Gli atti parlamentari recitano: Presidente della Camera Pietro Ingrao, Ministra della Sanità Tina Anselmi. 23 Dicembre 1978, Pietro Ingrao: “Comunico il risultato della votazione: Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (già approvata in un testo unificato alla Camera e modificato al Senato). Presenti: 465,votanti 458, astenuti 7, maggioranza 230, Voti favorevoli 381, Voti contrari 70. ( La Camera approva . Applausi al Centro, a Sinistra, all’estrema Sinistra).
La riforma istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, universalistico e solidale fu il frutto di una intensa mobilitazione sociale e culturale maturata nel nostro Paese e di una intensa collaborazione tra le forze politiche democratiche del Centro sinistra: la DC, Il PCI, il PSI, il PRI, il PDUP. Clima di collaborazione sollecitato dal Governo delle Larghe Intese presieduto da Giulio Andreotti nell’anno drammatico della uccisione di Aldo Moro. Fu la terza “riforma della speranza” approvata in quel drammatico anno, dopo la riforma sulla Psichiatria, legge Basaglia, e dopo l’approvazione della legge 194 sulla interruzione volontaria della gravidanza e la tutela sociale della maternità.
Ricordo quell’anno, il terribile 1978, ricordo l’approvazione delle “riforme della speranza”. Fu l’occasione di una particolare maturazione politica. Ero la segretaria della Federazione Giovanile Comunista di Torino. La città era diventata l’epicentro di un terrorismo “rosso” che trovava ascolto in ambienti giovanili ed operai. Per noi giovani comunisti, cresciuti nella lotta per la democrazia e la riforma della politica, contro le stragi fasciste che attaccavano il cuore dello Stato e la democrazia, quella del terrorismo rosso, fu una scoperta sconvolgente.
Resa drammatica dai ripetuti assassini avvenuti nella città di cui il più duro fu la morte di un giovane studente, Roberto Crescenzio al Bar Angelo Azzurro di Torino. Lanciammo una petizione “Contro ogni forma di violenza” che suscitò una forte discussione nell’ambiente giovanile della sinistra. Non era facile per noi che volevamo cambiare il mondo, costruire una società nuova, accettare di sostenere un governo con la Democrazia Cristiana e presieduto da Giulio Andreotti.
Ricordo le discussioni accese e l’azione persuasiva di Enrico Berlinguer nei confronti di noi giovani. Uscimmo da quel dilemma-dovere di difendere lo Stato democratico e necessità di rinnovare la democrazia ed attuare le riforme utili al Paese ed ai giovani – mettendo al centro una piattaforma di obiettivi e di conquiste che dovevamo ottenere sia con la mobilitazione sociale che con il dialogo parlamentare. La legge 285 sul lavoro e le tre riforme sociali furono per noi un traguardo necessario per dare senso alla nostra militanza politica, al nostro desiderio di cambiare la società.
Il 19 aprile, approvazione legge “Accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori” che chiudeva i manicomi (esemplare per me il Manicomio di Collegno), il 22 maggio approvazione della legge 194 “Tutela sociale della maternità ed interruzione volontaria della gravidanza” per cui tanto mi ero impegnata con altre migliaia di donne e ragazze, il 23 dicembre approvazione della legge sulla Riforma Sanitaria, restano per me, giorni indimenticabili, di gioia e di maturazione democratica.
Constatammo che le battaglie sortivano risulti, valutammo l’efficacia di una forma della democrazia, quella basata sulla mobilitazione sociale e culturale, sulla iniziativa dei grandi partiti popolari, sulla centralità del Parlamento e sul dialogo parlamentare. Un ricordo particolare mi porto nel cuore. In quel Palazzo del Governo che sentivamo lontano e grigio vedevo spiccare il sorriso largo ed accogliente di una donna, una donna Ministra, la prima volta di una donna al governo, una donna che dialogava con tutti ed in particolare con quel dirigente comunista, medico, scienziato, un uomo molto buono che vedevo spesso venire a Torino e dialogare con i medici, con le donne, con gli operai. Erano Tina Anselmi e Giovanni Berlinguer. Per ma la Riforma sanitaria è prima di tutto una pagina di “Bella Politica”, di una democrazia popolare ed efficace, la scoperta e la pratica di una sinistra riformista.
La legge 833 del 23 dicembre 1978 istituiva 40 anni fa il Servizio sanitario Nazionale, universalistico e solidale. Le motivazioni di tale riforma epocale erano sostanzialmente due: la necessità di garantire a tutta la popolazione il diritto alla salute; la sostenibilità finanziaria dell’assistenza sanitaria. A quarant’anni di distanza restano queste le sfide da governare.
Il cambiamento rappresentato dalla legge 833 fu radicale. Sostituiva il sistema delle mutue. Nel 1976 si contavano circa 100 enti mutualistici ed oltre 1000 minori. Il sistema determinava delle notevoli sperequazioni; parte della popolazione era esclusa dalla assistenza sanitaria. La gestione era prevalentemente orientata alle prestazioni di ricovero e di diagnosi ed erano caratterizzate da un elevato livello di inappropriatezza. Non vi era alcun interesse per la prevenzione in quanto le gli enti mutualistici si occupavano solo delle condizioni di malattia denunciate dai contribuenti.
La mutua consentiva l’accesso ad alcune specifiche categorie di cittadini sulla base della contribuzione lavorativa, della tipologia di lavoro svolto, della residenza anagrafica e soprattutto tali enti rappresentavano numerosi centri di spesa incontrollabili e con attività non coordinate. La situazione finanziaria delle mutue era al tracollo in quanto il pagamento delle prestazioni agli ospedali, alle cliniche e ad altri erogatori risultava sempre più difficile. Lo Stato decise pertanto di estinguere tutti i debiti delle mutue con la legge 386 del 17 agosto 1974.
Nei successivi anni, fino al 1978, lo Stato dopo questo salvataggio decise di gestire in prima persona la Sanità e di declinare l’articolo 32 della Costituzione in principi ed obiettivi. Il più importante è sicuramente l’articolo 1 della legge 833 del 1978: “Il Servizio Sanitario Nazionale è costituito dal complesso di delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza la distinzione di condizioni individuali e sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronto del Servizio”.
L’articolo 2 ribadisce ulteriormente tale concetto in quanto il legislatore aveva ben presente una situazione di grave difformità nell’accesso alle cure ed alla prevenzione. “Il servizio Sanitario Nazionale nell’ambito delle sue competenze persegue il superamento degli squilibri territoriali nelle condizioni socio sanitarie del paese.”
La mia esperienza di Ministra della Salute
Sono stata Ministra della Salute negli anni 2006-2008 nel Governo Prodi. Il nostro progetto era chiaro: investire nella sanità pubblica e tutelare il bene salute secondo quanto indicato nella Costituzione. Praticare le tre “E”: Equità, Efficienza, Efficacia. In conformità con la legge 833/78, successivamente modificata dal Decreto legislativo 219 / 98, la riforma Bindi. Il primo segnale lo demmo in materia di onestà e trasparenza abrogando il 9 giugno 2006 la norma voluta dal centrodestra secondo cui consiglieri regionali e parlamentari avrebbero potuto dirigere le Asl o gli ospedali.
Non si trattava di non riconoscere la competenza maturata dai politici nella gestione della sanità attraverso l’esperienza politica. Ma un conto è la politica altra è la gestione ed organizzazione di aziende. Volemmo dare fin dall’inizio fiducia agli operatori della Sanità. Apparecchiai subito Tavoli di concertazione con le varie categorie ed i diversi soggetti sociali e sempre nel giugno 2006 sbloccammo il Contratto della Sanità per medici ed infermieri. Nel decreto Legge 223 del 4 luglio 2006, art. 22bis, venne stabilito l’obbligo del completamento degli interventi strutturali necessari ad assicurare l’esercizio dell’attività libero professionale intramuraria.
Spetterà alle Asl ed alle aziende ospedaliere predisporre spazi idonei all’interno delle strutture pubbliche per l’attività libero professionale dei Medici. Viene così regolamentata, dopo dieci anni di proroghe, la libera professione dei medici all’interno delle strutture ospedaliere pubbliche. Viene stabilito anche un tempo massimo di attesa per le prestazioni essenziali onde scoraggiare il fenomeno delle lunghe liste d’attesa.
Il 5 luglio presentai un New Deal per la Salute alle Commissioni riunite Affari Sociali e Sanita della Camera e del Senato che, arricchito dei contenuti del dibattito parlamentare costituì la base della definizione del Documento di programmazione economica e finanziaria, il DPF, successivo. Sua idea guida era quello di ridefinire modi e forme del sistema perché esso sia orientato verso i bisogni e le esigenze dei cittadini e di realizzare un governo partecipato e condiviso della sanità a partire dal lavoro comune con le Regioni.
Il 22 settembre 2006 siglammo il Patto per la salute che aveva tra i suoi contenuti fondamentali: la certezza degli investimenti, il miglioramento dell’assistenza attraverso l’aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza, il controllo della spesa, l’efficienza, la riorganizzazione della medicina territoriale attraverso la costruzione delle Case della Salute. Nelle due leggi finanziarie aumentammo le risorse per il Servizio Sanitario Nazionale: nel 2007 stanziammo 6 miliardi aggiuntivi alle risorse esistenti.
Nel triennio 2007-2009 gli stanziamenti complessivi per la sanità pubblica sono stati complessivamente 300 miliardi di euro. A ciò si aggiungano 3 miliardi nella legge sugli Investimenti in sanità per l’ammodernamento tecnologico, l’ammodernamento degli ospedali ed l’apertura di nuovi servizi sanitari (con particolare attenzione al Mezzogiorno) quali le case della salute, le strutture residenziali per i malati terminali , il potenziamento dei consultori famigliari.
Avviammo la politica dei Piani di Rientro con le Regioni che erano in condizioni di forte disavanzo e di cattiva gestione della sanità per ripianare i debiti e riqualificare i servizi. Chiudere piccoli ospedali ed aprire le Case della Salute fu una battaglia difficile ma, come dimostrano le esperienze degli anni successivi, in particolare in alcune Regioni, tale scelta ha consentito di migliorare la sanità pubblica.
Promuovemmo un Tavolo con le Aziende Farmaceutiche e le Farmacie per aggiornare la politica del farmaco. Tanti furono i provvedimenti concreti per garantire sicurezza ed appropriatezza delle cure. Puntammo sulla promozione della dignità del fine vita e la lotta a contro il dolore incrementando le cure palliative a partire dalle cure palliative pediatriche e migliorando il funzionamento degli hospice; facilitammo la prescrizione dei farmaci antidolore; promuovemmo l’attenzione ai malati di SLA stanziando 10 milioni di euro per l’acquisto dei “comunicatori vocali”.
Promuovemmo la medicina di genere attivando Una Commissione sulla Salute delle donne che predispose un articolato Rapporto, progetti di ricerca ed attività formative nelle università .Mettemmo al centro della nostra agenda la salute delle donne attraverso azioni concrete: l’analgesia epidurale per il parto senza dolore nei LEA, potenziamento dei consultori, iniziative rivolte alla prevenzione dell’aborto e la tutela della maternità delle donne immigrate, l’apertura di Sportelli Antiviolenza nei Pronto Soccorsi.
Aggiornammo le Linee Guida applicative della legge 40 sulla procreazione assistita. Fummo li primo paese in Europa a garantire in modo gratuito – a partire dal febbraio 2007 – alle ragazze di 12 anni il vaccino contro il cancro alla cervice uterina. Ponemmo al centro i temi della fragilità come la salute mentale, le tossicodipendenze, le persone con malattie rare, la condizione di non autosufficienza puntando sulla integrazione socio sanitaria. Promuovemmo la salute nelle carceri trasferendo le competenze della salute dal Ministero Di Grazia e Giustizia al Servizio Sanitario Nazionale ed avviammo la chiusura degli OPG.
Incentivammo la ricerca scientifica aumentando le risorse e definendo criteri trasparenti di riparto con particolare riguardo ai giovani ricercatori. Definimmo regole trasparenti per la scelta dei Direttori Scientifici degli IRCSS. Varammo l programma Guadagnare in Salute per promuovere Stili di vita salutari. Mettemmo al centro l’attenzione sui Determinanti della Salute per promuovere “La Salute In Tutte Le Politiche” attraverso I piani Intersettoriali per la Salute. Ponemmo attenzione alla salute dei migranti ed all’impatto della povertà sulla salute avviando in modo sperimentale l’Istituto Nazionale Povertà ed Immigrazione INMP.
Approvammo con il Ministero del Lavoro il Testo unico sulla Salute e Sicurezza nei luoghi di lavoro. Promuovemmo la “Diplomazia della Salute” portando le buone pratiche della nostra Sanità in Paesi In via di Sviluppo o in condizioni di particolare emergenza come era allora l’Albania. Costruimmo un accordo con la Cina. Il Decreto relativo alla regolamentazione della Sanità Integrativa. L’ambizione era quella di una visione strategica della promozione del diritto alla salute misurandoci con le novità emerse e attuando le riforme necessarie. In quest’ottica elaborammo il disegno di Legge Collegato alla Legge Finanziaria 2008 “Interventi per la qualità e la sicurezza delle cure”.
Esso aggiorna i grandi principi ispiratori del SSN confermando l’unitarietà, l’universalità e l’equità del sistema alla luce dei cambiamenti del quadro costituzionale(ruolo delle Regioni) e della necessità di garantire appieno i nuovi bisogni di salute della popolazione. I contenuti fondamentali: riordino complessivo della medicina territoriale; governo clinico nelle aziende sanitarie, nuovi criteri per la nomina dei direttori generali; istituzione di specifiche unità per la gestione del rischio clinico; esclusività di rapporto per i primari ai quali sarà comunque garantito il diritto alla libera professione intramoenia; istituzione di un Sistema Nazionale di verifica della qualità delle cure erogate dal SSN, con la partecipazione dei cittadini nei processi valutativi; istituzione di un Sistema Nazionale di linee guida per l’appropriatezza, la qualità e la sicurezza delle cure.
Il provvedimento non poté essere approvato per la conclusione anticipata della legislatura. Dopo un intenso lavoro di confronto tra diversi soggetti e professioni sanitarie aggiornammo il Nomeclatore Tariffario dei presìdi ed ausili per persone disabili ed aggiornammo con Decreto approvato in Consiglio dei Ministri I Nuovi Livelli Essenziali di Assistenza. Fu l’ultimo atto del Governo Prodi. Il decreto fu revocato dal governo successivo per ragioni di sostenibilità finanziaria. Il mio rammarico è stato la mancata approvazione del Disegno di Legge “Interventi per la qualità e la sicurezza delle cure” e la revoca del Decreto sui Nuovi Livelli Essenziali di Assistenza.
Le nuove sfide
Le sfide cui è di fronte il governo della salute restano quelle indicate dai principi ispiratori della legge 833: l’universalismo del diritto alla salute e la sostenibilità finanziaria del sistema. Bisogna partire dai bisogni di salute della popolazione. Gli aspetti più rilevanti sono: le diseguaglianze nella salute; l’allungamento della vita e la condizione di non autosufficienza della popolazione anziana; l’aumento delle fragilità; la condizione di povertà in cui versano molti bambini ed adolescenti; il diritto alla salute dei migranti.
Bisogna dunque costruire una solidarietà tra generazioni, tra donne e uomini, tra nativi e migranti affinchè il diritto alla salute sia universalistico e solidale. Dando nuova linfa all’universalismo sanitario con l’attivazione di politiche differenziate capaci di andare incontro ai bisogni differenti di salute, la medicina d’iniziativa che va incontro e va a “scovare” i gruppi sociali più vulnerabili che da soli non sarebbero in grado di rivolgersi ai servizi offerti.
Le diseguaglianze di salute nel nostro paese stanno sensibilmente peggiorando. Vivere in Regione piuttosto che in un’altra modifica sensibilmente la speranza di vita. La maggiore sopravvivenza si registra nelle regioni del Nord Est dove la speranza di vita per gli uomini è di 81,2 e per le donne 85,6. Decisamente inferiore nelle Regioni del Mezzogiorno nelle quali si attesta a 79,8 anni per gli uomini e 83,3 per le donne (Dati Istat).
Anche la mortalità prematura (tra i 30 e 69 anni) presenta forti divari a livello territoriale. Dato molto negativo visto che si tratta di morti evitabili con idonee politiche di prevenzione. Sappiamo che le diseguaglianze nella salute hanno la loro radice nei cosiddetti “determinanti della salute”. Differenze geografiche, di classe sociale, l’istruzione, la condizione lavorativa, abitativa, le relazioni sociali. Bisogna dunque incidere sui determinanti della salute attraverso un programma mirato, guidato da questa idea semplice ma molto impegnativa: promuovere la salute in tutte le politiche, indicata dall’Unione Europea. Da tradurre in Programmi Intersettoriali per la promozione della salute che coinvolga tutti i Ministeri e Programmi Intersettoriali per la salute in ogni regione. Come scrive il grande studioso Marmot nel suo libro “La salute diseguale“, “A cosa serve curare le persone e poi riportale alla condizione che l’hanno fatta ammalare?”.
L’aumento delle diseguaglianze nella salute è rapportabile anche al processo di definanziamento del sistema sanitario pubblico che investe il nostro Paese da un decennio. Secondo i dati Ocse dopo il 2009 abbiamo il poco invidiabile record di fare parte del ristretto novero degli stati 8insieme a Grecia e Portogallo) che hanno ridotto la spesa sanitaria(meno 0,3%) in confronto ad un incremento medio dei paesi Ocse dell’1,4%. Il livello complessivo di spesa sanitaria sul PIL è composto da spesa pubblica e da una spesa privata a carico delle famiglie fortemente aumentata .attualmente quasi un quarto della spesa sanitaria 822,7%) è a carico dei cittadini.
Sulla qualità delle prestazioni sanitarie, sull’accesso ai servizi, sulle diseguaglianze nella salute incide moltissimo la questione del personale sanitario. Invecchiamento; blocco delle assunzioni; carenza di programmazione nella formazione di nuovi medici: sono gli aspetti più gravi ed urgenti. La giusta scelta di investire sulla riorganizzazione della medicina territoriale e la riduzione degli ospedali si è però tradotta, secondo forti differenze regionali, nella semplice riduzione dei posti letto in ospedale con gravi ripercussioni sulla condizioni di vita delle persone in particolare quelle più anziane.
Le priorità che devono comporre un agenda politica che sia fedele al principio Costituzionale del diritto alla salute eguale per ogni persona sono dunque molto chiare: aumento del Fondo Sanitario Nazionale; applicazione uniforme sul territorio nazionale dei Livelli Essenziali di Assistenza; aumento degli accessi alle Scuole di Medicina e programmazione accurata delle necessità di specialisti sul territorio nazionale; modifica del sistema formativo post laurea che garantisca l’immediata immissione nel mondo del lavoro gli specializzandi; riorganizzazione della medicina territoriale con la diffusione delle Case della Salute; un Piano Nazionale per la presa in carico delle persone non autosufficenti; lo sviluppo della integrazione socio sanitaria con un potenziamento dei servizi sociali; la promozione della salute delle donne in particolare il sostegno alla maternità e paternità, la prevenzione dell’aborto, la salute dei bambini e degli adolescenti; promuovere la lotta contro il dolore e la dignità del fine vita applicando le leggi dedicate.
Livia Turco
Ex Ministro della Salute (2006-2008)