La nuova immigrazione italiana. È il titolo del Tema del n. 2/2019 della Rivista delle Politiche Sociali, in cui si descrivono le caratteristiche degli attuali flussi migratori, cosa succede quando avvengono in un ambiente ostile e come le politiche securitarie, a livello nazionale e locale, alimentino nuove insicurezze. Il volume analizza le politiche di accoglienza (o di respingimento) verso i rifugiati e i richiedenti asilo, le politiche sociali degli enti locali, le trasformazioni nell’opinione pubblica sull’immigrazione e il ruolo svolto in questo dalle istituzioni e dai media.
L’introduzione dei curatori, Matteo Vitiello e Marco Accorinti, cui si accompagna la firma prestigiosa di Enrico Pugliese, oltre a descrivere il filo rosso che tiene insieme i vari saggi che compongono il volume, segnala proprio in apertura come “nel corso dell’ultimo decennio cambiamenti di grande rilievo hanno riguardato l’immigrazione in Italia e in particolare la composizione del flusso in ingresso nel Paese. Si tratta in primo luogo di una significativa riduzione degli immigrati per motivi di lavoro e di un incremento in termini relativi degli immigrati per motivi di ricongiungimento familiare. Ma soprattutto si tratta di un incremento in termini relativi e assoluti dei rifugiati e richiedenti asilo fino al 2017”.
I curatori introducono così il primo saggio, quello di Antonio Sanguinetti (“La transizione migratoria italiana negli anni della crisi”). L’autore delinea il profilo dei nuovi immigrati: spiega perché le persone emigrano, da dove provengono e come l’incremento del numero dei richiedenti asilo – frutto dell’acuirsi nel corso del decennio di crisi politiche e militari – abbia inciso significativamente – e drammaticamente – sulla condizione dei nuovi immigrati e sull’atteggiamento prevalente dell’opinione pubblica nei loro confronti.
Analizza la trasformazione delle politiche pubbliche sull’immigrazione a livello locale il secondo saggio, di Enrico Gargiulo (“I sindaci e l’emergenza immigrazione: dal mantra securitario al protagonismo politico). Gargiulo sostiene e argomenta come diversi interventi normativi degli ultimi governi, effettuati perlopiù attraverso la decretazione d’urgenza, abbiano potenziato “gli strumenti emergenziali impiegabili dalle amministrazioni locali andando a incidere anche, più o meno direttamente, su questioni legate all’immigrazione”. La sicurezza è la parola chiave di questo percorso. Questa categoria è diventata la giustificazione, politica e legale, per la realizzazione di interventi restrittivi di diverse libertà personali, che hanno messo a rischio diritti riconosciuti e garantiti da norme di livello statale.
Nel terzo contributo, di Marcello Maneri, dal titolo “Vengono per delinquere: logiche e cicli di criminalizzazione dell’immigrazione”, si sottolinea come sia stata rappresentata in termini sempre più negativi l’immagine degli immigrati, soprattutto della componente più fragile: perfino i richiedenti asilo vengono presentati come criminali, falsi rifugiati, irregolari, terroristi, portatori di malattie. “L’accoglienza è dunque spreco di risorse pubbliche. Così si giustifica non solo il rifiuto del loro ingresso (i porti chiusi), ma anche la loro esclusione dai servizi sociali”.
Il quarto contributo (“Prima agli italiani: la spesa dei Comuni per i servizi sociali”) è di Mattia Vitiello: analizza il ruolo degli enti locali. A livello locale può avvenire, o essere negata, l’effettiva integrazione sociale degli immigrati. E non a caso proprio qui l’attacco del discorso politico anti-immigrazione si concentra contro la spesa che i Comuni sostengono per i servizi sociali. Vitiello sottolinea poi come una valutazione della spesa sociale indirizzata agli immigrati dimostra che questa è ancora ispirata da una gestione emergenziale, si concentra prevalentemente sulla spesa per le strutture di prima accoglienza, invece che sui processi di reale integrazione.
“L’attività degli operatori sociali tra aiuto e controllo nel nuovo sistema di accoglienza”. È il titolo del quinto saggio, di Marco Accorinti ed Elena Spinelli, che tratta una questione poco indagata: quella degli operatori sociali, che si devono occupare dell’inserimento e dell’assistenza degli immigrati pressati da norme repressive (vengono sempre più richiesti interventi securitari e di controllo), ma soprattutto impreparati ad affrontare problemi, anche di tipo etico, nell’interpretazione delle norme alla luce del proprio mandato professionale.
Chiudono la sezione Tema due saggi riferiti a esperienze concrete. Il primo, di Valeria Saggiomo, dal titolo “L’associazionismo migrante a Napoli e la cooperazione allo sviluppo”, riporta due studi che descrivono un viaggio di ritorno compiuto dai leader senegalesi di due associazioni miste verso il loro Paese di origine, attraverso la cooperazione allo sviluppo. Nel secondo, “La riarticolazione securitaria del management migratorio”, l’autore Vincenzo Carbone ricostruisce due vicende paradigmatiche segnate da “processi di securizzazione delle frontiere, dei territori” e dalla “criminalizzazione dell’intervento delle Ong”.
La sezione Attualità del volume si occupa di regionalismo differenziato. I saggi di Maria Cecilia Guerra e di Giordana Pallone mettono in evidenza come attraverso questo processo, sollecitato dalle Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna (ma seguito da diverse altre), si affrontino problemi reali, che riguardano tutte le Regioni (certezza delle risorse, possibilità di programmare, maggiori e meglio definiti spazi di autonomia), ma con la proposta di soluzioni sbagliate, definendo come “una scorciatoia” l’autonomia richiesta solo per alcune Regioni. Nella terza sezione del volume, il Dibattito, dedicata al bel libro di Laura Pennacchi “De valoribus est disputandum”, intervengono Elena Granaglia e Riccardo Bellofiore.
Stefano Cecconi è direttore de La Rivista delle Politiche Sociali
fonte: RASSEGNA SINDACALE