PREVENIRE IL SUICIDIO DI ADOLESCENTI E GIOVANI È POSSIBILE?: l’approfondimento a cura di DORS

I suicidi rappresentano oggi la quattordicesima causa di morte in Europa (13 morti ogni 100.000 abitanti), con un andamento temporale tendenzialmente stabile nell’ultimo decennio (European Health for All database – HFA Europe). Per ogni suicidio attuato, inoltre, si stimano esservi almeno venti tentativi di suicidio.

In Italia si registra un minor tasso di suicidi rispetto agli altri Paesi europei (nel 2015: 6,4 x100.000, con circa 4000 decessi). Il Piemonte è, tra le grandi regioni italiane, quella col tasso di suicidi più alto (8,8×100.000 nel 2015, con circa 400 decessi). Dal 2009 i suicidi rappresentano la prima causa di morte violenta nella popolazione piemontese. L’occorrenza è nettamente superiore nel genere maschile.

Il fenomeno suicidario colpisce la fascia giovanile in misura importante:
– Il suicidio rimane la seconda principale causa di morte fra i giovani nella fascia di età 15-29 anni e la maggior parte dei suicidi (79%) si verificano nei paesi a basso e medio reddito, dove le risorse per l’identificazione e la gestione sono spesso scarse (National suicide prevention strategies: progress, examples and indicators. Geneva: World Health Organization; 2018)

In Italia, nella fascia di età tra i 20 e i 34 anni, il suicidio rappresenta il 12% dei decessi (La salute mentale nelle varie fasi della vita, ISTAT 2018).

In Piemonte, il tasso di suicidio nella fascia 15-29 anni è di 5 x 100.000 ( Epidemiologia dei suicidi in Piemonte) . L’occorrenza di suicidi cresce con l’età, ma nei giovani rappresenta la seconda causa di morte (avendo come quasi unica causa competitiva gli incidenti stradali).

Dall’elevata occorrenza di suicidi e autolesioni nei giovani, deriva un importante burden of disease (“carico” di malattia), meritevole di attente misure di prevenzione (King CA, Horwitz A, Czyz E, Lindsay R. Suicide Risk Screening in Healthcare Settings: Identifying Males and Females at Risk. J Clin Psychol Med Settings. 2017)

 DETERMINANTI SOCIALI E COMPORTAMENTALI

Di grande importanza per affrontare e arginare il fenomeno dei suicidi in adolescenza è l’attenzione al rischio suicidario, ormai sempre più oggetto di studi.

I suicidi possono avvenire senza alcun preavviso ma nella maggior parte dei casi essi vengono preceduti da alcuni segnali verbali e comportamentali, in particolare tra gli adolescenti; se opportunamente riconosciuti possono orientare verso un intervento precoce.

Il rischio suicidario deve essere considerato:

  • multifattoriale
  • all’interno del quadro completo delle caratteristiche individuali del/la ragazzo/a
  • oggetto di attenzioni da parte dei servizi, in particolare le cure primarie,  i medici di medicina generale e i reparti di emergenza

I maggiori fattori di rischio per un adolescente includono:

  • la presenza di un disturbo dell’umore, più frequentemente la depressione o il disturbo bipolare
  • l’uso di sostanze stupefacenti e di alcol
  • le condotte autolesive (procurarsi tagli e ferite sul corpo)
  • il suicidio di un familiare e tentativi precedenti di suicidio
  • avversità familiari o traumi (giovani che hanno subito violenza fisica, sessuale o emotiva, maltrattamenti, violenza familiare, divorzio conflittuale dei genitori, l’assistenza istituzionale o sociale, hanno un rischio molto più elevato di suicidio rispetto ad altri)
  • discriminazioni razziali e sessuali (i ragazzi e le ragazze che subiscono atti di bullismo, cyberbullismo o gesti di discriminazione collegati alla loro origine etnica o all’orientamento sessuale – gay, lesbiche, transessuali – sono esposti a continue esperienze stressanti come la perdita della libertà di espressione, il rifiuto, la vergogna sociale, la stigmatizzazione e la violenza, che possono portare a perdere fiducia / speranza e a gesti suicidari)

I tentativi e gli atti suicidari rappresentano una delle modalità con cui gli adolescenti manifestano il proprio disagio, unitamente ad altri comportamenti estremi come, ad esempio, abuso di sostanze e violenze tra pari.

Una revisione, In particolare (Rice SM, Purcell R, McGorry PD. Adolescent and Young Adult Male Mental Health: Transforming System Failures Into Proactive Models of Engagement. J Adolesc Health. 2018 Mar;62(3S):S9-S17) si è occupata del disagio psicologico dei ragazzi e dei giovani (di genere maschile) individuando alcuni determinanti sociali – equiparabili a segnali di rischio suicidario:

  • carenza di competenze di health literacy (competenze necessarie per capire e utilizzare le informazioni inerenti la propria salute)
  • auto-etichettamento e vergogna (a seguito di discriminazioni)
  • conflitto interiore derivante dal fatto che la maggior parte dei ragazzi nei paesi occidentali sono socializzati per incarnare ideali egemonici maschili che scoraggiano attivamente la vulnerabilità, la debolezza e l’emotività
  • il “peso” della diagnosi (nelle situazioni in cui si è fatto ricorso ai servizi di salute mentale)
  • il gradimento/accettazione verso i servizi

Viene perciò raccomandato lo sviluppo di programmi politici, strategie di intervento e piani di valutazione che siano specifici per questo segmento di popolazione, tra cui: rivedere il funzionamento dei servizi affinché siano “sincronizzati” con le esigenze dei ragazzi, integrare la formazione degli operatori sanitari con moduli sull’health literacy.

Una revisione che includeva trentanove studi (Valencia-Agudo F, Burcher GC, Ezpeleta L, Kramer T. Nonsuicidal self-injury in community adolescents: A systematic review of prospective predictors, mediators and moderators. J Adolesc. 2018 Jun;65:25-38) ha indagato il fenomeno dei comportamenti di autolesionismo che di solito cominciano in adolescenza e sono correlati a una serie di sintomi psichiatrici e psicologici e a tentativi futuri di suicidio.
Tra le variabili predittive individuate: il genere femminile, l’esser vittima di bullismo da parte dei pari, fattori familiari, depressione, precedenti atti di autolesionismo e bassa autostima.

LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO SUICIDARIO

Sono stati elaborati degli strumenti per la valutazione del rischio suicidario. La National Alliance for Suicide Prevention (obiettivo: “Zero suicidi”), ad esempio, fornisce informazioni sugli strumenti da usare e i passi da attuare in caso di rischio accertato. (King CA, Horwitz A, Czyz E, Lindsay R. Suicide Risk Screening in Healthcare Settings: Identifying Males and Females at Risk. J Clin Psychol Med Settings. 2017).  Vengono fornite, in particolare, le seguenti raccomandazioni:

  • Attuazione di uno screening del rischio di suicidio universale in tutte le strutture sanitarie. Ciò è coerente con la raccomandazione del Suicide Prevention Resource Center (SPRC) e della National Action Alliance for Suicide Prevention (SPRC) e può essere particolarmente importante per identificare i maschi a rischio che hanno meno probabilità rispetto alle femmine di cercare servizi in strutture di salute mentale
  • Utilizzo di strategie di screening che valutino anche il coinvolgimento in episodi di violenza e comportamenti rischiosi non necessariamente legati a un piano suicidario (ad esempio quelli associati alla mancanza di coraggio e all’uso di alcol e sostanze). Questi fattori di rischio possono essere più pronunciati tra i maschi e associati alla crescente capacità acquisita di intraprendere un comportamento suicidario. Si raccomanda inoltre di includere la valutazione del funzionamento sociale e adattivo correlato alla disoccupazione o alla recente perdita dei partner come possibili modi per migliorare la validità predittiva della strategia di screening
  • Sviluppo di uno screening adattivo computerizzato basato su statistiche. Nello screening adattivo computerizzato, gli algoritmi sono sviluppati sulla base di un ampio numero di risposte individuali a una vasta gamma di domande potenzialmente pertinenti (ad esempio, valutazione dell’intenzione suicidaria, disperazione, disturbo del sonno, agitazione) e ogni domanda successiva a cui un individuo viene sottoposto dipende dalla risposta dell’individuo a una domanda precedente.

Tra gli strumenti, interessante l’ Ask Suicide-Screening Questions (ASQ) Toolkit. Si tratta di un questionario gratuito per i servizi sanitari (in particolare per i reparti del pronto soccorso, di chirurgia, e servizi di cure primarie) che può aiutare medici e infermieri a individuare gli adolescenti a rischio di suicidio. Bastano pochi minuti per somministrarlo, e uno studio del NIHM – National Institute of Mental Health degli Stati Uniti del 2013 ne ha dimostrato la validità nell’identificare precocemente e valutare il rischio suicidario (la risposta “sì” a una o più delle 4 domande identifica il 97% dei giovani di età 10 – 21 anni a rischio di suicidio).

AUTOLESIONISMO

È necessario prestare attenzione  ai comportamenti di autolesionismo, spesso associati al suicidio in adolescenza.
Una revisione sistematica comprensiva di una rassegna di studi qualitativi (Evans R, Hurrell C. The role of schools in children and young people’s self-harm and suicide: systematic review and meta-ethnography of qualitative research. BMC Public Health. 2016 May 14;16:401) ha indagato in che modo il contesto scolastico può influenzare l’autolesionismo e il suicidio negli studenti.

Sono emersi 5 macro-temi:

  • l’autolesionismo “è invisibile” a scuola, cioè non viene inserito all’interno di alcun programma/progetto educativo anche a fronte di richieste specifiche degli studenti
  • quando sono intercettati dagli educatori, i fenomeni di autolesionismo vengono etichettati come “cattivi comportamenti” (trasgressione delle regole dell’istituzione) e non è previsto un supporto specifico di alcun tipo
  • la delega del problema a professionisti esterni aumenta negli studenti la percezione di mancanza di aiuto da parte della scuola e degli insegnanti
  • l’ansia e lo stress associati alle performance scolastiche possono aumentare il rischio di comportamenti di autolesionismo e suicidari
  • i fenomeni di bullismo a scuola possono contribuire all’insorgere di comportamenti di autolesionismo, e alcuni ragazzi possono adottare questi comportamenti per “essere ammessi” all’interno di gruppi sociali

TIPOLOGIE DI INTERVENTI EFFICACI / RACCOMANDAZIONI

I programmi di prevenzione del suicidio in adolescenza devono essere multifattoriali, cioè prendere in considerazione vari fattori:

  • ricognizione/individuazione dei segnali di rischio (ad esempio traumi interpersonali, uso di sostanze, etc.)
  • creazione di servizi ad hoc per i ragazzi e le ragazze “a rischio”
  • utilizzo/adozione di strategie di prevenzione efficaci (alcuni strumenti di screening/indagine, compresi quelli su supporto digitale si sono rivelati utili, così come alcuni tipi di psicoterapie si sono rivelate promettenti). Un esempio di programma multifattoriale è il Family Check-Up: ideato per affrontare problemi di tipo comportamentale e di dipendenza tra gli adolescenti, si è dimostrato valido anche nel ridurre i tentativi di suicidio. (King CA, Arango A, Ewell Foster C. Emerging trends in adolescent suicide prevention research. Curr Opin Psychol. 2018 Aug;22:89-94).
  • Gli interventi e i programmi preventivi, in qualsiasi contesto vengano realizzati, vanno “personalizzati” anche in base alla differenza di genere. Una revisione di letteratura (Hamilton E, Klimes-Dougan B. Gender differences in suicide prevention responses: implications for adolescents based on an illustrative review of the literature. Int J Environ Res Public Health. 2015 Feb 23;12(3):2359-72.) ha analizzato vari tipi di programmi di prevenzione del suicidio di tipo universalistico, realizzati in tre setting (scuola, comunità, servizi sanitari) allo scopo di capire come la potenziale diseguale propensione dovuta alla differenza di genere può avere un risvolto operativo nella realizzazione di strategie di prevenzione del suicidio. I risultati sembrano dimostrare che in generale sono le ragazze a beneficiare maggiormente degli interventi di prevenzione del suicidio, pertanto la revisione si conclude con una esortazione a “personalizzare” tali interventi
  • L’ “educazione terapeutica” (anche detta “empowerment del paziente”) è uno degli strumenti preventivi più robusti nel prevenire il suicidio – anche se molti studi dicono che i metodi di educazione terapeutica attualmente in uso devono essere migliorati. La figura professionale chiave è quella dei pediatri che manifestano grande interesse a essere maggiormente formati e preparati, al fine di ridurre i tassi di mortalità per suicidio. (Rice TR. Emotion regulation and adolescent suicide: a proposal for physician education. Int J Adolesc Med Health. 2015 May;27(2):189-94).

Un interessante e recente articolo statunitense (Brent DA. Master Clinician Review: Saving Holden Caulfield: Suicide Prevention in Children and Adolescents. J Am Acad Child Adolesc Psychiatry. 2019 Jan;58(1):25-35.) utilizza la metafora dell’adolescente a rischio di suicidio come se fosse “affacciato sul bordo di una scogliera” e a partire da tale immagine propone e descrive quattro approcci per affrontare il problema, dimostratisi validi sotto il profilo costo-efficacia:

  • allontanare il ragazzo/la ragazza dal burrone”, puntando su azioni di tipo preventivo (ad esempio aumentando/rinforzando competenze specifiche tra gli operatori sanitari)
  • andare nei luoghi in cui vivono i ragazzi (ad esempio, aumentando le possibilità di accesso a luoghi di socializzazione quali palestre, associazioni, etc.)
  • lavorare in sinergia con altri per cambiare le “regole del gioco” (ad esempio rendere più friendly ed efficace il modo in cui vengono presentati/erogati i servizi)
  • “costruire un recinto attorno alla scogliera” (ad esempio limitare la possibilità di accesso ad armi pericolose)

La “connectedness” (letteralmente: interconnessione, condizione in cui si è in relazione / legame con gli altri) è stata recentemente identificata e studiata dal CDC (Centers for Disease Control and Prevention) di Atlanta, e raccomandata come uno degli obiettivi da inserire in agenda per la prevenzione dei sucidi in adolescenza (Whitlock J, Wyman PA, Moore SR. Connectedness and suicide prevention in adolescents: pathways and implications. Suicide Life Threat Behav. 2014 Jun;44(3):246-72).

Il CDC ha:

  1. esaminato e divulgato le conferme e nuove scoperte della letteratura in cui l’”essere in relazione” è chiaramente collegato alla riduzione di pensieri e comportamenti suicidari
  2. proposto tre specifici meccanismi in cui “l’essere in relazione” è un potenziale fattore di influenza
  3. fornito alcune indicazioni correlate all’uso della “connectedness” come base per i programmi di sanità pubblica e gli interventi di prevenzione del suicidio in adolescenza.

IL SETTING SCUOLA COME LUOGO PRIVILEGIATO DI INTERVENTO

Gli interventi di prevenzione del suicidio e di promozione della salute mentale realizzati nel contesto scuola sono diventati sempre più frequenti negli ultimi 15 anni, e prevedono caratteristiche standard quali:

  • inserimento nei programmi curricolari
  • articolazione nelle quattro componenti chiave: promozione della salute, educazione/prevenzione, intervento e post-intervento
  • coinvolgimento di professionisti sanitari che possano seguire gli studenti e collaborare con gli insegnanti/educatori
  • estensione al contesto comunità
  • valutazione positiva in termini di costo-efficacia (Joshi SV, Hartley SN, Kessler M, Barstead M. School-based suicide prevention: content, process, and the role of trusted adults and peers. Child Adolesc Psychiatr Clin N Am. 2015 Apr;24(2):353-70)

Per poter essere un luogo efficace nell’intercettare situazioni a rischio e prevenire i suicidi e i tentativi di suicidio, deve però essere fornita una formazione ad hoc a figure professionali specifiche, quali ad esempio il personale ATA (personale amministrativo, tecnico e ausiliario degli istituti e scuole di istruzione primaria e secondaria). Una recente revisione sistematica (Mo PKH, Ko TT, Xin MQ. School-based gatekeeper training programmes in enhancing gatekeepers’ ognitions and behaviours for adolescent suicide prevention: a systematic review. Child Adolesc Psychiatry Ment Health. 2018 Jun 7;12:29.) analizza alcuni interventi realizzati nel setting scuola, finalizzati ad aumentare conoscenze e a promuovere comportamenti adeguati nei collaboratori scolastici per prevenire il suicidio degli adolescenti: tali interventi, che individuano queste figure chiave nel riconoscere i primi segnali di disagio e rischio, si sono rivelati efficaci.

STRATEGIE, POLITICHE E RACCOMANDAZIONI DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ

Le strategie nazionali di prevenzione del suicidio sono essenziali per lavorare verso l’obiettivo finale della riduzione del suicidio. Gli Stati membri dell’OMS si sono impegnati a lavorare nel Piano d’azione per la salute mentale 2013-2020 verso l’obiettivo globale di ridurre il tasso di suicidi nei paesi del 10% entro il 2020.

Il report dell’OMS “ Preventing suicide: A global imperative. World Health Organization, 2014” analizza gli interventi attuati a livello nazionale tesi alla prevenzione del suicidio e propone interventi mirati all’implementazione di politiche e strategie.

L’OMS raccomanda che i Paesi coinvolgano vari settori governativi al fine di uno sviluppo di una risposta coordinata globale. Deve essere profuso un grande impegno non solo nel settore sanitario, ma anche nell’ambito dell’istruzione, dell’occupazione, etc. e devono essere adottate misure efficaci partendo dal livello locale e su piccola scala.

Richiede, inoltre, una maggiore attenzione da parte dei mass media nel presentare i casi di suicidio, soprattutto di persone famose, evitando di usare un linguaggio sensazionalistico, di descrivere in modo esplicito le modalità suicidarie e di mostrare fotografie o video. A livello istituzionale, propone:

  • un inasprimento delle norme in materia di disponibilità di armi da fuoco nelle case private e delle procedure di ottenimento delle licenze;
  • interventi strutturali per limitare l’accesso a luoghi come ponti, ferrovie, balconi in luoghi pubblici e palazzi alti;
  • una limitazione della disponibilità di farmaci che vengono comunemente utilizzati da chi compie il suicidio. Gli operatori sanitari svolgono un ruolo fondamentale: limitando la quantità di farmaci erogata, informando pazienti e familiari sui rischi del trattamento con i farmaci e sottolineando l’importanza di aderire ai dosaggi;
  • la riduzione dello stigma che circonda il disagio mentale e il dolore emotivo, attraverso campagne di sensibilizzazione che favoriscano una maggiore conoscenza di queste tematiche e che agevolino l’accesso ai servizi di supporto da parte di chi vive un momento di grave sofferenza.

Di seguito, un estratto dal fact sheet allegato al report:

È possibile prevenire i suicidi. Ci sono molte azioni che possono essere intraprese a livello di popolazione, gruppi e individui per prevenire i suicidi e i tentativi di suicidi, ad esempio:

  • rendere più difficile l’accesso ai mezzi per mettere in atto il suicidio (pesticidi, armi da fuoco, alcuni tipi di farmaci, …)
  • fornire informazioni in maniera responsabile, da parte dei media
  • introdurre politiche basate sulla riduzione dell’abuso o uso dannoso degli alcolici
  • identificare precocemente, e occuparsi – con vari tipi di interventi e trattamenti – di coloro che manifestano segnali di malessere psicologico, che fanno uso di sostanze, che hanno problemi cronici di tipo emotivo e disturbi di ansia / attacchi di panico
  • formare gli operatori della sanità – che appartengono a figure non-specialistiche – sulla valutazione e comprensione/gestione del comportamento a rischio suicidario
  • prevedere incontri di follow up per le persone che hanno tentato il suicidio e fornire supporto a livello di comunità.

Il suicidio rappresenta un tema complesso, perciò la prevenzione del suicidio richiede il coordinamento e la collaborazione tra i vari settori della società, tra il settore sanitario e i settori inerenti l’educazione, il lavoro, l’agricoltura, la giustizia, la difesa, le politiche e i media. Devono essere attuati sforzi/interventi integrati e di ampio respiro (no approcci singoli o isolati) per avere un impatto sul suicidio.

FONTE: DORS

Print Friendly, PDF & Email