PRIMA INFANZIA E DISUGUAGLIANZE DI SALUTE: report sulle visite domiciliari

Terzo e conclusivo report sul tema Early child development (ECD) e disuguaglianze. I primi due report su interventi di educazione prenatale e postnatale e interventi a supporto della genitorialità sono stati pubblicati nei mesi passati.
Perchè prima infanzia? Perchè è ormai dimostrato che le esperienze vissute nella prima infanzia sono una base preziosa per l’intero ciclo di vita e sono influenzate dall’ambiente in cui i bambini nascono e crescono e dalle figure adulte che per prime si prendono cura di loro, in famiglia, nei servizi e nella comunità di appartenenza. Si può senza’altro affermare che i primi anni di vita condizionano, in senso positivo e negativo, lo sviluppo futuro dei bambini. L’Early Childhood Development (ECD), letteralmente sviluppo precoce del bambino – che inizia in gravidanza e si estende fino agli 8 anni del bambino – è un importante, se non il più importante, determinante sociale di salute.

Ventiquattro studi realizzati in vari paesi europei ed extraeuropei – la maggioranza sono americani – hanno valutato gli effetti delle visite domiciliari sul benessere di genitori e bambini. Emerge che le visite domiciliari sono sempre meno focalizzate sugli aspetti tradizionali di cura del bambino, mentre prevale una maggior attenzione per quelli legati alla genitorialità e alla relazione genitore-bambino. Inoltre sono spesso programmi complessi, standardizzati, con protocolli definiti rispetto a contenuti e durata, che coinvolgono team multidisciplinari. Alcuni elementi di forza delle visite domiciliari, che aumentano la probabilità di ottenere effetti positivi, sono la presenza nel team di un membro che appartiene alla comunità dei destinatari, azioni precoci e che continuano nel tempo, l’attivazione di proficue collaborazioni e reti formali e informali tra i diversi servizi, sanitari e della comunità, il coinvolgimento, anche attivo, della popolazione destinataria. Un elemento critico delle visite domiciliari riguarda invece gli elevati costi economici, per cui prima di avviare un programma è dunque fondamentale valutare con attenzione costi e benefici.

Rispetto alla riduzione delle disuguaglianze di salute, la totalità degli studi presi in esame adotta un approccio per target, rivolgendosi a popolazioni svantaggiate per stato socio economico, etnia, livello di istruzione, occupazione etc.. Questo implica che se migliorano gli esiti di salute delle popolazioni vulnerabili, non è possibile affermare che diminuiscano le disuguaglianze di salute in generale, perché nessuno degli studi analizzati effettua una comparazione tra popolazione vulnerabile e resto della popolazione.

Per concludere con le parole di Michael Marmot, direttore dell’UCL, Institute for Health Equity di Londra: “I bambini che “iniziano” con le migliori premesse hanno la probabilità di riuscire bene a scuola, di ottenere un impiego ben pagato e di godere di benessere psicofisico in età adulta. I neonati che hanno mamme che in gravidanza fumano o bevono, che nascono sottopeso, soffrono per un attaccamento non sicuro, vivono in un ambiente povero di cultura e carente nel linguaggio, sono esposti a relazioni in cui sono frequenti scambi verbali improntati a durezza e ostilità e sono esclusi da un’educazione prescolare di elevata qualità, quando inizieranno la scuola si troveranno in condizioni di significativo svantaggio. Inoltre la scuola, nella misura in cui non interviene per mitigare le conseguenze di una prima infanzia povera e disagiata, può ampliare il divario.

scarica il documento: Prima infanzia e disuguaglianze. Le visite domiciliari

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fonte: DORS

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