«L’abolizione del superticket tutti la vogliono ma nessuno si assume la responsabilità di proporla con forza nella legge di Bilancio». Segnali «non positivi » … arrivano dai lavori in Commissione Bilancio della Camera sugli emendamenti al Ddl. Dove l’abrogazione tout court è stata bocciata e sono state per il momento accantonate altre proposte di modifica. «Questo è grave e ci preoccupa molto perché sul punto c’era la convergenza di tutti ma questa resta la grande incompiuta della Manovra. L’auspicio è che in questi giorni o nel passaggio del testo al Senato si rimettano al centro misure per il superamento di questo balzello».
Perché è così importante?
Perché l’Istat in audizione pochi giorni fa ha dato due dati: 6 milioni sono le persone che rinunciano alle cure, di cui 4 per motivi economici e 2 per le liste d’attesa. Quindi mi sembra che il problema della rinuncia alle cure per motivi economici, che è quello più ampio, non sia affrontato nel modo giusto all’interno della legge di Bilancio. Si affronta bene il tema delle liste d’attesa – per i fondi stanziati e perché si sta lavorando al Piano nazionale – ma sulla rinuncia per motivi economici bisogna fare di più. E l’abrogazione del superticket sarebbe un passo importante. E poi sarebbe una misura che rimetterebbe al primo posto la sanità pubblica. Perché per colpa di questa tassa, alcune prestazioni è più conveniente farle nel privato. Rilanciare il servizio pubblico rendendolo più competitivo significa anche far rientrare una serie di cittadini e quindi di gettito erariale da ticket. Ricordo che dal 2012 al 2017 questa fuga verso il privato è costata al Ssn un mancato gettito di 212 milioni ogni anno per ticket su specialistica ambulatoriale, pronto soccorso, e su altre prestazioni, escluse quelle farmaceutiche. Se si fa il conto, sono circa 1,2 miliardi persi per strada. Se aboliamo il superticket , oltre a intervenire sulle liste d’attesa, possiamo incidere sul combinato disposto che ha determinato la rinuncia alle cure da parte di tanti cittadini.
Ci sono altre urgenze per la sanità che in questi giorni di confronto parlamentare stanno passando in secondo piano?
Sicuramente il livello di finanziamento del Fondo sanitario nazionale non è coerente con la necessità di garantire l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza. Perché il miliardo in più del prossimo anno sarà destinato ai contratti dei medici. E questo è giusto e nessuno può dire nulla. Ma ci sono anche le prestazioni dei nuovi Lea che continuano a restare sulla carta. E su questo non c’è una risposta adeguata.
Alcune novità potrebbero arrivare anche con la nuova governance farmaceutica?
È un bene confermare i fondi per i farmaci innovativi. Perché la partita e troppo grossa e con le nuove terapie che stanno arrivando, pur con tutte le misure di governo della farmaceutica – sia dal punto di vista autorizzativo, sia da quello del rimborso dei prezzi – che si possono immaginare, ci sarà bisogno di questi fondi specifici per garantire l’accesso a queste cure. Però bisognerebbe controllare che i fondi siano effettivamente spesi per l’accesso alle terapie dei cittadini, che ne abbiano appropriatamente bisogno, e non siano utilizzati per sopperire alla carenza di risorse del Fondo sanitario nazionale. Perché l’inadeguatezza del Fsn può essere la causa del non utilizzo pieno dei fondi per gli innovativi, che lo scorso anno hanno registrato complessivamente un avanzo 450 milioni. Sappiamo bene infatti che le risorse non utilizzate ritornano nel fondo indistinto. In realtà però non sappiamo come sono state usate e sarebbe auspicabile avere una versione chiara dei fatti, per dare conto di come si utilizzano questi soldi pubblici.
Un altro fondo che registra un avanzo è quello della spesa convenzionata e le industrie chiedono che queste risorse vengano reimpiegate sull’ospedaliera, che ogni anno sfora il tetto previsto. Lei che ne pensa, dal punto di vista dei pazienti?
Io posso dire solo una cosa. Che capita, a fine anno, che ci siano criticità in ospedale sull’accesso alle terapie. Cioè il servizio pubblico va in affanno, c’è carenza di farmaci. Non entro nei tecnicismi. Ma registro un problema. E in un modo o nell’altro va risolto. O si travasano le risorse tra i tetti o si rifinanzia il tetto dell’ospedaliera, che al livello attuale non è compatibile con la domanda di salute. Tanto è vero che sfonda sempre. Ci sono alcune realtà, come la Liguria, che finalizzano le entrate del payback verso un maggiore accesso alle terapie innovative. Ci sembra una best practice, che permette di far rientrare il payback nel circuito per garantire un maggior accesso alle cure.
Ci sono altri aspetti della governance farmaceutica che dovrebbero tener conto dell’interesse dei pazienti?
Certamente sul capitolo equivalenti e biosimilari, il Ssn deve fare un passo avanti, garantendo però la massima informazione al cittadino e assicurando nella pratica, e non solo formalmente, il principio che la responsabilità della prescrizione resti in capo al clinico, come previsto dal position paper dell’Aifa sui biosimilari. Il medico deve essere libero di scegliere in scienza e coscienza, anche motivando la scelta, la terapia più adeguata per il paziente che ha di fronte. Senza una standardizzazione dell’assistenza, ma mettendo in pratica la personalizzazione delle cure.
E poi c’è il problema delle disuguaglianze.
La farmaceutica ospedaliera è il settore a più alto tasso di disuguaglianza tra le regioni. Bisogna mettere in campo un modello che le riduca o le azzeri. E ci aspettiamo che nel documento della nuova governance – che sarà presentato a breve – non ci siano solo misure di governo della spesa, ma disposizioni per garantire equità e tempestività di accesso per i cittadini in tutte le aree del paese. Oggi questo non è garantito.
Dove sta il punto debole?
Mi è sembrato di capire che non sempre c’è massima convergenza da parte delle Regioni sulle valutazioni dell’Aifa. E questo genera ripetute duplicazioni nei prontuari prima regionali e poi ospedalieri. E nessuno mette mano al problema, se non impugnando le delibere regionali. Ma questo è un meccanismo farraginoso. Abbiamo bisogno di un sistema snello e robusto che garantisca equità di accesso.
Come?
Rivediamo in modo condiviso le modalità di decisione dell’Aifa e il livello di rappresentanza delle regioni dentro l’Aifa, se non è adeguato. Però una volta riviste le regole del gioco, poi tutto quello che esce dall’Agenzia deve essere legge per tutti e immediatamente trovare riscontro in ogni territorio del Paese. Perché non pensare a un prontuario farmaceutico unico e vincolante per tutti?
Il tema quindi è quello dell’autonomia delle regioni?
Sul tema del federalismo c’è una contraddizione all’interno del Governo, che va sciolta. L’autonomia differenziata, così come è stata impostata e che si vuole portare a stretto giro al Consiglio dei Ministri, acuisce le disuguaglianze e dà una risposta opposta a quella che serve ai cittadini. Da una parte ci sono le istanze della Lega per una maggiore autonomia regionale, dall’altra c’è il Movimento 5 stelle che difende il carattere nazionale del Servizio sanitario e l’universalità delle cure. Questa contraddizione va risolta.
Forse la sanità non si presta al federalismo?
Noi non diciamo che debba essere tutto centrale o tutto regionale. Per noi la priorità è il contrasto alle disuguaglianze. E su questo abbiamo anche presentato una nostra proposta di riforma costituzionale (https://www.diffondilasalute.it ). Si può fare a normativa vigente rafforzando la capacità di coordinamento, verifica e intervento del ministero, aumentando le competenze del ministero, che in questi anni sono state depauperate da esigenze di spending review, soprattutto per esempio nella delicata e strategica direzione generale della programmazione, deprivata di personale. E si dovrebbe fare una verifica seria anche sulle performance degli assessorati regionali: non credo che il livello raggiunto dalla Calabria sia lo stesso dell’Emilia Romagna. Però tutte e due in percentuale gestiscono lo stesso livello di responsabilità economica nella sanità. Quindi noi dobbiamo elevare la competenza degli assessorati e degli apparati del ministero. La vera priorità è il superamento delle disuguaglianze. Questo nodo, in questo governo, non si sta affrontando. Perché ci sono due anime.
Fonte: sanità24