Le recenti elezioni statunitensi di metà mandato hanno ribadito la volontà popolare per un netto cambio di marcia delle politiche sulla cannabis. Con la vittoria dell’apposito referendum in Michigan, sono oramai dieci gli Stati che ne prevedono l’uso ricreativo (oltre al Distretto di Columbia della capitale Washington). E il New Mexico si appresta a diventare l’undicesimo.
È questo il primo effetto diretto dell’avanzata democrat: pur senza arrivare all’auspicata “valanga blu” anti-Trump, di certo è emersa un’opposizione politica più corposa e un attivismo di base più diffuso. Se ciò è vero a livello nazionale, lo è ancor più in New Mexico, dove la netta elezione di Michelle Luján Grisham alla carica di Governatore (succeduta alla repubblicana Susana Martinez) ha rafforzato la tradizionale maggioranza democratica dei due rami del Parlamento statale. Motivo per cui il deputato Javier Martínez ha già preannunciato la presentazione di un’apposita proposta di legge, analoga a quella bocciata nel 2017, durante la prossima sessione legislativa a inizio 2019.
I cittadini appaiono favorevoli: secondo un sondaggio condotto lo scorso autunno dalla Research & Polling di Albuquerque, il 60% dei potenziali elettori appoggiava la legalizzazione. Lo stesso vale per la maggioranza della Camera, e ora anche i senatori sembrano più favorevoli, vista la positiva esperienza della cannabis medica in loco e la costante crescita di Stati dove oggi vige anche quella ricreativa. La Governatora ha confermato che firmerà senza indugi la normativa e se tutto andrà come previsto questa potrebbe già trovare applicazione sul territorio statale a partire da luglio 2019. Come ha chiarito il senatore democrat Peter Wirth: «Credo sia importante ricordare che non siamo i primi [a legalizzare la cannabis tramite legislazione statale]. Non stiamo certo reinventando la ruota. E il fatto di confinare con il Texas, che non riconosce neppure l’uso medico, potrebbe portare a un enorme sviluppo economico nell’area orientale del nostro Stato».
Proprio sulla base di altre esperienze, in New Mexico si prevede una tassazione applicata direttamente nei punti di vendita al minuto, con percentuali dipendenti dal tipo di prodotto. Tassazione che, secondo le prime stime, potrebbe portare nella casse statali qualcosa come 30 e 60 milioni di dollari l’anno, oltre alle entrate collaterali per le licenze commerciali e il maggior turismo. Ovviamente è presto per definire simili dettagli, ma le autorità stanno muovendosi in anticipo proprio per evitare certi problemi riscontrati altrove, grazie anche all’apporto di una decina di organizzazioni locali variamente impegnate su questo fronte – a partire dell’ufficio locale della Drug Policy Alliance, da tempo assai attivo.
L’ondata elettorale pro-legalizzazione non si ferma certo al New Mexico: altri governatori neo-eletti la pensano come Michelle Luján Grisham. È il caso di J.B. Pritzker (Illinois), Ned Lamont (Connecticut), Janet Mills (Maine), Tim Walz (Minnesota) E in Wisconsin, Tony Evers, si dice «non opposto» e vede con favore un referendum popolare. Rimane pur sempre il grosso scoglio del perdurante divieto a livello federale, ma anche questo va ormai erodendosi. Come spiega la testata libertariana Reason, un simile passo riaffermerebbe anzi l’importanza odierna di quel federalismo già centrale nel dettato costituzionale, ed entrambi i partiti (i repubblicani soprattutto) trarrebbero un sicuro vantaggio elettorale eliminando, di fatto e non solo a parole, certe “ingerenze” federali.
D’altronde il segnale popolare rimane chiaro e forte: due terzi degli americani appoggiano la legalizzazione totale, secondo un sondaggio svoltosi due settimane prima del voto di metà mendato. Il 66% di opinioni favorevoli (contro il 32% di no) è il dato più alto mai registrato nei 49 anni in cui la Gallup ha condotto questa indagine annuale: la prima volta, nel 1969, si partiva dal 12% e lo scorso anno era stato raggiunto il 64%.
Un quadro complessivo promettente, che spinge ulteriormente il dibattito sulle modalità della legalizzazione in arrivo anche nello Stato di New York, soprattutto ora che i democratici hanno riconquistato sia il Senato che la Camera per la prima volta dal 2010. Anche qui è praticamente già pronta la proposta da discutere e votare nella prossima sessione legislativa, con buone speranze di successo anche per via della raccomandazione in tal senso suggerita da un recente studio del Ministero della Salute sulla base del successo della normativa sulla marijuana terapeutica in vigore dal luglio 2014.
Visto il clima favorevole, la Drug Policy Alliance porterà centinaia di esperti per ampliare la discussione, con il convegno Marijuana: Justice, Equity & Reinvestment (Albany, 11-12 dicembre). L’obiettivo primario è quello di prepararsi al meglio per quest’opportunità unica e necessaria per «creare giustizia, sviluppo economico e riparare agli enormi danni causati alle comunità locali dalla ‘war on drugs’».
Infine, oggi martedì 19 novembre parte ufficialmente la vendita di marijuana in Massachusetts: i primi negozi aprono i battenti a Northampton e Leicester. I maggiori di anni 21 potranno acquistarne e possedere fino a un’oncia (circa 28 grammi) di materia prima, e fino a 5 grammi se in forma concentrata nei vari prodotti lavorati. Ciò nel quadro di una normativa molto avanzata, rispetto alle minoranze, ai requisiti ambientali e al consumo sociale
Fonte: Fuoriluogo