Dopo dieci anni di bassa crescita e recessione l’Europa vive una «crisi di identità».
Le grandi trasformazioni della nuova rivoluzione industriale, insieme al nuovo contesto geo-politico, colpiscono l’occupazione, soprattutto quella giovanile. Le prospettive della demografia preoccupano il futuro delle famiglie. Finora lo stato sociale non ha ridotto le risorse a disposizione dei cittadini. Tuttavia i bisogni crescenti ne hanno accresciuto la domanda. Secondo i dati dell’Eurostat (2017) circa 145 milioni di persone, pari a quasi il 30% della popolazione dell’Unione, sono a rischio di povertà o di esclusione sociale. È aumentata la divergenza tra le regioni più ricche e quelle più povere dell’Unione. La classe media è riuscita, in parte, a sostenere la crisi facendo ricorso al risparmio accumulato negli anni, spesso nei decenni passati.
Ora è in difficoltà e le aspettative sono tutt’altro che rassicuranti. Questo incide sui consumi e sulla crescita. Incide anche sul benessere e la tranquillità dei cittadini. Per la prima volta, dal secondo dopoguerra, le nuove generazioni potrebbero essere più povere di quelle precedenti.
Le difficoltà economiche alimentano i movimenti populisti e sovranisti.
L’Europa deve reagire con coraggio. Eppure l’Unione europea è ancora tra le aree più prospere del mondo.
La coesione sociale è tra le più alte del pianeta. Forse mai nella storia dell’umanità si è riusciti a costruire un periodo di pace così lungo. La guerra tra gli Stati europei non è più un’opzione. Lo Stato di diritto, anche se sotto pressione in alcune nazioni, è una garanzia che diamo ormai per scontata. La creazione di un’unione di Stati della dimensione dell’Europa è una conquista che in molti ci invidiano. La Brexit ha dimostrato che è meglio stare nell’Unione che uscirne. Ha anche dimostrato che l’Europa è unita.
Bisogna quindi essere coraggiosi ed ottimisti. Bisogna gestire il presente, ma preparaci per un futuro complesso e pieno di incognite. L’Europa nel mondo è ancora una «potenza tranquilla». Malgrado l’individualismo in questi decenni sia stata la cifra della nuova ideologia economica, solidarietà e senso della comunità sono ancora diffusi. Bisogna riportare l’Europa nei nostri cuori e, insieme, bisogna agire con l’ottimismo della ragione. L’Unione ha sempre dato il suo meglio quando le condizioni si facevano più difficili. Ci auguriamo che sia così anche questa volta. Certo, uno dei problemi che dovrebbe essere affrontato
con una certa urgenza nel sistema di governance europea è l’eccessivo potere del Consiglio rispetto alla Commissione. Il primo, che raduna i capi di Stato e di governo, tende ad acuire le tensioni tra Stati nazionali.
La seconda, che ha una conformazione molto più eterogenea, permette di affrontare i problemi dell’Europa nel suo insieme, attenuando, almeno in parte, le divergenze nazionali.
Una delle grandi priorità politiche è il rafforzamento e il rilancio dell’Europa sociale. E quando parliamo di Europa sociale non intendiamo solo gli investimenti sociali, ma anche le infrastrutture necessarie per gestire la domanda dei servizi sociali, che aumenta e cambia natura. Su questo tema, insieme alla Commissione europea e all’associazione delle banche promozionali e pubbliche europee, abbiamo lavorato lo scorso anno con una quarantina di esperti e prodotto un rapporto su come rilanciare le infrastrutture sociali in Europa … LEGGI L’ARTICOLO INTEGRALE SU RPS LA RIVISTA DELLE POLITICHE SOCIALI (free text)