Come era prevedibile la riunione dei ventisette paesi europei sulla Brexit non ha riservato sorprese: l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea ha fatto un ulteriore passo avanti con la compatta adesione di tutti i membri dell’Unione al progetto di accordo. L’ultimo ostacolo da parte europea era il problema di Gibilterra che da secoli divide Spagna e Gran Bretagna.
È stato deciso che su questo i due paesi se la vedranno direttamente fra di loro. La sola sorpresa è, almeno fino ad ora, la compattezza di ventisette governi europei che difficilmente vanno d’accordo fra di loro. Eppure si trattava di approvare una proposta di ben 585 pagine sui contenuti e sulle procedure per l’uscita, a cui si accompagnava un breve, ma importante, documento politico sulla gestione dei futuri passi da compiere per arrivare ad un accordo definitivo. La prima tappa del lungo processo di divorzio, cominciato oltre due anni fa, è quindi compiuta.Il cammino sarà tuttavia ancora lungo, come peraltro è naturale quando la separazione avviene dopo quarantacinque anni di matrimonio e implica l’abrogazione o la revisione di oltre 12.000 atti legislativi e un migliaio di trattati.
Da oggi si avvia la parte più complicata di un divorzio che ancora non è compiuto. In primo luogo al voto di ieri si deve aggiungere entro tre settimane l’approvazione del Parlamento britannico, poi del parlamento europeo e, infine, dei ministri degli Esteri dell’Unione.
Il passaggio più difficile sarà il voto di Westminster perché, come sempre accade, gli equilibri politici interni finiscono col prevalere anche sulle grandi decisioni. Il voto di Londra sarà quindi più incerto di quello di Bruxelles. Un non trascurabile gruppo di parlamentari conservatori vorrebbe infatti sfiduciare Theresa May. Bisogna anche tener conto dell’insoddisfazione dei deputati del Partito Unionista Nord Irlandese, che pure sostiene il governo.
Tuttavia nessuno sembra avere interesse al voto di sfiducia perché questo porterebbe a nuove elezioni che si concluderebbero probabilmente con la vittoria di Jeremy Corbin, l’avversione verso il quale oggi è il maggiore collante per tutti coloro che sostengono il governo. In questo quadro così complicato è probabile quindi che, alla fine, Theresa May possa prevalere.
A questo punto, dopo l’uscita dall’Unione prevista per le ore 23 del 29 marzo prossimo, comincerebbe il lungo periodo di transizione durante il quale bisognerà definire gli aspetti pratici del documento che è stato approvato a Bruxelles. Si tratta di un elenco infinito: dai pagamenti dovuti dalla Gran Bretagna ai diritti di pesca, dagli infiniti regolamenti tecnici e sanitari ai diritti dei tre milioni di cittadini europei che risiedono in Gran Bretagna e del milione di britannici che risiede nell’Unione Europea. Oltre, naturalmente, al capitolo della nuova disciplina doganale che avrà il difficile compito di rendere compatibile il divorzio con gli intensi rapporti commerciali che hanno così giovato ad entrambi i contraenti.
Al probabile voto favorevole del Parlamento britannico seguirà quindi un lungo periodo di transizione, che è previsto durare fino al dicembre del 2020 ma, già da ora, date le difficoltà da superare, è previsto che il termine possa essere posticipato di altri due anni.
Un processo senza fine che già da ora sta influenzando l’economia britannica. Dal momento del referendum il paese è infatti entrato in un periodo di incertezza. Sono calati gli investimenti, si è indebolita la sterlina, ha lasciato la City un bel numero di addetti del mondo della banca e della finanza. La Gran Bretagna è passata dal gruppo dei leader della crescita al plotone di coda dell’Europa. Anche se si non si è ancora verificato il tracollo che prevedeva chi era contrario alla Brexit, lo scivolamento in basso del paese è indubbio, pur trattandosi di un paese di grandi risorse materiali e intellettuali come la Gran Bretagna.
Tra non molto anche la sovranità assoluta, così invocata dai sostenitori della Brexit (e che ha tanti imitatori anche nel nostro paese) mostrerà tutti i suoi limiti. Nessun paese europeo può resistere da solo nella competizione contro i giganti del mondo.