In questi giorni ISTAT ha pubblicato il suo consueto report annuale sulla povertà in Italia e i dati sono, ancora una volta, drammatici e preoccupanti. Nel 2018 sono stimate in condizione di povertà assoluta 1,8 milioni di famiglie per un totale di 5 milioni di individui (cioè l’8,4% dei residenti). Rimarchevoli anche le disparità territoriali, per età e per genere. Il quadro di profondo disagio di ampie fasce di popolazione è confermato.
Tuttavia, anche in questo caso, ISTAT non ha ancora adottato i principi della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, né gli impegni del Programma d’Azione biennale sulla disabilità (decreto del Presidente della Repubblica 12 ottobre 2017). All’interno del report non troviamo, infatti, dati specifici sulla condizione delle persone con disabilità o confronti col resto della popolazione. Un’occasione mancata per indagare correlazioni e darne contezza come base di serie politiche contro l’esclusione.
Che la disabilità sia uno dei primi elementi di impoverimento delle persone e delle famiglie lo si deduce da altri studi ed analisi, purtroppo sempre più datati.
I più articolati risalgono al 2010 e sono contenuti nel Rapporto sulle politiche contro la povertà e l’esclusione sociale, pubblicato nel 2012 dalla Commissione d’Indagine sull’Esclusione Sociale (CIES) del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. La Commissione nel frattempo è stata soppressa.
Quel Rapporto illustrava come la presenza di una persona con disabilità nel nucleo familiare può essere una delle principali cause di deprivazione. Assenza di lavoro, sovraccarico assistenziale per la famiglia, costi sociosanitari, riflessi negativi sulla carriera lavorativa dei familiari sono, infatti, alcuni dei fattori che possono limitare l’accesso ai beni e ai servizi di cui dispone la maggior parte della popolazione.
E ancora: la deprivazione materiale (le difficoltà a sostenere una serie di spese o al possesso di alcuni beni durevoli) interessa le persone con limitazioni dell’autonomia personale in misura maggiore rispetto al resto della popolazione. Vivono quella condizione il 24,7% degli individui con limitazioni gravi e il 19,7% dei non gravi, a fronte del 14,2% delle persone senza limitazioni. Lo stesso si registra nel caso della grave deprivazione, che interessa l’11,9% e l’8,6% delle persone con limitazioni gravi e non gravi, contro il 6,1% di chi non ha limitazioni.
Un quadro di povertà e deprivazione che si combina spesso con altri elementi di discriminazione: essere minori con disabilità (povertà minorile), essere donne con disabilità (disparità di genere), essere migranti con disabilità, vivere in territori con servizi e sostegni limitati. Il risultato è quello su cui FISH attira l’attenzione: la discriminazione multipla ancora oggi così sottovalutata in termini di rilevazione, di consapevolezza e, quindi, di politiche e servizi, siano essi mirati alla disabilità o al contrasto della povertà.
fonte: FISH