L’epidemia di tagli cesarei non necessari. di Enrico Tagliaferri

Mentre in Africa il parto cesareo è ancora molto spesso inaccessibile, in altre aree del mondo ne viene fatto un abuso crescente. Il ricorso al cesareo è di gran lunga maggiore nelle strutture private. In Brasile, ad esempio, l’80-90% dei parti espletati in strutture private avviene con cesareo, rispetto al 30-40% nelle strutture pubbliche. Chiaramente dove c’è interesse economico ad eseguire il cesareo piuttosto che il parto per via naturale, le donne possono essere incentivate a fare questa scelta al di là delle indicazioni cliniche. Può anche capitare che in alcune strutture i giovani medici siano più esperti nel parto cesareo che nel parto naturale.


È fuori discussione che il taglio cesareo sia un intervento in grado di salvare la vita della mamma e del neonato. Gli esperti ritengono che i cesarei rispetto al totale dei parti dovrebbero essere almeno il 10% e al massimo il 15%. In molti paesi a basso reddito la quota di cesarei è ancora molto bassa a causa di un’inadeguata disponibilità, ma globalmente, negli ultimi anni è costantemente aumentata, fino a livelli eccessivamente elevati in alcuni paesi. (Figura 1)[1].

Figura 1. Proporzione di parti eseguiti con taglio cesareo a livello globale, 2000-2015

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È stato stimato che nel 2015 29,7 milioni di parti sono stati eseguiti con taglio cesareo, circa il doppio che nel 2000. Tale incremento è avvenuto soprattutto in paesi ad alto e medio reddito. L’uso del taglio cesareo è stato 10 volte maggiore in America Latina e Caraibi, dove è stato usato nel 44,3% dei parti, che in Africa, dove è stato usato nel 4,1% dei parti. A livello nazionale il ricorso al cesareo varia dallo 0,6% del Sudan al 58,1% della Repubblica Dominicana.

L’Italia non è esente da questo fenomeno: nel 2015 il 34,2% dei parti è avvenuto con cesareo. Si registra un’elevata propensione all’uso del taglio cesareo nelle case di cura accreditate, in cui si registra tale procedura in circa il 52,5% dei parti contro il 31,9% negli ospedali pubblici. Si ricorre al taglio cesareo nel 27,7% dei parti di madri straniere e nel 36% dei parti di madri italiane.[2]

L’incremento di parti eseguiti con cesareo è attribuito per il 66,5% ad un aumento dei parti eseguiti in strutture sanitarie e per il 33,5% ad un aumento della quota di cesarei all’interno delle strutture.   Tra gli 85 paesi in cui più del 95% dei parti avviene in strutture sanitarie, il ricorso al taglio cesareo varia comunque da meno del 10% in Turkmenistan e in Kyrgyzstan a più del 50% in Repubblica Dominicana e in Brasile. La quota di tagli cesarei è maggiore in paesi a maggior sviluppo socioeconomico, con più alti livelli di istruzione femminile, minori tassi di fertilità e più alto numero di medici rispetto alla popolazione.

Grandi disparità si registrano anche all’interno dei paesi: l’uso del cesareo risulta cinque volte maggiore nel quintile più ricco rispetto al più povero nei paesi a medio e basso reddito (Figura 2); il cesareo risulta anche molto più frequente, in parti a basso rischio, tra le donne più istruite in Brasile e in Cina; il cesareo risulta 1,6 volte più frequente  nelle strutture private. Possibili ragioni di tali diseguaglianze possono essere la scarsa disponibilità di chirurgia ostetrica nelle aree rurali, barriere finanziarie e una propensione ad offrire il cesareo nelle strutture private alle donne più abbienti. Ad esempio in Cina la differenza nel ricorso al cesareo tra le varie province varia da 4 al 62%, in India trai vari stati dal 7 al 49%.

Figura 2. Proporzione di parti con cesareo in paesi a medio e basso reddito e in paesi con bassi e alti livelli di cesarei, stratificati per quintile di ricchezza

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L’aumento della quota di cesarei tende a auto-sostenersi poiché il precedente parto con cesareo è considerato generalmente un’indicazione al cesareo.

Quali possono essere le conseguenze per la salute della donna e del bambino? Alcuni dati suggeriscono un incremento di morbosità e mortalità in caso di cesareo elettivo rispettivo al parto naturale[3,4], dato peraltro non confermato da altri[5]. La cosiddetta severe acute maternal morbidity(SAMM) comprende complicanze come l’emorragia grave, l’isterectomia, la rottura uterina, complicanze legate all’anestesia, lo shock ostetrico, l’arresto cardiaco, l’insufficienza renale acuta, l’insufficienza respiratoria che necessita di ventilazione, il tromboembolismo, infezioni maggiori, deiscenza di ferita e ematoma. Alcune casistiche, in Canada e in Olanda, descrivono un rischio aumentato di SAMM nelle donne che partoriscono con cesareo programmato piuttosto che con parto naturale.[6-8] In un’ampia e recente casistica inglese le donne che partorivano con cesareo programmato avevano una degenza più lunga e un maggior rischio di isterectomia e arresto cardiaco.[9] Nel lungo termine il taglio cesareo espone le donne al rischio di aderenze pelviche, ostruzione intestinale, menorragia, dismenorrea, dolore cronico, alterazioni della vita sessuale, riduzione della fertilità, incontinenza urinaria e intestinale, prolasso delle strutture pelviche. Le donne che hanno partorito con taglio cesareo riportano un minor grado di soddisfazione dall’esperienza del parto e relazioni emotive meno soddisfacenti subito dopo il parto.[10] Il parto con taglio cesareo aumenta inoltre alcuni rischi per il parto successivo, in particolare il rischio di isterectomia, anomala placentazione, rottura uterina, morte del feto e parto pretermine.[11, 12] All’aumentare del numero di tagli cesarei aumenta il rischio di aderenze pelviche, emorragia, lesione chirurgica  intraoperatoria e isterectomia.[13-15] Questo non preclude il parto vaginale dopo un precedente parto eseguito con taglio cesareo, ma questo dovrebbe essere programmato in una struttura dove è disponibile chirurgia ostetrica di buon livello.[16,17]

Nel neonato è stato ipotizzato che il cesareo aumenti il rischio di alterazioni nello sviluppo del sistema immunitario, allergia, atopia, asma e riduzione della diversità del microbioma intestinale.[18] Le conseguenze a lungo termine sono ovviamente più difficili da dimostrare, è stato ipotizzato un persistente aumentato rischio di alterazioni metaboliche e immunitarie, con una maggior evidenza per l’obesità fino a 5 anni di età e asma fino a 12 anni di età.[11]

Che cosa si può fare per ridurre l’uso non necessario del cesareo? Prima bisogna considerare che le cause risiedono in tre categorie: fattori legati alle partorienti e il loro contesto familiare e sociale, fattori legati agli operatori sanitari e fattori legati al sistema sanitario.[19,20] Le donne che preferiscono ricorrere al cesareo in assenza di un’indicazione clinica hanno paura del dolore del parto, del rischio di danno del pavimento pelvico e dell’incontinenza urinaria, di conseguenze per la loro vita sessuale. Queste donne percepiscono il parto con cesareo programmato più sicuro per loro e per il loro bambino. Alcune donne ritengono il cesareo una soluzione più pratica per tornare rapidamente al lavoro o per effettuare contemporaneamente la legatura delle tube. Può succedere che il cesareo programmato venga scelto per far nascere il bambino in una data considerata propizia. Infine, un precedente parto per via naturale, vissuto negativamente, può spingere alcune donne a scegliere il cesareo programmato. Anche i media possono contribuire a favorire l’idea di un parto con cesareo come più pratico e moderno.

Uno studio condotto in alcuni paesi europei ha riscontrato una propensione degli operatori sanitari ad accettare la richiesta di parto cesareo non clinicamente indicato da parte della gravida che andava dal 15% in Spagna a ben il 79% nel Regno Unito.[20] Tale propensione era associata alla paura di una causa legale, al lavorare in una struttura universitaria e al sesso maschile dell’operatore sanitario. In particolare, in molti paesi, una legislazione che non tutela a sufficienza gli operatori e la convinzione che il cesareo esponga a minori rischi, sembrano essere fattori cruciali.

In alcuni paesi il ricorso al cesareo è di gran lunga maggiore nelle strutture private. In Brasile ad esempio l’80-90% dei parti in strutture private avviene con cesareo, rispetto al 30-40% nelle strutture pubbliche.[21, 22] Chiaramente dove c’è interesse economico ad eseguire il cesareo piuttosto che il parto per via naturale, le donne possono essere incentivate a fare questa scelta al di là delle indicazioni cliniche. Può anche capitare che in alcune strutture i giovani medici siano più esperti nel parto cesareo che nel parto naturale.

È stato ipotizzato che un approccio standardizzato al parto comprendente l’amniotomia di routine, la somministrazione di ossitocina nei parti a lenta progressione e un rapporto 1:1 tra operatore sanitario e partoriente, sia in grado di ridurre il ricorso al cesareo.[23] Anche le manovre ostetriche per correggere la presentazione podalica sono considerate una strategia per ridurre il ricorso al cesareo, anche se i dati in questo senso non sono univoci.[24, 25] Interventi di educazione sanitaria e sensibilizzazione rivolti alle donne in gravidanza sono evidentemente cruciali. In particolare si sono rivelati efficaci corsi di rilassamento e corsi sulle fasi del parto in Iran e corsi psicosociali rivolti alla coppia negli USA.[26-28]

Sono stati proposti interventi educazionali rivolti ai sanitari e due interventi in particolare si sono dimostrati efficaci nel ridurre il ricorso al cesareo: uno basato su linee guida e seconda opinione obbligatoria per l’indicazione al cesareo in vari paesi dell’America Latina e un altro basato su linee guida e audit tempestivi in Canada.[29, 30]

Interventi a livello di sistema sanitario possono includere cambiamenti nella cultura organizzativa delle strutture, riforme del sistema assicurativo, seconde opinioni esterne al sistema privato, legislazioni a tutela  dei sanitari in caso di causa legale, rispetto di standard di personale e orari di lavoro, obiettivi di riduzione dei cesarei, strategie finanziarie mirate.

L’evidenza è a favore di interventi che privilegiano relazioni umane positive, promuovono il lavoro multidisciplinare, mirano a correggere le errate convinzioni e le paure delle donne e dei sanitari. Tali interventi includono l’assistenza continua alle partorienti da parte di familiari oltre che di personale qualificato, interventi di educazione sanitaria pre-parto, linee guida basate sull’evidenza e seconde opinioni sull’indicazione al cesareo. In sintesi è necessario un approccio articolato che comprenda i fattori culturali ed economici alla base dell’epidemia di cesarei.

Enrico Tagliaferri, Infettivologo, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana

Bibliografia

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Fonte: Salute Internazionale

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