Nel settore della sanità sono in gioco forti interessi economici. Per questo imparare a riconoscere le condizioni di conflitto di interesse è la base per avviare una seria politica di prevenzione, o di identificazione precoce delle situazioni di rischio che possono arrecare danno alla salute delle persone o compromettere la fiducia dei cittadini. Il libro spiega le strategie messe in atto per influenzare le scelte dei professionisti e dei cittadini, sottolineando la necessità di elaborare strategie per ridurre al minimo i rischi. Per affrontare il conflitto d’interesse la parola d’ordine è: costruire consapevolezza.
Chi paga dà gli ordini (olandese).
Canto la canzone di chi mi dà il pane (ceco, olandese, tedesco).
Non morderai la mano di chi ti nutre (inglese).
Solo in una trappola per topi trovi formaggio gratis (russo).
Non invitare la volpe nel pollaio (inglese).
Non fidarti della capra con il cavolo (ungherese).
Chi suona il piffero dà il tono (inglese).
Non si può essere giudice e giudicato (francese).
Con questo elenco di proverbi popolari di vari paesi si apre il libro di Dirindin, Rivoiro e De Fiore dedicato ai conflitti d’interesse e salute[1]. Un libro (il primo, in italiano, che io ricordi) che tratta in maniera sistematica questo tema, complesso e spinoso. Il lavoro parte da un’attenta analisi della letteratura scientifica sui conflitti di interesse nel settore della salute, per arrivare a discutere le esperienze positive di sostegno all’integrità, ormai numerose in tutto il settore e in tutti i paesi, spesso ancora confinate nell’ambito delle enunciazioni di principio condivise, ma poco praticate.
Gli ambiti connessi col conflitto d’interessi e esplorati in profondità sono cinque: a) la ricerca scientifica; b) il mondo accademico; c) Il mondo dei pazienti e dei cittadini; d) l’industria alimentare; e) la formazione e la comunicazione scientifica. A ognuno di essi è dedicato un capitolo, ognuno dei quali ha una vita autonoma, in modo che il lettore possa approfondire ciò che più lo interessa, ma – suggeriscono gli autori – “ci permettiamo di raccomandare la lettura del primo capitolo che non a caso serve a inquadrare le diverse tematiche sviluppate nei successivi capitoli”.
Il primo capitolo è lì infatti per rispondere a una semplice domanda: “Che cosa sono i conflitti d’interesse?”.
Una prima storica definizione, che anche per la sua fulminea brevità può ancora oggi presa a riferimento, è quella di Dennis Thompson (1993), fondatore e poi direttore dell’Harvard University Center for Ethics and the Professions:
Un insieme di condizioni per cui un giudizio professionale concernente un interesse primario tende a essere indebitamente influenzato da un interesse secondario.
Definizione lievemente e utilmente ampliata da Bobbio (2004):
Una condizione nella quale il giudizio di un professionista della salute riguardante un interesse primario – ovvero la salute di un paziente o la veridicità dei risultati di una ricerca – tende a essere influenzato da un interesse secondario, come il guadagno economico o un vantaggio personale.
Se le citate definizioni si limitano a due-quattro righe di testo, il primo capitolo del libro dedica ben sedici pagine all’approfondimento del concetto, suddiviso in dieci punti. Ne riportiamo per intero due (1 e 3).
- “Il Conflitto di interessi (CdI) è una condizione. In primo luogo il CdI non si identifica con un’azione o un comportamento, ma è una condizione, un insieme di circostanze, una situazione di rischio presente molto diffusamente nell’ambiente sanitario, sia in quello della ricerca sia in quello dell’assistenza. Una condizione in cui una persona si trova a dover considerare più interessi fra loro (almeno in parte) contrapposti, rispetto ai quali dovrà prendere delle decisioni essendo esposto al rischio di comportamenti che in prima battuta potremmo definire inadeguati. In quanto condizione, al CdI non può essere attribuita una dimensione etica né può essere associato un giudizio di valore. Il CdI è una sorta di stato di natura: va riconosciuto, valutato, gestito, possibilmente prevenuto, come qualunque altra condizione di rischio, ma fa parte degli elementi (quasi) naturali dell’habitat in cui si muovono gli operatori della salute. Esiste cioè in quanto condizione legata al contesto ambientale, culturale, scientifico, economico e operativo del mondo della sanità che ogni professionista deve affrontare quotidianamente nello svolgimento del proprio lavoro.”
- “Il CdI comporta una relazione fra più soggetti. Una importante caratteristica presente in tutte le nozioni di CdI è il coinvolgimento di più soggetti nelle relazioni che lo determinano. Affinché si verifichi la condizione di conflitto di interessi è necessario che esista, che sia in essere, un qualche tipo d relazione fra due o più soggetti aventi interessi (obiettivi) almeno in parte divergenti, in grado, se non correttamente gestiti, di compromettere il raggiungimento dell’obiettivo primario all’origine della relazione. Il caso classico è la relazione fra paziente e medico: il raggiungimento dell’obiettivo primario del paziente (il miglioramento del suo stato di salute) può essere compro- messo dal perseguimento da parte del professionista di un altro interesse, detto appunto secondario (ambizione professionale, guadagno economico, avanzamento di carriera, ansia di apparire in grado di fornire aiuto, tempo per coltivare i propri hobby, vocazione umanitaria ecc.). Anche in un contesto di assoluta integrità è impossibile ipotizzare che un medico non abbia (anche) interessi personali, in parte contrastanti con gli obiettivi della persona da lui assistita.L’impegno e la motivazione del singolo professionista, le norme di comportamento e i codici etici sono tutti elementi che possono concorrere a far sì che il professionista si attrezzi in modo adeguato per affrontare i rischi legati alla presenza di interessi potenzialmente in conflitto e agisca nel solo interesse del suo assistito”.
La diffusione del fenomeno.
“Se chiedi a un medico se un dono lo condiziona risponderà di no, ma se gli domandi se lo stesso dono condizionerà un collega ti dirà di sì”.
A fronte di una moltitudine di professionisti che si impegnano quotidianamente con abnegazione e in modo disinteressato dentro gli ospedali e nei servizi territoriali, non possiamo non riconoscere che la quasi totalità dei medici ha legami, anche finanziari, con l’industria del farmaco e delle altre tecnologie sanitarie, ma non ha la percezione dei condizionamenti che inevitabilmente ne possono derivare. La letteratura internazionale afferma che quando un medico riceve un dono anche solo di 10 o 20 dollari (ed è la maggioranza dei casi) il suo atteggiamento nei confronti dei prodotti dell’azienda da cui proviene il regalo cambia. Ma la dimensione dei pagamenti può fare la differenza: quando cioè un regalo può essere considerato grande? È plausibile che erogazioni molto elevate sollevino maggiori preoccupazioni di quelle modeste, ma molto dipende dal tipo di relazione finanziaria e dalla natura dell’attività svolta dal medico. In ogni caso anche le gratificazioni apparentemente modeste influenzano i medici e, ad esempio, li inducono a prescrivere farmaci più costosi.
Sunshine Act
Nel 2013, gli Stati Uniti hanno avviato un programma federale di raccolta delle informazioni su tutti i pagamenti effettuati dalle industrie farmaceutiche e di dispositivi sanitari (Sunshine Act): le industrie devono obbligatoriamente dichiarare i compensi elargiti a qualsiasi titolo a medici residenti negli Stati Uniti e i medici possono ovviamente contestare quanto dichiarato. Le informazioni sono raccolte in un registro consultabile pubblicamente (Open Payments) e costituiscono una fonte inesauribile di dati e una base per studi estremamente interessanti. Il Sunshine Act, la norma per la trasparenza e la libera accessibilità dei pagamenti delle industrie, è stato voluto dall’amministrazione Obama alla luce dell’intenso dibattito sulla pervasività dei compensi elargiti ai medici che si era sviluppato negli ultimi anni negli Stati Uniti. L’obbligo di trasparenza permette di conoscere una realtà nella quale nel solo 2015 il 48% dei medici risultava aver ricevuto denaro, per un totale di 2,4 miliardi di dollari. I dati a partire dal 2013 (anno di avvio del programma) fanno emergere una situazione ancora più preoccupante: la quasi totalità dei medici a stelle e strisce ha ricevuto regali da aziende e un numero esiguo di persone è stato letteralmente coperto d’oro, per essere titolari di brevetti, aver svolto conferenze o fatto consulenze.
Cosa fare
Il capitolo finale del libro è dedicato a “come affrontare il conflitto d’interesse”. La parola d’ordine è “costruire consapevolezza”, perché “siamo convinti che l’approccio preventivo sia di gran lunga più fruttuoso di quello normativo e repressivo”. E non a caso tutti e tre gli autori del libro sono impegnati nell’iniziativa “Illuminiamo la salute”, un progetto promosso nel 2012 da quattro associazioni indipendenti che a vario titolo si occupano di legalità e politiche sanitarie (Libera, Gruppo Abele, CORIPE Piemonte e Avviso Pubblico): progetto finalizzato al confronto e alla condivisione con responsabili della trasparenza e dell’anticorruzione di molte aziende sanitarie, associazioni di categoria, ordini e collegi professionali, organizzazioni sindacali. Lo stesso CORIPE Piemonte, consorzio interuniversitario per la ricerca e la formazione, ha realizzato nel 2013 un progetto di ricerca dal titolo “Integrità e legalità nel settore sociale e sanitario”, nel cui ambito è stata realizzata una revisione della letteratura scientifica da cui traggono origine alcune parti del presente volume.
Infine, qualcosa si muove anche sul versante normativo (richiamando il citato Sunshine Act, made in USA). “Lotta alla corruzione nel sistema sanitario e massima trasparenza nei rapporti tra aziende del settore e operatori della salute sono i punti cardine del ‘Sunshine Act’, la proposta di legge che il Movimento 5 Stelle ha depositato in Parlamento come oggetto di discussione nei prossimi mesi”. Ad annunciarlo è Massimo Baroni, capogruppo M5S della Commissione Affari Sociali.
Bibliografia
- Dirindin N, Rivoiro C, De Fiore L. Conflitti di interesse e salute. Bologna: Il Mulino, 2018. P. 189.
fonte: saluteinternazionale.info