Mobilità urbana. Kyoto club, a che punto è la notte di Greta. di Anna Donati

Presentato a Roma Mobilitaria 2019, il 2° rapporto elaborato dal Kyoto Club. Le contraddizioni della mobilità urbana: crescono gli spostamenti a piedi e in bicicletta ma anche il numero delle auto in circolazione.

MobilitAria 2019, è il secondo rapporto che delinea delle politiche di mobilità urbana e l’andamento della qualità dell’aria nelle principali 14 città e aree metropolitane italiane nel periodo 2017-2018. 

Una novità è la collaborazione con OPMUS, l’Osservatorio Politiche Mobilità Urbana Sostenibile di ISFORT, che ha elaborato e commentato una indagine sulla mobilità nelle 14 aree metropolitane, con dati inediti.

I dati sono corredati da una puntale ricognizione dei provvedimenti di mobilità e le azioni concrete realizzate da ogni grande città nel biennio 2017 e 2018. Tra gli elementi considerati vi è anche lo stato di attuazione dei PUMS sia a livello metropolitano che di ogni singola città. 

Vengono approfonditi i dati di qualità dell’aria delle 14 città nel biennio 2017 e 2018 e lo stato della qualità dell’aria delle singole stazioni cittadine per l’anno 2018. Seguono due specifici contributi: uno di Transport & Environment che approfondisce la strategia europea per la decarbonizzazione dei trasporti al 2030 e al 2050, con gli obiettivi di riduzione dei gas serra e per diventare fossil free: una sfida immane e necessaria che deve vedere le città protagoniste. Segue un contributo di TRT Trasporti e Territorio, che ha effettuato sulla base del modello MOMOS, una simulazione sulla mobilità elettrica e i suoi effetti in quattro grandi città metropolitane al 2030.

Completa il Rapporto un set di proposte verso la mobilita sostenibile, la sicurezza stradale e la decarbonizzazione dei trasporti, elaborate di Kyoto Club e CNR-IIA. 

La mobilità urbana nelle 14 città metropolitane 2017-2018

La mobilità urbana nel biennio ha consolidato tendenze ed azioni ma senza balzi in avanti, come sarebbe necessario, rispetto alla situazione diffusa di congestione, incidentalità, emissioni di gas serra e inquinamento.

Stabili le Zone a Traffico Limitato, come dato positivo si consolida la ZTL di Palermo con i varchi telematici e Firenze che ha introdotto una ZTL estiva con orari estesi. Da febbraio 2019 è partita area B a Milano, l’area allargata dove saranno esclusi in modo progressivo i veicoli più inquinanti: costituisce una autentica innovazione, che conferma il capoluogo lombardo come punta avanzata tra le realtà italiane. A Torino presentata a febbraio 2019 dalla Giunta Comunale la nuova ZTL estesa tutto il giorno, con pedaggio di accesso e sosta modello area C milanese: confronto acceso, proteste e polemiche ma la Sindaca ha annunciato che andrà avanti.

Da ottobre 2018 a marzo 2019 è stato attuato il primo provvedimento di blocco del traffico nel bacino padano per i veicoli vetusti e inquinanti, ma gli scarsi controlli ne inficiano il risultato.  

L’uso del trasporto pubblico cresce lievemente, in qualche città anche in modo significativo (Bologna, Cagliari, Torino, Firenze) ma dove c’è la crisi finanziaria dell’azienda di trasporto cala ancora, come avviene a Napoli, Roma e Catania. Realizzate nuove tramvie a Firenze e Palermo, che si configurano come le due città più impegnate a favore del tram, con nuovi progetti ed estensioni della rete.  Altri progetti sono in arrivo come a Bologna, candidata al MIT per il finanziamento della prima linea tramviaria.  Prosegue la realizzazione delle metropolitane a Milano, Roma, Napoli e Catania, mentre Torino ha presentato il progetto per la Linea 2. Nuovi progetti anche Cagliari che si candida a realizzare una linea BRT, mentre Genova punta su 4 nuove linee del trasporto pubblico (BRT o Tram da decidere).

Piuttosto stabili aree pedonali e piste ciclabili. Bari ha deciso in forma sperimentale per 4 mesi il “pagamento” per chi pedala come forma di incentivo, unica tra le grandi città. Incentivi all’acquisto per bici e moto elettriche a Catania e Genova, dove non a caso la moto viene molto usata. 

La Sharing Mobility cresce a Milano, Torino, Firenze, Roma, Palermo e Cagliari, mentre sbarca a Bologna per la prima volta.  Per il resto vi sono difficoltà e in qualche caso viene sospeso il servizio, come per il car sharing a Bari.

La mobilità elettrica ha numeri purtroppo insignificanti anche se procedono accordi tra le città e gli operatori per l’istallazione di colonnine. 

Va registrato come dato negativo, la crescita nelle città e aree metropolitane dell’indice di motorizzazione di auto e moto, che nei dieci anni precedenti era diminuito in modo significativo. Torino la peggiore con un + 5,4%.

Fenomeno da confrontare con l’indagine OPMUS IFORT per le 14 aree metropolitane contenuta nel rapporto 2019, da cui emerge il balzo in avanti per gli spostamenti a piedi e in bicicletta del 2017/2018 rispetto ai dati 2012/2013.  Quindi si usa meno l’auto per gli spostamenti di breve raggio nelle città – e questo è un dato molto positivo – ma l’auto continua a restare il principale mezzo per gli spostamenti nell’area vasta e metropolitana.

Entro ottobre 2019 le principali città dovranno approvare il Piano Urbano per la Mobilità Sostenibile, secondo le Linee Guida del Decreto MIT del 4 agosto 2017.  Ad oggi hanno approvato il PUMS il Comune di Milano, mentre Torino ha un vecchio PUMS del 2011, Bologna e Genova ne hanno adottato uno a scala metropolitana ed  è in corso il processo di partecipazione, Bari, Reggio Calabria e Roma lo hanno adottato a livello comunale. Cagliari sta redigendo il PUMS, mentre Napoli e Messina hanno adottato solo delle Linee Guida di indirizzo. Le Città Metropolitane di Venezia, Firenze, Cagliari e Milano stanno svolgendo le attività propedeutiche per la redazione del PUMS a scala metropolitana. Si tratta di una grande opportunità per le città ed aree metropolitane di pianificare e agire su scala vasta per la mobilità sostenibile del futuro. 

La qualità dell’aria nelle 14 grandi città

Dalle analisi condotte nel 2017 e 2018 si è riscontrato un miglioramento della qualità dell’aria, che tuttavia non è sufficiente a garantire per tutte le città il rispetto dei limiti normativi. E andrà verificato negli anni a venire se queste tendenze saranno confermate o meno.

Nello specifico, per il Biossido di Azoto (NO2) si verifica una riduzione delle concentrazioni medie. Le maggiori percentuali di decremento sono state registrate nelle città di Messina (-23%), Cagliari (-21%), Roma (-12%) Torino (-12%) e Bologna (-11%). In controtendenza Catania e Reggio Calabria che indicano un incremento dei valori. Nel 2018 le città di Milano, Roma e Torino hanno registrato valori di NOsuperiori ai limiti normativi; rispettivamente 45 μg/mper Milano e 43 μg/mper Roma e Torino.

In merito al valore del limite orario dell’NOnel 2018 non si osservano particolari criticità, infatti nessuna città presenta superamenti oltre il limite.

Le concentrazioni medie del PM10 in tutte le città analizzate risultano al di sotto dei limiti. Diversamente, per il limite giornaliero del PM10 in alcune città la situazione rimane critica: in particolare, Torino, Milano, Venezia, Cagliari e Napoli superano il limite consentito, e fra queste la città con il maggior numero di superamenti è Torino (89 giorni).

In merito alle concentrazioni del PM2,5 nessuna città registra valori maggior al limite normativo, tuttavia le città di Torino, Milano e Venezia presentano concentrazione prossime ai 25 μg/m3.

Nonostante si sia riscontrato un miglioramento della qualità dell’aria in alcune città, questo non è sufficiente per ridurre le concentrazioni e i superamenti al di sotto dei limiti previsti dalla normativa. Per questo motivo l’Italia è stata deferita dalla Commissione Europa alla Corte di Giustizia il 17 maggio 2018 per il mancato rispetto dei valori limite stabiliti per la qualità dell´aria e in particolare per i superamenti dei limiti di legge delle polveri fini (PM10).

Fra le aree interessate c’è l’Emilia-Romagna, la Lombardia, il Veneto e il Piemonte che hanno siglato in data 9 giugno 2017 un nuovo accordo di Programma di bacino Padano che per la prima volta definisce delle azioni di area vasta. Tuttavia, dall’analisi dei diversi piani Regionali della qualità dell’aria, riportate nel Rapporto 2019, si nota una situazione disomogenea nelle modalità adottate per la redazione e per il controllo degli effetti generati.  Servono dunque linee guida omogenee per il futuro dei PRIA delle regioni italiane.

Le caratteristiche della mobilità nelle 14 aree metropolitane.

I dati inediti dell’indagine OPMUS ISFORT – presenti nel Rapporto 2019 – danno conto sulle caratteristiche della mobilità nelle 14 aree metropolitane e sono stati estratti dall’indagine annuale Audimob di Isfort sugli stili e i comportamenti di mobilità degli italiani.  Gli indicatori presi in considerazione descrivono sia il profilo dimensionale-quantitativo (tasso di mobilità, tempo dedicato alla mobilità, lunghezza degli spostamenti), sia le caratteristiche principali della domanda di mobilità (motivazioni degli spostamenti, scelta dei mezzi di trasporto da utilizzare), cercando altresì di coglierne le tendenze recenti. A tale scopo vengono messi a confronto due periodi: il biennio 2012-2013 e il biennio 2016-2017.

Quello che emerge dai dati è un balzo negli ultimi anni della mobilità attiva (a piedi ed in bicicletta), una tenuta del trasporto pubblico ed una riduzione dell’uso dell’auto. 

TABELLA 1 OPMUS ISFORT sulle quote modali nelle 14 are metropolitane

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Cresce il numero degli spostamenti, diminuisce la lunghezza degli spostamenti ed il tempo medio dedicato alla mobilità: si tratta di tendenze presenti in tutte le 14 aree metropolitane.

Dalla valutazione complessiva dei dati è possibile riassumere la ripartizione modale con il Tasso di mobilità sostenibile, che somma gli spostamenti a piedi, in bicicletta e mezzi pubblici. Si tratta di un buon misuratore di risultato, anche se non esaustivo, rispetto alla capacità dei territori di mettere in campo politiche di disincentivazione all’uso dei mezzi privati e di promozione dei modi di trasporto alternativi.

Il tasso di mobilità sostenibile è inferiore al 40%, sia nella media delle Città metropolitane, sia in quella nazionale, a conferma del perdurante dominio dei mezzi privati nelle scelte di mobilità degli italiani. Tuttavia tra il 2012-2013 e il 2016-2017 l’indice è cresciuto di quasi 8 punti a livello nazionale e di circa 5,5 punti nelle aree metropolitane.

TABELLA 2 OPMUS ISFORT Tasso di Mobilità sostenibile delle 14 città metropolitane

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Nei territori metropolitani i mezzi di trasporto alternativi all’auto sono utilizzati un po’ di più rispetto al resto del Paese, ma questa forbice positiva si va riducendo e gli indici sono ormai quasi allineati. La spinta delle politiche di mobilità sostenibile nelle aree metropolitane non sembra quindi essere stata così robusta (o così efficace) rispetto a quanto accaduto nelle grandi città capoluogo.

Nella graduatoria delle singole Città Metropolitane (intese come area vasta) appare molto marcato il divario tra Nord e Sud, con qualche significativa eccezione. Nel periodo 2016-2017 è l’area di Milano ad aprire il ranking con un tasso di mobilità sostenibile vicino al 48,3%, guadagnando una posizione rispetto al periodo di confronto 2012-2013. Seguono non distanti le aree di Genova, di Venezia – che perde tuttavia il primato conquistato nel 2012-2013 – e poi ancora sopra la soglia del 40%, la prima area del sud ovvero Bari grazie al robusto contributo della mobilità pedonale, quindi Torino e Napoli. Nelle code della classifica si posizionano le aree metropolitane di Catania, Reggio Calabria e Messina. In particolare Messina esprime un indice pari al 22,6%, molto inferiore alla metà di Milano ed è l’unica provincia che ha sperimentato una diminuzione, seppure lieve (-0,3%), del tasso di mobilità sostenibile. Guardando infine alle variazioni dell’indice l’area che ha sperimentato il dinamismo maggiore è stata quella di Bologna (10 punti di crescita tra il 2012-2013 e il 2016-2017), che ha di conseguenza guadagnato tre posizioni, mentre le aree meno dinamiche sono risultate Venezia, Roma e Napoli.

Le politiche nazionali e il PNEC.

Nel Rapporto 2019 vengono valutate le politiche di mobilità urbana nazionale decise negli anni 2017 e 2018: robusti investimenti per le reti tramviarie, metropolitane, BRT e filobus per il trasporto pubblico, un ampio piano di ammodernamento degli autobus 2019- 2033, investimenti per la mobilità ciclabile.  Sono le positive decisione finanziate e messe in campo dal Ministro Delrio per la mobilità sostenibile.

Anche il nuovo Governo ha confermato questi investimenti e sta lavorando per attuare queste misure, con decreti, delibere ed intese con le Regioni, Piani per l’ammodernamento degli autobus: elemento positivo messa in campo dal Governo Cinquestelle/Lega. Una novità significativa inserita dal nuovo Governo nella manovra è il sistema di incentivo verso l’auto elettrica e ibrida, con un disincentivo delle auto più inquinanti e di grossa cilindrata. E’ un primo utile (e timido) provvedimento per sostenere il veicolo pulito in Italia.

A fine 2018 Il Governo ha presentato Piano nazionale Energia e Clima, ora in consultazione, che però non contiene obiettivi stringenti per la parte trasporti. Conferma gli obiettivi già decisi di -33% al 2030 per le emissioni di CO2, ma niente indica rispetto agli obiettivi al 2050, dove la strategia decarbonizzazione UE prevede emissioni zero. 

Anche altri obiettivi del PNEC al 2030 sono piuttosto blandi, se si pensa che è previsto ancora un consumo di prodotti petroliferi del 31% del totale (per la maggior parte destinati ai trasporti), si dà ampio spazio al gas, a conferma che non si punta ad una crescita significativa della mobilità elettrica da energie rinnovabili.

Le azioni indicate sono quelle in realtà già previste da norme e finanziamenti, in corso di attuazione, senza ulteriori misure. Mancano completamente dei target per la mobilita sostenibile per i passeggeri (a piedi, in bicicletta, trasporto pubblico, sharing mobility, veicoli elettrici) e specifici obiettivi per le merci (trasporto marittimo, trasporto ferroviario, veicoli puliti). 

Vengono indicati obiettivi modesti al 2030 per la mobilità elettrica, con 6 milioni di auto di cui solo 1,6 milioni elettriche pure, cosi come non vi è traccia dei tempi di uscita dall’auto “fossile, come hanno già deciso diversi paesi europei.

Le proposte di Kyoto CLUB e CNR IIA.

Secondo Kyoto Club e CNR IIA l’obiettivo dovrebbe essere un target europeo per lo stop alla vendita di auto a combustione interna, con quote annuali crescenti, con un target di emissioni zero per tutti i veicoli venduti dal 2030. 

E’ una delle proposte di Kyoto Club e CNR IIA incluse nel Rapporto 2019, insieme agli obiettivi al 2025 per arrivare al 25% degli spostamenti a piedi, al 10% in bicicletta, al 20% per gli utenti del trasporto pubblico, una crescita del 20% del trasporto ferroviario locale e della sharing mobility 

A queste misure vanno affiancati provvedimenti per la distribuzione efficiente delle merci urbane, con i Piani Urbani di Logistica Sostenibile, che devo essere parte dei PUMS.  Un set di misure che dovrebbero ridurre sotto il 50% l’uso dell’auto e far crescere la mobilita sostenibile nelle aree metropolitane.

Perché la mobilità sostenibile non è solo una necessaria risposta ai problemi ambientali, per la sicurezza stradale, la coesione sociale e la qualità dello spazio urbano.  Ma è un elemento essenziale per orientare l’innovazione tecnologica, le imprese, il mondo del lavoro, i sindacati, cittadini e cittadine, le politiche delle città che devono regolare la transizione al futuro.

FONTE: SBILANCIAMOCI.INFO

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