Durante le ultime decadi in Italia si è visto un progressivo miglioramento delle condizioni di salute e livelli di disuguaglianze sociali che risultano meno pronunciati rispetto ad altri paesi Europei.
Eppure, le medie mascherano l’esistenza di differenze sistematiche: le persone più abbienti stanno meglio, si ammalano di meno e vivono più a lungo.Guardando al periodo 2012-2014, ultimi dati disponibili a livello nazionale, i maschi italiani di 30 anni laureati potevano sperare di vivere 3 anni in più rispetto a coloro che avevano conseguito al massimo il titolo della scuola dell’obbligo, mentre tra le donne laureate il vantaggio sulle meno istruite era di un anno e mezzo.
Allo stesso modo, le regioni italiane più povere mostrano indicatori di salute meno favorevoli. Il Sud e le Isole presentano un’aspettativa di vita più sfavorevole in tutte le fasce di istruzione. Analoghe differenze nella speranza di vita erano già state rilevate in molte realtà locali da precedenti studi longitudinali: a Torino, ad esempio, un uomo che attraversa la città, dalla collina alto borghese (a elevato reddito) alla barriera operaia nel nordovest (a basso reddito), vede ridursi l’aspettativa di vita di 6 mesi per ogni chilometro percorso. Tali differenze sono socialmente determinate e pertanto, evitabili.
Nel tentativo di ridurre l’intensità e l’impatto delle disuguaglianze, sono stati predisposti nel corso degli anni alcuni importanti atti di programmazione sanitaria, in linea con le indicazioni dell’Unione Europea:
1) il Quadro strategico nazionale 2007-2013 che ha definito gli indirizzi programmatici per l’utilizzo dei Fondi strutturali europei, sottolineando la necessità di orientare gli investimenti anche sugli aspetti di salute soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno;
2) il programma nazionale Guadagnare salute – Rendere facili le scelte salutari, coordinato dal Ministero della Salute, che ha riconosciuto l’importanza delle politiche non sanitarie nel contrasto alle disuguaglianze di salute;
3) la strategia Salute in tutte le politiche, sancita nella Conferenza inter-ministeriale di Roma del 2006, ha riconosciuto l’importanza di adottare in tutte le politiche non sanitarie procedure di valutazione d’impatto sanitario attente ai soggetti più vulnerabili. Inoltre, l’Italia ha partecipato, con propri casi studio, tramite l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali, alla Joint Action “Equity Action”, promossa dalla Commissione europea per accompagnare gli Stati membri nella valutazione dell’impatto delle politiche sulle disuguaglianze di salute.
Nel 2009, anno cruciale, la Comunicazione della Commissione europea dal titolo “Solidarietà in materia di salute: riduzione delle disuguaglianze sanitarie nell’Ue”(1) constatava quanto fosse ancora carente nelle politiche europee e in quelle della maggior parte dei Stati membri la consapevolezza riguardo all’esistenza delle disuguaglianze di salute e alle loro conseguenze. Nella graduatoria di paesi l’Italia si collocava a metà, con un livello di consapevolezza dato da esperienze isolate, generalmente guidate dal settore sanitario, con delle evidenze scientifiche a livello locale metropolitano.
Dopo la Comunicazione le principali istituzioni comunitarie hanno approvato il documento, rivelando un chiaro impegno europeo verso la promozione di politiche di contrasto, capaci di ridurre il gradiente sociale di salute e di proteggere i gruppi più deboli, attraverso azioni sia di tipo sanitario, di prevenzione e di cura, sia di tipo non sanitario, indirizzando un approccio intersettoriale.
Per rispondere a queste sollecitazioni, la Commissione Salute della Conferenza delle Regioni ha istituito un proprio gruppo di lavoro, con il compito di elaborare proposte di indirizzo per le politiche regionali che potessero moderare gli effetti sfavorevoli dei determinanti sociali sulla salute. Nel 2014 questo gruppo di lavoro, a conclusione delle attività, ha elaborato il rapporto “L’equità nella salute in Italia”, in cui è stato presentato lo stato dell’arte delle disuguaglianze di salute e delle relative ricadute sulle politiche (2).
Dal suddetto rapporto è emersa la persistenza di disuguaglianze sociali a svantaggio dei soggetti più poveri, in termini di risorse materiali, aiuti e legami: disuguaglianze queste, che hanno numerose implicazioni su tutti i settori della politica, e che suggeriscono ambiti prioritari di intervento, sollecitando correttivi anche in forma di raccomandazioni.
Il rapporto è stato oggetto di numerose consultazioni con i principali portatori d’interesse nazionali tra cui anche gli enti strumentali del Ministero della Salute. Per valorizzare i risultati la Conferenza delle regioni ha assegnato all’INMP il compito di diffondere i messaggi del rapporto ai principali attori che, a livello nazionale e locale, hanno la possibilità di orientare politiche sanitarie e no sanitarie e di promuovere con questi attori, azioni congiunte e alleanze utili allo scopo di moderare le disuguaglianze di salute.
In concomitanza con queste attività e in modo quasi paradossale, la crisi economica che ha colpito le nostre società e la domanda sulle eventuali conseguenze sulla salute e le disuguaglianze di salute di essa, ha contribuito a far salire l’attenzione dei principali attori della politica su questi aspetti facendo confluire le attività di ingaggio portate avanti fino allora ed anche una investitura politica da parte della Ministra Lorenzin che ha presentato in pubblico il rapporto “L’Italia per l’equità nella salute” il 1 dicembre 2017 (3).
Questo rapporto segna un avanzamento importante, dato che è stato commissionato dalla Ministra ai suoi enti vigilanti (INmP, ISS, AgeNaS e Aifa, sotto la regia di INMP) e con il contributo della Regione Piemonte, capofila nella Commissione Salute delle Regioni, mostrando un impegno politico ed istituzionale dedicato.
Inoltre il documento per la prima volta identifica e propone azioni concrete di contrasto delle disuguaglianze di salute di cui è responsabile sia il sistema sanitario sia le politiche non sanitarie, a livello nazionale, regionale e locale, e che sono largamente fattibili perché già all’ordine del giorno della programmazione delle politiche nel paese. Dunque non solo un manifesto di intenzioni, ma un possibile programma di azioni su cui i più di cento centri di responsabilità e stakeholder coinvolti negli ultimi due anni hanno dato la disponibilità di investire.
A questa novità si aggiunge la nuova Joint Action Europea “Health Equity Europe!” (JAHEE)
la prima Joint Action in sanità pubblica coordinata dall’Italia, che vede l’ISS (insieme al Piemonte, ad AgeNaS e a INMP) coordinare 25 paesi membri nel progettare e realizzare almeno una azione concreta di riduzione delle disuguaglianze di salute scelta nel quadro di un menu’ di azioni di provata efficacia. Coordinare una JA non è solo un compito tecnico e manageriale su cui l’ISS si sta ben distinguendo, ma è soprattutto un compito politico sul quale il nuovo governo azionale e delle regioni dovranno far pesare i propri obiettivi se non di guida politica almeno di esortazione e promozione del tema nelle agende della politica di tutti i paesi europei.
Riferimenti bibliografici
1) Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni. Solidarietà in materia di salute : riduzione delle disuguaglianze sanitarie nell’UE
2) Costa G, Bassi M, Marra M et al, (a cura di). L’equità nella salute in Italia. Secondo rapporto sulle disuguaglianze sociali in Italia. Franco Angeli. Milano 2014. Sintesi
3) Mirisola C, Ricciardi G, Bevere F, Melazzini M. L’Italia per l’equità nella salute. Roma, novembre 2017. Scarica-il-documento-tecnico
Testo a cura di di Nicolás Zengarini, S.C. a D.U. Servizio Sovrazonale di Epidemiologia ASL TO3 – Regione Piemonte
Fonte: Disuguaglianze di salute