Quest’anno, fino ad oggi, sono stati 63 i suicidi nelle carceri italiane. Un numero così alto non si registrava dal 2011, quando furono 66. Erano stati 53 lo scorso anno, 45 nel 2016, e si erano fermati a 43 nel 2015. Vi è una crescita in termini assoluti e percentuali; mentre nel 2015 si è suicidato un detenuto ogni 1200 detenuti presenti, nel 2018 se ne è suicidato uno ogni 950. Il tasso di suicidi nelle persone libere è pari a 6 persone ogni 100mila residenti. In carcere ci si ammazza diciannove volte in più che nella vita libera.
Benché i suicidi dipendano da cause personali che non è possibile generalizzare, è facile immaginare come le condizioni di detenzione possano contribuire al compimento di questo atto estremo. “Più cresce il numero dei detenuti – dichiara Patrizio Gonnella, presidente di Antigone – più alto è il rischio che essi siano resi anonimi. L’alto numero delle persone recluse aumenta il rischio che nessuno si accorga della loro disperazione, visto che lo staff penitenziario non cresce di pari passo, anzi. I suicidi non si prevengono attraverso pratiche penitenziarie (celle disadorne o controlli estenuanti) che alimentano disperazione e conflitti. Né si prevengono prendendosela con il capro espiatorio di turno (di solito un poliziotto accusato di non sorvegliare il detenuto in modo asfissiante). Va prevenuta la voglia di suicidarsi più che il suicidio in senso materiale”.
“La prevenzione dei suicidi – prosegue Gonnella – richiede l’approvazione di norme che assicurino maggiori contatti con l’esterno e con le persone più care, nonché un minore isolamento affettivo, sociale e sensoriale. Il carcere deve riprodurre la vita normale. Nella vita normale – sottolinea il presidente di Antigone – si incontrano persone, si hanno rapporti affettivi ed intimi, si telefona, si parla, non si sta mai soli per troppo tempo”.
Per questo Antigone ha presentato ai componenti della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica una proposta di legge che punti a rafforzare il sistema delle relazioni affettive, ad aumentate le telefonate, a porre dei limiti di tempo ai detenuti posti in isolamento.
“Abbiamo pensato ad un articolato molto breve che, andando a modificare la legge che regola l’ordinamento penitenziario approvata nel 1975, consenta di prevenire i suicidi nelle carceri” conclude Patrizio Gonnella.