Il testo che segue è la sintesi dell’articolo pubblicato nella sezione “Tema” del n. 3/2018 della Rivista delle Politiche Sociali. Questo è invece il link alla rubrica che Rassegna dedica alla pubblicazione
L’invecchiamento della popolazione rappresenta una delle più importanti trasformazioni sociali del nostro tempo. Esso contribuisce a interrogare i sistemi di welfare nelle loro dimensioni distributive, finanziarie, organizzative e politiche. L’evoluzione demografica, i bisogni e l’offerta di cura per la popolazione anziana e le loro relazioni con altre dimensioni sociali – quali il mutamento delle forme familiari e la crescita dell’occupazione femminile – sono al centro di un dibattito internazionale che ha avuto avvio fin dagli anni novanta del Novecento e che solleva molte domande relative alle relazioni intergenerazionali.
Gli studi che prendono in considerazione il rapporto tra generazioni in un contesto di rapido invecchiamento seguono due approcci distinti. Il primo fa riferimento al bilancio dello scambio tra generazioni (per esempio, gli anziani e i figli adulti) in un dato momento e alle relative diseguaglianze nell’accesso a risorse di cura formali e informali. Il secondo approccio, invece, prende in considerazione le condizioni degli anziani appartenenti a diverse coorti, ossia le generazioni di anziani del passato, del presente e del futuro.
L’attenzione qui si sposta generalmente sul futuro e guarda alle sfide poste dall’invecchiamento dei baby boomer, alla sostenibilità economica dei sistemi di welfare e di cura alla luce delle caratteristiche demografiche e sociali dei futuri anziani, alla contrazione delle reti informali di sostegno e alla loro trasformazione, al mutamento delle aspettative relative a bisogni e risorse. L’ipotesi è che le caratteristiche demografiche (la numerosità e la presenza di molti grandi anziani) e sociali (la minor ampiezza e disponibilità di reti informali di sostegno) delle future generazioni di anziani avranno forti ripercussioni sia sul versante economico e finanziario, sia sulla organizzazione dei servizi.
Dal dibattito internazionale recente emerge una frattura tra le attuali coorti di anziani, che hanno beneficiato di livelli crescenti di benessere, e le attuali coorti di adulti, per i quali si prospetta un invecchiamento con ridotte risorse e accresciute disuguaglianze. Il caso italiano, in questa seconda prospettiva, induce a interrogarsi su come gli attuali quaranta-cinquantenni si avviano a invecchiare in relazione alle specifiche condizioni sociali e istituzionali che contrassegnano il loro percorso di vita, con particolare attenzione ai bisogni di cura e alle risorse personali, familiari e sociali.
Secondo la nostra ricognizione, quando i nati negli anni sessanta e settanta varcheranno la soglia dei 75 anni, avranno una più lunga speranza di vita in una società fortemente invecchiata. A seguito delle dinamiche demografiche, potranno contare su un più limitato numero di caregiver potenziali: molti anziani, infatti, saranno senza figli o avranno un figlio solo. Si può inoltre ipotizzare che gli anziani del futuro siano tra loro più diversi e diseguali se comparati con l’attuale popolazione anziana per effetto dell’aumento della disuguaglianza sociale tra le coorti di adulti e giovani negli ultimi trent’anni. In assenza di mutamenti profondi delle politiche sociali, i nuovi anziani potranno contare su minori risorse di cure formali, ma anche su minori risorse economiche per acquistare cura nel mercato.
Questo quadro coinvolge soprattutto la generazione X (i nati nel 1965-1974), ma potrebbe iniziare a profilarsi già per la generazione dell’identità (nati nel 1955-1964), in relazione a trasformazioni sociali ed economiche avvenute a partire dagli anni settanta: denatalità, trasformazione del mercato del lavoro, riforma delle politiche previdenziali. Si tratta di un’evoluzione possibile che interroga profondamente non solo le politiche di Ltc (Long Term Care, politiche per la non autosufficienza, ndr), ma più in generale le politiche economiche e sociali del Paese.
Meriterebbero un supplemento d’indagine alcuni aspetti cui qui si fa solo cenno: mentre la nostra attenzione si è per lo più concentrata sulla trasformazione della struttura di opportunità per la cura, è importante approfondire la trasformazione di atteggiamenti e comportamenti connessi alle responsabilità familiari e all’uso dei servizi. Non solo. Un supplemento d’indagine importante andrebbe fatto anche nella direzione della differenziazione territoriale, di genere e di classe sociale dei processi in atto.
Barbara Da Roit è professoressa associata di Sociologia economica presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia; Marta Pantalone è assegnista di ricerca presso l’Università degli studi di Verona.
Fonte: Rassegna Sindacale – RPS