la riforma del DPR 309/90 con la depenalizzazione completa di tutti i comportamenti legati all’uso di droghe ed una modifica profonda del sistema dei servizi pubblici (con il coinvolgimento del terzo settore attraverso la individuazione di una pluralità di tipologie dei servizi rivolti rivolte ai diversi modelli di consumo secondo la prospettiva della Riduzione del danno e dei rischi).
Fondamentale su tutto il territorio nazionale sarà il convinto riconoscimento dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) per quanto riguarda la Riduzione del Danno.
Da troppi anni manca una condivisione interprofessionale di esperienze e criticità che solo una Conferenza Nazionale sulle Droghe, peraltro prevista dalla legge, può offrire per elaborare strategie intelligenti.
fonte: FUORILUOGO