Il testo è la sintesi dell’articolo pubblicato nel n. 2 2018 di Rps e scaricabile dagli abbonati nella versione integrale al link:
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L’articolo presenta una comparazione delle politiche di reddito minimo in dieci paesi europei (Gran Bretagna, Germania, Paesi Bassi, Svezia, Francia, Spagna, Portogallo, Italia, Grecia e Polonia) focalizzandosi sulle differenze nell’accesso, sui livelli di condizionalità previsti, sulla generosità e sulle innovazioni introdotte negli ultimi anni. In particolare, a partire dall’introduzione delle politiche di reddito minimo nell’Europa del secondo dopoguerra, si dà evidenza dell’evoluzione nel corso dei decenni che ha condotto al passaggio da singole misure di reddito minimo a sistemi integrati di vari trasferimenti monetari. La tesi sostenuta è che nel contrasto alla povertà si stia passando a misure di reddito minimo fortemente condizionate, ma sempre più integrate a strumenti di altra natura.
La sezione 2 analizza dapprima l’evoluzione delle politiche di reddito minimo europee nel corso dei decenni, soffermandosi sulla loro trasformazione da strumenti passivi di trasferimento monetario a politiche di inserimento attivo dei beneficiari, fino all’ultima fase, in cui in molti paesi tali politiche sono perlopiù destinate a poveri disoccupati e abili al lavoro e vengono integrate in modo sempre più complementare all’interno di schemi articolati, fatti di politiche categoriali di protezione del reddito. La seconda parte della sezione è dedicata ad una analisi delle politiche di reddito minimo nei dieci paesi sopra menzionati, comparando in particolare i tratti di condi-zionalità nell’accesso alle misure –sia con riferimento ai requisiti di natura anagrafica, sia a quelli di natura economica e legati all’impegno di inserimento lavorativo – e la loro generosità. In sintesi ne emerge un quadro in cui solo nei Paesi Bassi, tra i casi considerati, il rapporto tra importo del reddito minimo e soglia della povertà risulta adeguato: in tutti gli altri paesi tale rapporto è molto basso, mostrando una inadeguatezza di massima delle politiche di reddito minimo nel contrastare da sole la povertà.
Con l’ausilio dei micro-dati trasversali per gli anni 2008, 2012 e 2016 dell’indagine Eu-Silc, la sezione 3 mostra una valutazione dell’impatto del complesso delle politiche di natura assistenziale o assicurativa sulla povertà a livello nazionale. Inoltre, si rileva in che modo i sistemi di trasferimento hanno reagito alla crisi economica, mettendo in luce le differenze esistenti tra alcuni paesi europei in termini di composizione della spesa e di efficacia nel contrasto alla povertà.
I risultati mostrano grandi differenze tra i diversi paesi, sia dal punto di vista strutturale sia come risposta agli effetti prodotti dalla crisi. A differenza degli altri paesi considerati, i paesi dell’Europa meridionale tendono a dedicare la maggior parte della spesa in trasferimenti ai sussidi per la disoccupazione. La crisi economica sembra aver peggiorato questo scenario, soprattutto nel periodo 2008-2012 e in Italia, dove anche nel 2016 la spesa per disoccu-pazione aumenta ancora a discapito di tutte le altre voci di spesa (famiglia, housing e contrasto alla povertà e all’esclusione sociale in senso stretto). Dai dati emerge un livello mediamente più basso di spesa pro capite totale per trasferimenti nei paesi mediterranei e dell’Est Europa, sebbene si registri un forte aumento trail 2008 e il 2016 della spesa «mirata» alle famiglie in povertà in quasi tutti i paesi trattati nell’analisi.
Un confronto tra lo scenario attuale e quello ipotetico di assenza dei trasferimenti sociali dai redditi delle famiglie beneficiarie, infine, evidenzia che i sistemi di trasferimento più efficaci nel contrasto alla povertà sono quelli della Svezia e della Francia, che i sistemi dei paesi mediterranei e della Polonia sono i peggiori anche in termini di efficacia, e che i trasferimenti per povertà o esclusione sociale in senso stretto (che dovrebbero contenere al proprio interno le misure di reddito minimo) hanno il minor impatto sull’incidenza della povertà. Ciò che emerge, in generale, è il ruolo marginale assunto dai trasferimenti finalizzati al contrasto della povertà e dell’esclusione sociale in senso stretto, da cui l’importanza di una visione allargata a un insieme più ampio di trasferimenti.
Massimo Baldini è professore associato di Scienza delle finanze nel Dipar-timento di Economia «Marco Biagi» dell’Università di Modena e Reggio Emilia e membro del Centro analisi politiche pubbliche (Capp).
Gianluca Busilacchi è ricercatore di Sociologia economica all’Università di Macerata.
Giovanni Gallo è assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Economia «Marco Biagi» dell’Università di Modena e Reggio Emilia e membro del Centro analisi politiche pubbliche (Capp).