Le disuguaglianze in salute possono essere definite come delle differenze “socialmente prodotte, evitabili ed ingiuste” tra diversi gruppi di popolazione, variamente definiti sulla base di genere, cittadinanza, area geografica, livello di istruzione, reddito, classe sociale o condizioni socioeconomiche, e in relazione a una varietà di stati di salute. Tali differenze, seppure con intensità diversa, sono state documentate nella maggior parte delle condizioni di salute studiate, indipendentemente da come sono state misurate le condizioni socioeconomiche, dall’area geografica o dal periodo presi in esame.
La sorveglianza epidemiologica e la misura delle disuguaglianze socioeconomiche in salute sono ritenute il primo passo per definire e programmare efficaci azioni di contrasto, sia a livello internazionale sia a livello locale. Per costruire un sistema che permetta di valutare e studiare i livelli di equità nelle diverse dimensioni della salute è indispensabile poter mettere in relazione dati sanitari con informazioni sulla condizione socioeconomica della popolazione in studio o con proxy di vulnerabilità sociale; tuttavia, questa integrazione è spesso di difficile implementazione.
In Emilia-Romagna a partire dagli anni 2000 sono state messe in atto diverse strategie per far dialogare il dato socioeconomico con quello sanitario. Una delle applicazioni disponibili è lo Studio Longitudinale Emiliano (SLEm), un sistema integrato di dati che, attraverso procedure di record linkage, permette di collegare a livello individuale informazioni anagrafiche, statistiche e sanitarie per i residenti delle città di Bologna, Modena e Reggio Emilia. Le principali fonti informative che alimentano lo SLEm sono le anagrafi comunali delle tre città, i censimenti della popolazione e delle abitazioni del 2001 e del 2011, e una serie di banche dati sanitarie raccolte nell’archivio del Sistema informativo delle politiche per la salute e le politiche sociali della Regione Emilia-Romagna. La tutela della privacy nell’abbinamento di dati individuali è garantita dalla gestione separata del linkage tra i diversi archivi e le chiavi identificative da parte dei soggetti che compartecipano allo SLEm.
L’obiettivo generale di questo volume è quindi presentare le caratteristiche strutturali e il potenziale informativo dello Studio Longitudinale Emiliano e mettere a disposizione della comunità sanitaria e sociale locale un set di evidenze relative alla relazione tra condizione socioeconomica e mortalità e a come questa è cambiata tra il 2001 e il 2016 nelle città di Bologna, Modena e Reggio Emilia.
In sintesi, analizzando complessivamente le tre città, i risultati confermano che esiste una relazione inversa tra livello di svantaggio sociale e mortalità e che al peggiorare delle condizioni socio-demografiche – misurate tramite il livello di istruzione, la condizione occupazionale, lo stato civile e l’indice di deprivazione – aumenta generalmente il rischio di morte. L’intensità e la direzione delle associazioni tra i singoli indicatori di posizione socioeconomica e la mortalità variano con l’età, il genere, e i gruppi di cause di morte indagati. Misurando le disuguaglianze su scala relativa, si osserva complessivamente che il rischio associato alle classi più svantaggiate ha un andamento sostanzialmente stabile nel tempo tra gli uomini e una tendenza all’aumento tra le donne. Misurandole su scala assoluta e per il solo livello di istruzione, si rileva generalmente che la quota dei decessi potenzialmente evitabili se tutti avessero un livello di istruzione alto diminuisce nel tempo tra gli uomini e tende invece ad aumentare tra le donne. Questi risultati considerati complessivamente suggeriscono inoltre che per contrastare le disuguaglianze socioeconomiche nella mortalità occorre sia ridurre il rischio individuale espresso dai più svantaggiati anche quando questo si riscontra in cause poco frequenti, come nel caso del diabete mellito o dei tumori maligni delle vie aeree e digestive superiori, sia puntare sulle cause di morte molto frequenti, e quindi di grande impatto sulla popolazione, nonostante queste possano presentare dei differenziali socioeconomici di intensità relativamente bassa, come nel caso della mortalità per malattie del sistema circolatorio.
Anche se meno intensi nelle classi di età più anziane, i differenziali socioeconomici nella mortalità interessano tutte le età ed è quindi necessario agire in tutte le fasi della vita, dall’età giovane adulta fino a quella anziana.
Il livello di istruzione ha dimostrato di essere la variabile di stratificazione sociale in grado di catturare il differenziale di salute con maggiore sensibilità e consistenza tra gli esiti e i generi. Generalmente, esiste un gradiente inverso per cui al diminuire del livello di istruzione aumenta il rischio di morte. Le differenze sono più accentuate tra gli uomini che tra le donne e mostrano una lieve tendenza all’aumento tra il 2001 e il 2011. Il diabete mellito e i tumori maligni del polmone sono le cause di morte per le quali la distanza relativa che separa i più istruiti dai meno istruiti è pronunciata in entrambi i generi e periodi; al contrario, l’indicazione di una riduzione non significativa del rischio al diminuire del livello di istruzione si osserva nel caso della mortalità per tumori maligni della prostata e della mammella. Il riscontro di un gradiente inverso osservato tra livello di istruzione e la maggior parte delle cause di morte suggerisce che si può ottenere un guadagno importante in termini di mortalità ampliando la platea di coloro che raggiungono livelli medi e alti di scolarità e sottolinea l’importanza dell’istruzione come determinante di salute.
L’analisi per stato civile evidenzia che, sia tra gli uomini che tra le donne e per ambedue i periodi di osservazione, il rischio di morte per tutte le cause è più alto tra i non coniugati, nonostante valga la pena sottolineare che lo stato civile potrebbe aver perso nel tempo la capacità di discriminare situazioni di solitudine familiare, dato il crescente numero di conviventi o coppie di fatto tra i non coniugati. Il diabete mellito, le cause alcol-correlate, le death of despair (solo tra gli uomini) e le malattie respiratorie (solo tra le donne) sono i gruppi di cause di morte per i quali esistono differenze pronunciate tra coniugati e tutte le altre condizioni di stato civile. Questo riscontro sottolinea e conferma l’importanza di contrastare le condizioni di isolamento sociale come strategia per ridurre le disuguaglianze di salute. Dato che la relazione tra reti familiari ed esiti in salute è mediata da un insieme di fattori che vanno dalle risorse materiali a quelle emotive, le strategie per contrastare le condizioni di isolamento sociale devono necessariamente essere intersettoriali e volte a rafforzare la coesione sociale.
L’analisi per condizione occupazionale fa emergere un generale effetto protettivo dell’occupazione rispetto alle altre condizioni, che vanno dalla disoccupazione all’essere casalinga, disoccupato/o, ritirata/o dal lavoro o in altre condizioni (quest’ultimo è un insieme molto eterogeneo all’interno del quale confluiscono per la maggior parte dei casi soggetti che non sono attivi a causa di uno stato di salute compromesso). Tra gli uomini il riscontro di eccessi significativi di rischio tra i soggetti disoccupati per alcune cause di morte – soprattutto quelle legate all’abuso di alcol e/o interpretabili come segnali di disagio materiale o sociale (come nel caso delle cosiddette death of despair e delle cause alcol-correlate) – sottolinea invece l’importanza di promuovere strategie attive di tutela del lavoro e di contrasto della vulnerabilità, soprattutto in un periodo di contrazione economica.
L’analisi per status di immigrato, ripresa da precedenti approfondimenti e sintetizzata nel presente Dossier, mette in luce che l’esposizione a una storia di migrazione da alcune macro-aree geografiche può determinare condizioni di salute più svantaggiate, che possono logorare il capitale di salute generalmente posseduto dai giovani che sono riusciti a emigrare spinti da progetti di lavoro o studio da attuare nel paese d’arrivo. Gli eccessi significativi di rischio riscontrati tra la popolazione proveniente dall’Africa sub-Sahariana nella mortalità sia prematura (osservata entro i 64 anni) sia infantile (osservata durante il primo anno di vita) suggeriscono aree prioritarie di azione per il contrasto delle disuguaglianze e delle barriere all’accesso ai servizi e per la promozione della salute degli immigrati, partendo dall’accoglienza e arrivando all’assistenza.
Queste evidenze descrittive, da affiancare a quelle di cui ciascuna città già dispone, possono essere utili sia per confermare ulteriormente ipotesi già consolidate e valutare l’andamento di fenomeni conosciuti, sia per generare nuove ipotesi e nuove domande a cui si potrà dare risposta studiando in maggiore dettaglio la mortalità, ma anche altri indicatori dello stato di salute che possono essere indagati nella cornice dello Studio Longitudinale Emiliano.
I risultati presentati in questo Dossier non hanno la pretesa di essere esaustivi ma piuttosto vogliono rappresentare la base conoscitiva che permetta di individuare aree di maggiore vulnerabilità socio-demografica e rappresenti un punto di partenza per formulare quesiti più specifici modellati sulle esigenze locali.
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Autore/Autori: Di Girolamo C, Pacelli B, Caranci N, Moro ML
Data: 2/5/2019
Tipologia: rapporti, linee guida, documenti tecnici
Lingua: Italiano
fonte: http://assr.regione.emilia-romagna.it/it/servizi/pubblicazioni/dossier/doss265