Il 2018 si è chiuso con il fallimento della speranza di una grande riforma. Il lavoro prodotto dai tavoli tematici degli Stati Generali è stato sotterrato e la delusione nelle carceri è assai forte. In alcuni casi drammatici si trasforma in disperazione.
Il 2019 si preannuncia come un anno terribile. Sono state diffuse recentemente dal vertice del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria delle cosiddette Linee programmatiche che disegnano una vera controriforma.
Proprio nel momento in cui il sovraffollamento sta prendendo corpo, si immagina la cancellazione di ogni esperienza di buone prassi presenti sul territorio a favore di un regime standardizzato e uniforme, calato e imposto dall’alto, o meglio dal centro.
Si preannuncia una sorveglianza verso i detenuti con la caratteristica dell’utilizzo degli strumenti di punizione arcaici come i trasferimenti.
Si abbandona l’idea di un carcere trasparente organizzando una informazione controllata dal vertice.
Addirittura si ipotizza l’inquadramento dei direttori e dei provveditori nei ruoli della polizia penitenziaria. Si propone di tornare alle celle chiuse venti ore al giorno con però la disponibilità di molti canali televisivi. Infine si vuole organizzare lavoro gratuito da parte dei detenuti come misura trattamentale, una riedizione del carcere come fabbrica.
Sandro Margara aveva compreso per tempo la deriva che si stava imboccando. L’8 e 9 febbraio a Firenze si parlerà di “Carcere e Costituzione” proprio ripartendo dal suo pensiero.
Sarà una occasione per organizzare la resistenza in nome del diritto, dei diritti e dello Stato di diritto. Soprattutto per imporre una discussione pubblica contro silenzio e omertà.
Fonte: L’Espresso