La scommessa e l’apocalisse La legge 180 fu approvata dal Parlamento il 13 maggio 1978, il 9 maggio era stato trovato il corpo di Aldo Moro, assassinato vilmente. Questa quasi coincidenza di data ci parla molto della politica intesa non come semplice reazione agli eventi, ma come capacità di rispondere con razionalità anche ad una tragedia così terribile. La società italiana faceva i conti da una parte con il carcere del popolo, la prigionia del meno implicato come scrisse Leonardo Sciascia nell’Affaire Moro, la pena di morte illegale, ingiusta e iniqua e dall’altra con una legge di liberazione, di chiusura dei “luoghi orrendi, non degni di un Paese appena civile” come definì i manicomi giudiziari il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel messaggio di fine anno del dicembre 2012. Quaranta anni dopo si sono svolte tante celebrazioni della tragedia della politica e di una riforma che toglieva le catena agli ultimi.
Mi pare che in pochi abbiano cercato di capire il nesso tra due fatti che hanno inciso nella coscienza del paese. Qualche voce fuori dal coro c’è stata e ha generato allarme e preoccupazione soprattutto tra le associazioni che si occupano della salute mentale con un lavoro costante e appassionato. Una conferma eclatante viene da una frase del ministro dell’Interno Matteo Salvini che ha definito la legge 180 “una legge assurda che ha causato miseria e abbandono per migliaia di famiglie di pazienti psichiatrici, abbandonando il tema della psichiatria sulle loro spalle, chiudendo tutte le strutture di cura che c’erano per i malati psichici” e che inoltre “ha causato una esplosione di aggressioni da parte di persone affette da disturbi mentali”.
Non costituisce una attenuante l’occasione della esternazione, cioè il raduno della Lega sul prato di Pontida. Rappresenta invece il sintomo di scelte che vogliono imporre lo scontro tra italiani e stranieri, tra normali e devianti, tra sani e malati. Addirittura senza pudore viene esaltato il manicomio e deprecata la sua chiusura. E’ indispensabile allora una resistenza civile contro la rinascita delle istituzioni totali in nome della Costituzione e in particolare del fondamentale articolo 32, per salvare la democrazia e il diritto ispirato a Cesare Beccaria. La tortura e la pena di morte furono abolite nel 1786 in Toscana e nel 1849 dalla Repubblica Romana di Mazzini, ma non bisogna dare per definitiva quella conquista, soprattutto quando la ricerca del nemico perfetto è insaziabile … LEGGI L’ARTICOLO INTEGRALE SUL SITO DELLA CONFERENZA SALUTE MENTALE
L’articolo è contributo per la Sessione n. 6 della Conferenza nazionale Salute Mentale: “Dopo gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari: salute mentale e giustizia. Oltre le Rems ed il carcere“.