I giovani e la cultura dell’inclusione. di Anna Maria Comito

La società è un insieme di persone diverse, minori, adulti, anziani, uomini, donne, di paesi, etnie, religioni, orientamenti sessuali, censo, abilità  diverse,  ma tutte hanno il diritto umano naturale di vivere in una società di pari opportunità. Ne discende chiaramente l’assoluta necessità dell’inclusione di tutti e della non discriminazione.
Pertanto, in particolare, il tema dell’inclusione delle persone con disabilità o di altre persone cosiddette “diverse” è cruciale. È una questione alla quale tutti dobbiamo porre la massima attenzione, perché un approccio inclusivo alle persone con disabilità o ad altre persone con fragilità fa parte di quei diritti-doveri umani imprescindibili che impongono di agire precocemente in àmbito formativo, a partire dai primi anni della vita fino alla piena maturità, in modo da diventare sempre più patrimonio condiviso  di tutti i cittadini (genitori, figli, insegnanti, studenti ecc.), anche suscitando questioni e momenti di riflessione, capaci di produrre, nella quotidianità di ciascun individuo, atteggiamenti inclusivi e non discriminatori.

In considerazione di tali propositi, vorrei fare riferimento al Consiglio d’Europa – da non confondere con il Consiglio dell’Unione Europea -, che è nato nel 1949 e ha sede a Strasburgo.
Si tratta della principale organizzazione di difesa dei diritti umani del Vecchio Continente e Include 47 Paesi europei  segnatari  della Convenzione  Europea dei Diritti dell’Uomo. Esso ha proclamato nel 1950 la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, trattato concepito per proteggere e regolare i diritti umani, tra cui la non discriminazione basata su etnia, disabilità, genere, orientamento sessuale, religione, età e differenze culturali.
L’applicazione dei princìpi e dei valori dei diritti umani nei riguardi di tutti è una condizione inderogabile dell’inclusione, soprattutto per le persone più vulnerabili, la cui discriminazione ne rappresenta un’evidente violazione, purtroppo spesso tollerata. Una cultura inclusiva prevede invece il riconoscimento della dignità umana in tutte le sue espressioni e la capacità di cogliere una sfida costruttiva per lo sviluppo nella diversità di opportunità creative.
L’inclusione, quindi, è un diritto umano inalienabile, così come il diritto alla vita, che ogni persona dovrebbe concepire naturalmente. È l’architrave stesso dello sviluppo sociale e un elemento  fondamentale per il successo di ogni persona, capace di fare della diversità una risorsa.

Purtroppo, ancora oggi, nonostante le numerose Leggi al riguardo, tra cui la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dall’Italia con la Legge dello Stato 18/09che si fonda sul diritto e non sull’assistenzialismo, le persone con disabilità continuano a incontrare ostacoli nella loro partecipazione alla società come membri uguali e ad essere oggetto di violazioni dei loro diritti.
Pertanto, la tematica dell’inclusione deve’essere affrontata trasversalmente, coinvolgendo il mondo della scuola nella sua totalità (studenti, docenti e genitori), ma anche quello dello sport, del lavoro, della famiglia e di tutti coloro che in modo diretto o indiretto interagiscono con i giovani e la loro realtà.
Occorre rafforzare la capacità di ogni scuola di realizzare elevati standard di qualità nell’inclusione, anche attraverso la formazione di figure di referenti, promuovendo metodologie didattiche inclusive (piccoli gruppi; turnazione dei posti sui banchi in classe; organizzazione di ricerche insieme; teatro; incentivazione del volontariato…).
Ritengo inoltre  che sarebbe opportuno favorire la relazione tra le famiglie e con le Associazioni di giovani, valorizzando in tal modo la condivisione di obiettivi e le modalità di lettura e di risposta ai bisogni.

Per concludere, una cultura inclusiva vuol dire accettare senza distinzione e non rifiutare le differenze, anzi valorizzarle insieme alle unicità di ciascuno di noi. È una cultura che necessita della capacità di riconoscere le barriere presenti nei contesti, che vanno ben oltre quelle architettoniche, e si nascondono nel linguaggio, nelle abitudini, nei pregiudizi sociali, nelle scelte politiche. La cultura dell’inclusione ha bisogno, talora, della capacità di “inventare” nuovi supporti e facilitatori alla partecipazione sociale.
Vorrei perciò incoraggiare tutti gli studenti a conoscere le “persone in difficoltà” e credo che la collaborazione, l’aiutarsi tra compagni sia un gesto che va al di sopra di tutte le leggi e regolamenti. L’inclusione non ha bisogno di legge, sono le persone che la fanno! E sempre agli studenti dico: non rassegnatevi mai, e soprattutto non abbiate paura di andare contro corrente, all’insegna delle parole “Tutti uguali, ma tutti diversi”, ricordando cioè che la differenza è una ricchezza in una società civile che è in grado di includere e integrare.

 

Anna Maria Comito è Presidente della Consulta per le Politiche in favore delle Persone con Disabilità del Municipio Roma 1 Centro; presidente di CO.FA.AS. “Clelia”(Coordinamento Familiari Assistenti “Clelia”). Il presente testo è un estratto, con alcuni riadattamenti, dalla relazione presentata da Comito all’incontro/dibattito “Il Consiglio d’Europa e i giovani: il primato del diritto all’inclusione”, Locri (Reggio Calabria), 23 novembre 2018.

Fonte: superando

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