Si può discutere a lungo sulle “terapie” utili per curare il Servizio sanitario nazionale. Però su un aspetto tutti – amministratori locali, ministri, direttori sanitari, esperti, medici…- dovrebbero concordare: la corruzione è un male endemico e profondo che distrugge il nostro Ssn. Ma forse non è molto diffusa questa consapevolezza. Anche se esistono, non da moltissimi anni in verità, alcune contromisure per arginare i comportamenti criminali. Probabilmente sono insufficienti, oppure non vengono messe in pratica con il dovuto rigore.
La cronaca, per fortuna non tutti i giorni, ci racconta di ruberie e di dirigenti prezzolati, di mazzette e di costi esorbitanti dei materiali sanitari, di corrotti ad ogni livello del sistema. Siamo così abituati a leggere di queste vicende che a volte le notizie vengono ridotte all’essenziale. Come se ormai fossimo assuefatti. Come se il ladrocinio rientrasse nella normalità del quotidiano. Però non può non colpire il fatto che mentre il Fondo per la Sanità resta al palo, e mentre sarebbero necessari alcuni miliardi in più per affrontare i problemi ordinari e straordinari del settore, alcuni “addetti ai lavori” sottraggono ricchezze proprio dagli stanziamenti, già insufficienti per curare tutti. Per cui i corrotti e i corruttori non solo arraffano soldi, ma rubano la salute a milioni di persone, se è vero che la “torta” del malaffare sottrae al Fondo nazionale almeno 6 miliardi di euro (cifra approssimativa, per difetto; quella degli sprechi è molto più alta).
Sul caso dell’Ospedale del Mare di Napoli non ci si può fermare all’indignazione. Perché può aiutare a ragionare su cosa non funziona. L’indagine della Guardia di Finanza della città ha portato a sei arresti (una dirigente dell’unità addetta all’acquisizione dei beni e dei servizi della Asl Napoli 1 Centro, un imprenditore di una società di rivendita di articoli medicali, e altri 4 tra parenti e collaboratori), con l’accusa di appalti truccati e corruzione su forniture ospedaliere. L’inchiesta si è concentrata sulle procedure di approvvigionamento di strumentazioni medicali, acquistate a prezzi maggiorati fino al 300 per cento in più. Allora: perché deve essere la GdF a verificare la corruzione? Non esiste una prassi strutturata e consolidata, in modo da evitare facili ruberie? Non c’è un responsabile interno alla Asl, con compiti esclusivamente anti-corruzione?
Tempo fa Raffaele Cantone, presidente dell’Anac (Autorità nazionale anti corruzione), ha sostenuto che nelle amministrazioni delle Asl, manca il know-how utile per realizzare gli appalti secondo “scelte consapevoli, accorte, documentate, trasparenti”. D’altra parte se si fanno acquisti a prezzi triplicati, o non si è in grado di verificare la dinamica dei prezzi dei materiali sanitari, oppure la struttura che decide e gestisce la compravendita è interamente “inquinata”. La terza ipotesi è che la figura del responsabile dell’anti corruzione all’interno delle strutture sanitarie, sia ancora ai nastri di partenza, anche se sappiamo che è presente in centinaia di Asl. Pertanto potrebbe già esistere una Rete di legalità che, secondo Cantone, dovrebbe funzionare come la Protezione Civile. E ora non è così. La legge anti corruzione nella Sanità risale al 2012 ma viene attuata con lentezza, con difficoltà, si scontra con troppi ostacoli burocratici, strutturali, amministrativi. Per dire: i ritardi hanno spinto Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio, a scrivere mesi fa a tutte le Asl, invitandole a nominare al più presto il responsabile anti corruzione.
Sia chiaro: non credo nelle bacchette magiche ma nei “grimaldelli”, che permettano di spendere i soldi pubblici in modo trasparente e facilmente controllabile. Sono convinto che nonostante le complicità, gli interessi – anche della criminalità organizzata – nei confronti del grande business sanitario, la legalità può essere vincente. Soprattutto se si è consapevoli che ogni euro rubato mette a rischio la nostra salute: moralmente, la corruzione nella Sanità è tentato omicidio.
fonte: Repubblica