Salute Mentale. L’eclissi di una riforma ? di Pietro Pellegrini

L’articolo “Rems, criminale è la nostalgia del manicomio” di Francesco Maisto (Il Manifesto, 30 gennaio 2019) (1), ha riacceso un dibattito su quella che Franco Corleone ha definito una “rivoluzione gentile” la quale ha portato alla chiusura degli OPG ma non è diventata riforma.

Un compito molto difficile e a questo proposito conviene ricordare Basaglia: “Ora, dopo avere conquistato la riforma degli ospedali psichiatrici civili, il movimento che in Italia chiamiamo “Psichiatria democratica” comincia a chiedere l’abolizione del manicomio giudiziario. Sarà una lotta dura e difficile da portare a termine perché il manicomio giudiziario è una garanzia di un luogo dove si possono collocare un certo tipo di persone ritenute pericolose. Il manicomio giudiziario riguarda molto da vicino il carcere speciale, è una sorta di carcere speciale, e le carceri speciali rappresentano una sicurezza per lo stato”(2).

Il problema OPG è stato a lungo dimenticato e affrontato in vari modi ma la situazione è stata quella “indegna” riscontrata dalla commissione Marino e richiamata dall’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. In quasi quarant’anni è maturata la convinzione che gli OPG (compreso Castiglione delle Stiviere) non fossero riformabili e dopo che diversi progetti sia alternativi che di risanamento erano falliti. Ora non serve la nostalgia e tanto meno l’ipocrisia che certamente non si può attribuire a Maisto.

Conviene riconoscere la situazione per quella che è, rilevando come il tema sia stato poco sostenuto dal Governo Gentiloni, la cui maggioranza aveva promosso la riforma, e sostanzialmente osteggiato e dimenticato dall’attuale governo.

Questo punto merita un particolare rilievo perché spesso la questione della salute mentale viene relegata ad ambiti specialistici mentre è ubiquitaria, universale e riguarda l’intero ciclo di vita delle persone. I disturbi mentali nella popolazione generale hanno una prevalenza del 15-20% e si hanno in ogni ambito. Pertanto dovrebbe essere al centro delle politiche per poter organizzare un sistema che assicuri il diritto alla salute a prescindere dallo stato giuridico della persona e dalla sua collocazione. In altre parole non si può definire un unico punto di cura ma un sistema articolato, di rete. Infatti, nel nostro paese, la gran parte delle persone con disturbi mentali è nella comunità sociale. I posti residenziali sono circa 29.000 pari al 3,6% degli assistiti dei dipartimenti di salute mentale. Quindi la soluzione residenziale è di solito temporanea e residuale. Anche in ambito giudiziario dove a fronte dei 600 posti in REMS, si stima sulla base dei dati della Regione Emilia Romagna (Sestante, 6-2018) che i soggetti seguiti con misure di sicurezza non detentiva siano almeno 10-15 volte superiori.

Quindi, pur con diversi problemi aperti, la legge 81/2014 ha raggiunto due obiettivi: chiudere gli OPG e promuovere la creazione di un sistema di cura e giudiziario di comunità. Certo come ricordano Brandi e Iannucci si è avuto anche una sorta di “residuo ex OPG”, cioè di soggetti che dagli OPG sono rientrati negli Istituti di Pena, in genere nelle Articolazioni per la Salute Mentale.

I problemi aperti ritenuti più rilevanti sono la lista di attesa per le REMS e la salute mentale negli istituti di pena, mentre a pochi interessa la sostenibilità economica e di personale del sistema salute mentale pesantemente sottofinanziato, né di assicurare i diritti al lavoro, alla casa, al reddito e ancora meno come creare comunità accoglienti e solidali. Sul piano tecnico scarsa attenzione e sostegno istituzionale hanno la qualità e la sicurezza delle cure nelle REMS e nei DSM e solo Stopopg ha dato vita ad un Osservatorio Nazionale e continua meritoriamente il monitoraggio dell’esperienza. Ma tant’è.

Allora vediamo la lista di attesa. Secondo l’ex Commissario Franco Corleone (3) a settembre 2017 le persone in lista erano 337 di cui 218 provvisorie (64%). Quindi misure applicate a persone per le quali non è stata ancora definita l’imputabilità. Le misure di sicurezza provvisorie riguardano il 44% delle persone ospiti delle REMS. Dati che testimoniano un uso della misura di sicurezza come cautelare il che dovrebbe aprire una profonda riflessione sulle prassi, prima di invocare altri posti REMS?

Andrebbe poi visto come vengono usati questi posti. Non solo vi sono residui di logiche custodiali, le lentezze della giustizia, lunghe permanenze per reati bagatellari, le difficoltà dei dipartimenti di salute mentale ma la legge 81/2014 richiede un certo dinamismo progettuale e gestionale congiunto, capacità di creare motivazione, responsabilità, contesti recettivi, dove effettuare complessi interventi biopsicosociali volti alla salute e alla prevenzione di nuovi reati.

Se il messaggio che passa è quello dell’esclusione e dell’abbandono o della “certezza della pena” fondata su sorvegliare e punire, siamo ben lontani dallo spirito della riforma. Se non riesce a costruire una cultura per la gestione condivisa dei rischi, se non è possibile creare nemmeno raccordi minimi per dare un riferimento anagrafico (residenza) a soggetti che ne sono privi, come potremo fare inclusione sociale?  Anche su questi aspetti, uniti alle povertà estreme, i dipartimenti di salute mentale sono lasciati soli anche perché non si è sollecitata la mobilitazione e sostenuta l’azione dei servizi sociali dei Comuni.

L’altro tema è la tutela della salute mentale negli istituti di pena, dove è significativa la quota di persone sofferente per disturbi mentali preesistenti e/o insorti in concomitanza della detenzione e nel 2018 si sono avuti ben 67 suicidi (4).

Per quanto si tratti di un tema ampiamente noto, l’approvazione dei tre decreti legislativi n. 121, 123 e 124 (5) del 2 ottobre 2018, in attuazione alla legge delega 23 giugno 2017, n. 103 ha visto la soppressione del problema. Non si è realizzata l’abrogazione dell’art 148 c.p. (6) con la conseguente equiparazione dei disturbi psichici a quello fisici ai fini del rinvio della pena ex art. 147 c.p. e della detenzione domiciliare ex art. 47 ter co. 1 ter. Non si è avuto il potenziamento delle articolazioni tutela di salute mentale (ATSM) negli istituti di pena e l’istituzione di “sezioni speciali” a sola gestione sanitaria. Previsione che aveva sollevato perplessità anche tra i professionisti della salute mentale, più orientati a realizzare trattamenti in contesti alternativi al carcere presso idonea struttura indicata dal competente dipartimento di salute mentale come previsto dalla Commissione Pelissero (art. 65).

E’ pur vero che tali proposte necessitavano di approfondimenti tecnici-operativi e di una concertazione con le Regioni, competenti in materia di sanità, sulle quali sarebbero ricaduti gli investimenti per le articolazioni speciali negli istituti di pena, per le misure alternative territoriali e le stesse Articolazione per la tutela salute mentale negli istituti di pena che registrano note carenze nonché la difficoltà a definire i percorsi di diagnosi e cura specie esterni.

E’ pur vero che “le ATSM sono presenti in 36 istituti penitenziari, comprendono 47 sezioni per un totale di 303 camere detentive disponibili e alla data del 3.1.2019 sono presenti n. 318 detenuti”. Esse “sono caratterizzate da una gestione prevalentemente sanitaria” e “in ordine alla dotazione di personale medico e sanitario addetto alle ATSM e alla capacità di cura, si fa presente che anche questo aspetto attiene alle competenze delle Regioni e delle Aziende Sanitarie Locali, che procedono in autonomia alla definizione del presidio sanitario.”(7)

Questo lo stato delle cose e certamente “la mancata attuazione del criterio di legge delega relativo al potenziamento dell’assistenza psichiatrica – che si è tradotta in una puntigliosa soppressione di qualsiasi previsione del progetto Pelissero finalizzata ad intercettare e a rispondere al disagio psichico di detenuti e internati – non trova ragionevole giustificazione,”(8) né aiuta a costruire una maggiore sicurezza.

A questo punto viene un sospetto: l’attuale governo, o parte della sua maggioranza, ha in mente un cambiamento della legge 180? In questa direzione va il disegno di legge Marin (9) presentato a giugno 2018 che estende anche all’ambito ordinario e non solo agli autori di reato un obbligo di cura protratto, modificando i requisiti per il TSO e prevedendo che la prima condizione per un ricovero obbligatorio consista “in condizioni di degenza ospedaliera solo in presenza di un disturbo mentale con manifestazioni di aggressività auto o eterodiretta”. A tal fine indica che “le regioni devono individuare le strutture residenziali psichiatriche per i trattamenti protratti, che devono essere dotate di posti letto superiori a trenta”.

In altre parole siamo di fronte ad un ecclissi delle riforme (180 e 81/2014 di cui è figlia), ad un tentativo di ritorno al passato, ad un rilancio delle soluzioni istituzionali? In questo quadro si possono leggere alcune prese di posizione sull’(ex) OPG di Castiglione delle Stiviere.  Un disegno non esplicito ma abbozzato anche dalle dichiarazioni sulla 180 del vicepremier Salvini, secondo uno stile in base al quale prima si prepara il “clima” (10) per riaffermare, al momento opportuno (un incidente?) il merito che nello specifico sarebbe una soluzione coercitiva e istituzionalizzante nella cura della persona con disturbi mentali, autrice o meno di reati? E perché no, tante Residenze protratte con “almeno” 30 posti (è curioso che si fissi un minimo e non un massimo) e con “nuovi OPG”?

L’ intervento di Salvini ha suscitato le reazioni di società scientifiche e associazioni di utenti e familiari (11) molto attente a difendere la legge 180, i diritti e la dignità delle persone con disturbi mentali. Ma forse non basta e serve un’azione resistente che riproponga la necessità di definire un sistema unitario di cura per la persona con disturbi mentali anche se autrice di reati. Un sistema fondato su consenso informato (legge 219/2017), su una qualificazione degli interventi negli istituti di pensa orientati a misure di comunità e su un graduale superamento delle REMS, in favore di cure altamente personalizzate.

Occorre rilanciare l’azione riformatrice dei codici penale e di procedura penale rendendoli finalmente coerenti con la legge 180/1978 e non con la 36/1904. Bisognerebbe trovare il coraggio di affrontare imputabilità, doppio binario, pericolosità sociale, misure di sicurezza e con molto realismo affrontare il tema del funzionamento del sistema senza OPG. Una specifica Consensus conference potrebbe coinvolgere i diversi soggetti competenti, affrontare le contraddizioni, definire e valorizzare le buone pratiche come auspicato anche dal Consiglio Superiore della Magistratura (12). Si potrebbero così favorire lo sviluppo di protocolli a tra Stato e Regioni e una modifica dell’operatività di magistrati e operatori della giustizia. Infatti come ricorda Maisto “le prassi del Dap non sono cambiate rispetto a quelle praticate con la vecchia normativa. Non è stata attivata la Conferenza nazionale sulla salute mentale e l’Accordo Stato-Regioni del 26 febbraio 2015 non è stato ancora rivisto. Non stupisce, dunque, se, in un clima politico “repressivo” e regressivo, riprenda vigore l’ipotesi di soluzioni istituzionalizzanti piuttosto che la scelta di un sistema incentrato sulla comunità.” (13)

A questo punto è fondamentale la questione politico-culturale e a tale proposito è molto interessante quanto scrive l’Associazione Italiana dei professori di diritto penale, la quale “auspica che il tema della sicurezza dei cittadini non sia affrontato esclusivamente, né prevalentemente, sul terreno della pena carceraria: le rilevazioni criminologiche mostrano infatti che il carcere, più di ogni altra tipologia sanzionatoria, genera recidiva, e mette quindi a repentaglio la sicurezza dei cittadini. Di qui l’esigenza di fare ricorso alla pena carceraria solo in quanto appaia assolutamente necessaria, per mancanza di altri strumenti sanzionatori in grado di rispondere altrettanto efficacemente a un determinato fenomeno criminale. Inoltre, nei limiti in cui il carcere appaia strumento indispensabile di tutela della collettività, si richiama l’attenzione sull’opportunità che in carcere siano previsti alcuni spazi per scelte responsabili del detenuto, così da creare condizioni di vita reclusa progressivamente sempre più prossime, nei limite del possibile, a quelle alle quali il condannato farà ritorno, una volta espiata la pena: di questa esigenza si dovrebbe tener conto, allorché si procedesse, come prospettato nel Contratto di Governo, a rivedere e modificare il protocollo della sorveglianza dinamica e del regime penitenziario aperto. Un fondamentale apporto alla reintegrazione sociale del condannato a pena carceraria, secondo quanto previsto dall’art. 27 co. 3 Cost., può venire inoltre da un equilibrato dosaggio tra flessibilità della pena in fase esecutiva e certezza dei criteri di adeguamento ai progressi compiuti dal condannato in un percorso di graduale ritorno alla società libera. Va sottolineato che i tassi di recidiva di chi ha scontato la pena, in tutto o in parte, nella forma di una misura alternativa al carcere sono di gran lunga inferiori a quelli che si registrano tra coloro che hanno scontato la pena per intero tra le mura carcerarie. Chi abbia a cuore la sicurezza dei cittadini e una vita sociale ordinata dovrebbe dunque guardarsi, a nostro avviso, dalla tentazione di demonizzare le misure alternative e in genere le pene non carcerarie: a dispetto di pregiudizi diffusi nell’opinione pubblica, meno carcere può significare più sicurezza per i cittadini.” (14) Il sonno della ragione… (15)

  1. “REMS e OPG. E’ criminale la nostalgia, ma forse lo è anche l’ipocrisia” di Mario Iannucci e Gemma Brandi  con la successiva replica di Francesco Maisto
  2. Basaglia F. Conferenze brasiliane, Raffaello Cortina ed., 21 giugno 1979, pag 62
  3. Corleone F. (a cura di) “Manicomi criminali. La rivoluzione aspetta la riforma” QCR 1/2018, Pacini Ed.
  4. http://www.ristretti.it/areestudio/disagio/ricerca/index.htm 
  5. D. lgs. 2 ottobre 2018, n. 121, Disciplina dell’esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni, in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 81, 83 e 85, lettera p), della legge 23 giugno 2017, n. 103; d. lgs. 2 ottobre 2018, n. 123, Riforma dell’ordinamento penitenziario, in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 82, 83 e 85, lettere a), d), i), l), m), o), r), t) e u), della legge 23 giugno 2017, n. 103; d. lgs. 2 ottobre 2028, n. 124, Riforma dell’ordinamento penitenziario in materia di vita detentiva e lavoro penitenziario, in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 82, 83 e 85, lettere g), h) e r), della legge 23 giugno 2017, n. 103.
  1. Su questo dovrebbe pronunciarsi a febbraio 2019 la Corte Costituzionale (Piccione D. La salute mentale fuori dal carcere. SOS Sanità 5/2019 http://www.sossanita.org/archives/5541 )
  2. Relazione del Ministero sull’Amministrazione della Giustizia Anno 2018. giustizia.it/resources/cms/documents/anno_giudiziario_2019_dap.pdf
  3. Angela Della Bella Riforma dell’’Ordinamento Penitenziario: Le novità in materia di assistenza sanitaria, vita detentiva e lavoro penitenziario, Decreti legislativi 2 ottobre 2018, n. 123 e 124 (G.U. 26 ottobre 2018) Diritto Penale Contemporaneo, 7 novembre 2018  https://www.penalecontemporaneo.it/d/6317-riforma-dell-ordinamento-penitenziario-le-novita-in-materia-di-assistenza-sanitaria-vita-detentiva
  4. Disegno di legge 656/2018 Sen Marin ed al. “Modifica degli articoli 33, 34 e 35 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, in materia di accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”
  1. In un intervento televisivo su La7, In Onda il ministro Salvini ha definito la 180 ”una legge assurda che ha causato miseria e abbandono per migliaia di famiglie di pazienti psichiatrici, abbandonando il tema della psichiatria sulle loro spalle, chiudendo tutte le strutture di cura che c’erano per i malati psichici” e che inoltre “ha causato una esplosione di aggressioni da parte di persone affette da disturbi mentali”.
  2. Legge 180. Sip e Sisism contro Salvini: “L’unico abbandono è quello dello Stato verso i malati” http://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=63699 – “La legge 180 sopravviverà anche a Salvini”. Unasam Il Manifesto Sardo 1 Agosto 2018 manifestosardo.org/la-legge-180-sopravvivera-anche-a-salvini/
  3. Disposizioni urgenti in materia di superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) e di istituzione delle Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), di cui alla legge n. 81 del 2014. Questioni interpretative e problemi applicativi” 19 aprile 2017.  “Risoluzione sui Protocolli operativi in tema di misure di sicurezza psichiatriche” del 21 settembre 2018.
  1. Maisto F. Criminale è la nostalgia del manicomio Il Manifesto, 30 gennaio 2019
  2. Associazione Italiana dei Professori di Diritto Penale Due comunicati su recenti modifiche e progetti di riforma del sistema penale: Pena carceraria e Politiche    Diritto Penale Contemporaneo,  23 novembre 2018 https://www.penalecontemporaneo.it/d/6347-due-comunicati-dell-associazione-italiana-dei-professori-di-diritto-penale-su-recenti-modifiche-e-p
  3. Il sonno della ragione genera mostri, Acquaforte di Francisco Goya 1797

 

Pietro Pellegrini – Dipartimento Assistenziale Integrato Salute Mentale Dipendenze Patologiche Ausl di Parma Largo Natale Palli 1/B, 43126 Parma, tel. 0521-396624/8, fax 0521-396633, E-Mail <ppellegrini@ausl.pr.it>.

 

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