IL CARCERE SIA EXTREMA RATIO: la giustizia riparativa e le misure alternative alla detenzione producono molta più sicurezza

“Pensare di affrontare una questione complessa come quella della giustizia penale con un demagogico ‘chiudiamoli tutti in galera e buttiamo la chiave’ significa non fare i conti con i tanti, gravi limiti del carcere e con un dato di fatto incontrovertibile: le misure alternative alla detenzione e i percorsi di accompagnamento all’uscita dal carcere – un detenuto su quattro, terminata la pena, non sa dove andare – producono un abbassamento della recidiva dal 70% a meno del 20%. Più carcere non significa più sicurezza, semmai il contrario. E la giustizia riparativa – un modello che mette al centro non solo l’autore del reato, ma anche la vittima e la comunità coinvolta nel reato – è un riferimento fondamentale per costruire nuove pratiche di giustizia che sappiano davvero farsi carico della sofferenza che i reati producono, abbassare la conflittualità sociale e prevenire nuovi illeciti”. Questo ha dichiarato Riccardo De Facci, presidente del Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA)aprendo a Roma il convegno “Mediazione, riparazione e riconciliazione. La comunità di fronte alla sfida della giustizia riparativa”, organizzato dal CNCA in collaborazione con il Coordinamento Italiano Case Alloggio/AIDS (CICA).

L’incontro è l’evento finale del progetto “La pena oltre il carcere”, l’iniziativa finanziata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e realizzata dal CNCA, in partenariato con CICA, che si è proposta di conoscere e sperimentare esperienze innovative nell’ambito delle pratiche di giustizia riparativa nelle organizzazioni associate ai due coordinamenti, al fine di favorire il recupero sociale di detenuti, ex detenuti e persone soggette a provvedimenti dell’autorità giudiziaria sia adulti sia minori.

CAMBIARE PARADIGMA. La giustizia riparativa è “un paradigma che coinvolge la vittima, il reo e la comunità nella ricerca di una soluzione che promuova la riparazione, la riconciliazione e il senso di sicurezza collettivo” (Howard Zehr). Si propone, quindi, l’obiettivo di ricostruire l’equilibrio spezzato tra la società, l’autore del reato e la vittima a causa proprio di una condotta illecita. L’autore del reato è supportato nella presa di coscienza dell’impatto provocato dall’azione illecita da lui compiuta sia nella vita della vittima sia nella società civile, ed è stimolato a porre rimedio alle conseguenze negative del suo comportamento; la vittima è aiutata a recuperare quella stabilità minata dalla sofferenza provocata dal reato; per quanto riguarda la società, si intende ripristinare la pace sociale, anche mediante il reinserimento dei condannati e il risarcimento dei danni subiti. Un approccio, dunque, molto diverso da quello tradizionale, che si preoccupa solo di punire il reo con il carcere e la vergogna.

… leggi tutto e scarica i materiali del convegno su CNCA

 

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