L’epidemia di obesità può aspettare. di Adriano Cattaneo

Negli USA, epicentro dell’epidemia di obesità, si fa di tutto per evitare la tassazione dei cibi e delle bevande che l’hanno innescata. Anche ricorrendo a una sorta di referendum preventivo, per impedire che a qualche sconsiderato amministratore pubblico possa venire in mente, ora o in futuro, questa balzana idea. Gli USA non sono l’unico paese in cui la lobby dello zucchero e delle bibite zuccherate ha fatto e sta facendo pressione contro la sovrattassa di cui sopra. Anni fa anche in Italia era stata ventilata la proposta di una sovrattassa sulle bibite zuccherate, con immediata retromarcia dopo le minacce della lobby. Ci ha timidamente provato anche l’attuale governo nella stesura della legge di bilancio 2019, ma dopo le pressioni dei soliti noti, la proposta è stata ritirata.

Non dovremmo essere tassati su ciò che mangiamo. Abbiamo bisogno di mangiare per vivere e se dovremo risparmiare su ciò che mangiamo, non sarà una bella cosa, specialmente per gli anziani”.  Si tratta di uno degli slogan che invitavano gli elettori a votare sì a un referendum popolare indetto dal governo dello stato di Washington, USA, e tenutosi il 6 novembre 2018.[1] Il referendum chiedeva ai cittadini dello stato se erano contrari a qualsiasi forma di sovrattassa sui generi alimentari. Peccato che non vi fosse nessuna legge né proposta di legge mirante a introdurre sovrattasse sui generi alimentari. Si tratta quindi di un referendum preventivo, per evitare che a qualche sconsiderato amministratore pubblico possa venire in mente, ora o in futuro, questa balzana idea. Per la cronaca, i sì hanno vinto 56% a 44%. Risultato simile in un simile referendum svoltosi quasi in contemporanea nello stato dell’Oregon: 57% a 43%. Altri stati USA (Michigan, Arizona, California) avevano in precedenza ottenuto lo stesso risultato per via legislativa normale anziché per via referendaria. In tutti questi stati, in altri che seguiranno, e in moltissime città USA che hanno già approvato misure simili a livello municipale, sarà d’ora in poi proibito, salvo nuove leggi, imporre sovrattasse sui generi alimentari.

Ma c’entravano qualcosa gli anziani? Per nulla, perché in realtà il referendum mirava occultamente a prevenire l’imposizione di sovrattasse sulle bibite zuccherate, pericolose soprattutto per bambini e adolescenti in quanto associate ad un aumento del rischio di obesità.[2] La campagna per il sì era stata finanziata con 20 milioni di dollari da quattro donatori: Coca-Cola, PepsiCo, Keurig-Dr Pepper e Red Bull, i maggiori produttori di bibite zuccherate. L’opposizione, riunita in un’alleanza chiamata Healthy Kids Coalition (Coalizione Bambini Sani) era riuscita a malapena a racimolare 16.000 dollari, pochino per contrastare la potenza di fuoco delle multinazionali.[3] Il referendum, com’è ovvio, era stato voluto dal governo statale, ma probabilmente dietro azione di lobby da parte delle ditte produttrici di bibite zuccherate. Le quali hanno scelto questa strategia – referendum preventivi riguardanti sovrattasse sui generi alimentari – in parte per nascondersi dietro un paravento, ma soprattutto perché prevedono di vincerli; previsione che si sta puntualmente avverando. Mentre perdevano quando i referendum erano, oltre che voluti senza interferenze dalle amministrazioni di città e stati, focalizzati su domande specifiche del tipo: “Volete che si imponga una sovrattassa sulle bibite zuccherate, che sappiamo essere associate ad un aumento dell’obesità nei bambini?”. Sovrattasse conseguenti a referendum di questo tipo, o a semplici disposizioni di legge, sono già in vigore in alcune città USA (tra le più importanti, Filadelfia, San Francisco e Seattle) e in alcune dozzine di paesi in giro per il mondo. Si tratta di sovrattasse di pochi centesimi a confezione, ma sufficienti a ridurre l’acquisto e l’uso di bevande zuccherate.[4]

Gli USA non sono l’unico paese in cui la lobby dello zucchero e delle bibite zuccherate ha fatto e sta facendo pressione contro la sovrattassa di cui sopra. Il caso del Messico, uno dei paesi con i più alti tassi di obesità nei bambini e negli adolescenti e con i maggiori consumi pro capite di bibite zuccherate, è ben conosciuto. Nel 2002, il governo messicano aveva imposto una tassa sullo sciroppo di fruttosio – lo zucchero, quasi sempre derivato dal mais, più usato dai produttori di bibite zuccherate – nel tentativo di aumentare il prezzo delle bibite e diminuirne il consumo. La Cargill, una delle tre multinazionali USA che dominano la produzione e il commercio di soia, cereali e derivati, ha denunciato nel 2005 il governo del Messico per “aver messo a repentaglio i profitti derivanti dai suoi investimenti nella produzione e nel commercio di fruttosio derivato dal mais per la dolcificazione delle bibite”.[5] La denuncia è stata presentata al tribunale delle dispute del NAFTA, l’accordo di libero commercio siglato da USA, Canada e Messico nel 1992 e recentemente sostituito da un nuovo accordo voluto da Donald Trump, con una richiesta di risarcimento per oltre 100 milioni di dollari. Dopo una sentenza favorevole alla ditta nel 2007, il governo messicano ha pattuito per circa 77 milioni di dollari nel 2009 e li ha pagati nel 2013,[6] ovviamente rinunciando alla tassa sullo sciroppo di fruttosio. Data la gravità dell’epidemia di obesità, il Messico ha comunque deciso di applicare una sovrattassa di circa il 10% sulle bibite zuccherate a partire dal gennaio del 2014. In quell’anno, la vendita di bibite zuccherate è diminuita del 5,5%, l’anno successivo del 9,7%, e si prevede che continuerà a diminuire, con effetti positivi sui tassi di obesità.[7]

Anni fa, nel 2012, anche in Italia era stata ventilata la proposta di una sovrattassa sulle bibite zuccherate. Ne aveva accennato l’allora ministro della salute Balduzzi durante un’intervista telefonica. Apriti cielo! Levata di scudi da parte dell’industria, ma anche di partiti, sindacati e cittadini, e immediato insabbiamento preventivo della tassa. Ci ha timidamente provato anche l’attuale governo nella stesura della legge di bilancio, ma dopo le proteste dei soliti, la proposta è stata ritirata.[8] Ma la sovrattassa sulle bibite zuccherate è già in vigore in molti paesi europei: Ungheria, Francia, Belgio, Danimarca, Finlandia, Spagna, Portogallo, Norvegia, Estonia, Irlanda e, ultima arrivata, la Gran Bretagna pre-brexit. Gran Bretagna, Portogallo e Francia, che ha rinnovato da pochi mesi la sua vecchia legge del 2012, hanno optato, diversamente dagli altri paesi europei, che hanno una flat tax, su una sovrattassa progressiva, che aumenta cioè con l’aumento del tenore di zuccheri nelle bibite. E sembra che funzioni. Il Portogallo fa pagare una sovrattassa di 8,22 euro ogni 100 litri per le bibite con meno di 80 grammi/litro di zucchero. La sovrattassa raddoppia a 16,46 euro per 100 litri sopra questo valore. L’obiettivo, quindi, non è solamente ridurre il consumo di queste bibite, ma spingere i produttori a diminuire il tenore di zucchero. In una lettera pubblicata sul Lancet,[9] gli autori riportano una riduzione dei consumi del 7% in un anno, con una diminuzione dell’11% dell’ingestione di calorie e una stima di 1600 casi e 27 decessi per obesità evitati. Inoltre, le bibite con oltre 80 grammi/litro di zucchero, che rappresentavano più del 60% del totale prima dell’emanazione della legge, rappresentano ora il 37%, tanto che il governo pensa di modificare la legge introducendo quattro livelli di sovrattassa al posto dei due attuali.

Un’annotazione finale riguardante referendum e leggi preventive. Quelli descritti all’inizio non se li sono inventati Coca-Cola e Pepsi-Co. Prima delle bibite avevano riguardato le armi da fuoco: referendum e leggi per rendere impossibile a città e stati legiferare o svolgere referendum per limitare la possibilità di acquistare armi per autodifesa. Attualmente sono più di 40 gli stati USA con leggi di questo tipo, stati nei quali qualsiasi iniziativa federale per ridurre l’acquisto e la circolazione di armi da fuoco, ideata da qualche emulo più radicale di Obama, non avrebbe effetto alcuno.[10] Sembra che i venditori di prodotti nocivi abbiano trovato, almeno negli USA, la scappatoia legale per evitare limitazioni ai loro sporchi affari. Speriamo che questa moda non prenda piede anche dalle nostre parti.

Adriano Cattaneo, epidemiologo, Trieste

Bibliografia

[1] https://ballotpedia.org/Washington_Ban_Sales_Tax_on_Groceries_Initiative_(2018)

[2] Malik VS, Pan A, Willett WC, Hu FB. Sugar-sweetened beverages and weight gain in children and adults: a systematic review and meta-analysis. Am J Clin Nutr 2013;98:1084-102

[3] Kamerow D. Under the cover of groceries: beating sugar taxes. BMJ 2018;363:k5111

[4] Falbe J, Thompson HR, Becker CM, et al. Impact of the Berkeley excise tax on sugar-sweetened beverage consumption. Am J Public Health 2016;106:1865-71

[5] https://investmentpolicyhub.unctad.org/ISDS/Details/204

[6] https://www.reuters.com/article/us-cargill-mexico-idUSBRE91K1GB20130221

[7] Colchero MA, Rivera-Dommarco J, Popkin BM et al. In Mexico, evidence of sustained consumer response two years after implementing a sugar-sweetened beverage tax. Health Aff 2017;36:564-71

[8] https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-11-16/tassa-bevande-zuccherate-imprese-blocco-assunzioni-e-investimenti-173545.shtml?uuid=AEFARSiG&refresh_ce=1

[9] Goiana da Silva F, Cruz e Silva D, Gregorio MJ, et al. The future of the sweetened beverages tax in Portugal. Lancet Public Health 2018;3:PE562 https://doi.org/10.1016/S2468-2667(18)30240-8

[10] https://everytownresearch.org/fact-sheet-preemption-laws/

Fonte: saluteinternazionale.info

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