Trasformazione digitale molto rapida per nulla indolore. di Vincenzo Comito

Vincenzo Comito L’economia digitale, il lavoro, la politica, Ediesse 2018
Vincenzo Comito L’economia digitale, il lavoro, la politica, Ediesse 2018

Come redistribuire la ricchezza e i redditi a favore di quelli lasciati indietro dalle trasformazioni tecnologiche: è uno dei quesiti che si pone il nuovo libro di Vincenzo Comito (L’economia digitale, il lavoro, la politica)

Il settore dell’economia digitale sta diventando rapidamente il protagonista di gran lunga più importante degli attuali processi di trasformazione dell’economia mondiale. Il libro di Vincenzo Comito L’economia digitale, il lavoro, la politica, Ediesse, Roma, 2018, 186 pagine, 13 euro, in uscita il 4 ottobre, cerca di affrontare quindi i principali problemi che tale sviluppo pone su molti fronti, in particolare su quello del mondo del lavoro e su quello dei rapporti con la politica.

Nel testo è previsto un capitolo introduttivo (di cui a seguire pubblichiamo un estratto), nel quale sono presentate criticamente da una parte le principali novità specifiche che si vanno affermando nel settore digitale, dalla robotica all’intelligenza artificiale, agli enormi processi di accumulazione e utilizzazioni dei dati, all’internet delle cose, al riconoscimento facciale, dall’altra la lotta per la spartizione dei nuovi mercati da parte di Cina e Stati Uniti, con l’Europa e il resto del mondo sostanzialmente relegati nel ruolo di spettatori.

E’ inserito a questo punto un capitolo analitico su uno dei settori apparentemente più dinamici delle tecnologie numeriche, quello cosiddetto della sharing economy, ovvero dell’economia della condivisione, con particolare riferimento all’influenza dello sviluppo del comparto sul mondo del lavoro. Il terzo e il quarto capitolo esplorano invece l’influenza dell’innovazione tecnologica, insieme ad altri fattori di trasformazione, nei mutamenti in atto in due settori particolarmente toccati dall’innovazione, quelli dell’auto e della finanza.

Segue un capitolo che analizza in maniera generale le tendenze in atto nel mondo del lavoro, coniugando gli avanzamenti tecnologici con quelli della globalizzazione e di altre spinte di un capitalismo in profonda crisi.

Infine l’ultimo capitolo individua il che fare sui molti fronti in cui i giganti dell’economia digitale minacciano sviluppi poco auspicabili; si tratta di intervenire nel campo della politica industriale europea, nonché in quelli di tutela della concorrenza, di protezione dei dati personali, di sostegno alla qualità e quantità di lavoro disponibile, delle questioni fiscali, dei temi politici.

Le imprese dell’economia digitale e il loro potere

Tra i fattori principali che stanno contribuendo a cambiare in misura anche dirompente e molto rapido il nostro mondo sta certamente l’innovazione tecnologica ed in particolare quella relativa al mondo digitale.

Le grandi imprese del web, da Apple a Google, ad Amazon, a Alibaba, a Tencent, tendono a dominare con le loro tecnologie non solo il settore digitale, ma l’intera economia. Le loro attività toccano ormai ogni aspetto della vita quotidiana di diversi miliardi di persone e il loro potere economico, tecnologico, finanziario, politico sta diventando sempre più importante e pervasivo, in assenza o quasi, poi, di interventi significativi di orientamento e di controllo sistematico da parte dei pubblici poteri di tutto il mondo; semmai si può parlare in molti casi di complicità diffusa.


Stati Uniti, Cina, Europa

Dal punto di vista geografico, rispetto alla gran parte delle molte narrative sul tema, che pongono la loro attenzione essenzialmente sulle imprese statunitensi, noi abbiamo concesso nel testo più o meno la stessa attenzione delle prime a quelle cinesi, che, ci sembra, stiano acquistando più o meno la stessa importanza sul piano del potere di mercato, nonché dell’innovazione tecnologica e organizzativa, mentre pensiamo che nel lungo termine esse possano anche sopravanzare quelle statunitensi su tali fronti.

Per altro verso, il crescente peso cinese nel settore va anche collegato, oltre che alla forte spinta pubblica di sostegno che si esplica, tra l’altro, attraverso una adeguata politica industriale e anche, parallelamente, ad una rapida digitalizzazione dell’intera economia del paese, al momento almeno la più pervasiva che ci sia al mondo.

In tutto questo l’Europa gioca comunque sostanzialmente in una serie minore, senza grandi speranze di essere promossa a quella più importante, in mancanza, tra l’altro, di un forte processo di integrazione tra i paesi e le imprese del continente, prospettiva che sembra oggi molto lontana, nonché, parallelamente, in carenza di adeguati investimenti nel settore.

Le vie d’uscita dalla crisi del capitalismo

Quello che possiamo constatare è che il modello di capitalismo che abbiamo conosciuto in questo dopoguerra, pur con tutte le sue trasformazioni, oggi sembra in crisi e sembra non riuscire a mettere in pista delle trasformazioni adeguate al momento. Nessuno comunque riesce a capire veramente quali sbocchi economici, sociali, politici, ne potrebbero derivare nei prossimi anni.

L’unica pista chiara, accanto al ricorso sfrenato alla speculazione finanziaria e all’accelerazione dell’innovazione tecnologica, sembra quella di un attacco generalizzato al mondo del lavoro, attacco favorito anche dai governi di molti paesi, tra cui il nostro, nella speranza di erodere qualche margine di profitto in più spremendo le persone e di indebolire contemporaneamente una possibile voce dissonante dal coro, mentre sul piano politico si tendono a sperimentare, qua e la, delle soluzioni in qualche modo autoritarie per cercare di superare le grandi difficoltà che hanno oggi i governi a mettere insieme le risorse finanziarie per far fronte complessivamente ai bisogni espressi dalle popolazioni dei vari paesi, altro problema centrale della crisi presente.

Tale ultima difficoltà sembra avere origine, oltre che dal rallentamento dell’economia, anche dalla crescita delle diseguaglianze, fenomeno che tende a concentrare la gran parte dei surplus prodotti ogni anno in un numero molto limitato di soggetti, nonché infine dalla presenza crescente di altri protagonisti, i paesi emergenti, che tendono anch’essi ad esigere una fetta rilevante della torta.

La velocità del mutamento tecnologico

Durante il viaggio nel mondo dell’economia digitale chi scrive è stato comunque colpito da molte cose, ma tra le principali c’è certamente intanto la velocità con cui questa ondata di mutamento tecnologico e di applicazioni industriali e commerciali si va diffondendo sul mercato mondiale. Nel vecchio mondo industriale una nuova impresa, per affermarsi e diventare di grandi dimensioni, trovando magari una dimensione globale, poteva impiegare molte decine di anni, mentre oggi dei grandi complessi sembrano trionfare spesso in meno di dieci anni e in alcuni casi anche in molto minor tempo.


Tecnologia, lavoro, politica

Ancora in primo piano, tra le cose che hanno colpito chi scrive, sono almeno altri due temi: il primo, l’ enorme influenza che lo sviluppo di tali tecnologie (sviluppo che peraltro non è “oggettivo”, come può sembrare e come si vuol far credere da più parti, ma appare guidato nei suoi obiettivi e nelle sua direzioni di marcia privilegiate dagli interessi delle élites del mondo) avrà sempre più sul mondo del lavoro, sia dal punto quantitativo, con la minaccia persino della sua progressiva scomparsa quasi totale, che sul piano qualitativo, con la tendenza comunque ad una polarizzazione delle attività tra un ristretto nucleo di comando e la massa delle persone.


Tra l’altro, sta andando avanti una forte spinta nel mondo alla informalizzazione, frammentazione, casualizzazione, deregolamentazione del lavoro (De Stefano, 2016), con l’affermarsi, tra l’altro, di forme quali i contratti a zero ore, il lavoro a chiamata, il cosiddetto mechanical turk (un compito viene spezzettato in tante piccole fasi, ciascuna delle quali viene offerta per l’esecuzione, su internet, al miglior offerente), nonché le altre singolari attività presenti nella gig economy.

Il secondo tema da ricordare è la risposta a questi sviluppi, inesistente o molto debole o inefficace, da parte del mondo della politica a livello nazionale e internazionale, con il rischio che gli attori dell’economia digitale diventino i protagonisti assoluti del gioco del potere mondiale. C’entrano molto su questo l’ignoranza del tema, l’adesione anche fanatica ad un modello neoliberista che ammette tutto e perdona tutto in nome del mercato, il basso livello medio delle classi politiche occidentali, la corruzione, l’attenzione quasi esclusiva ai temi di brevissimo termine presenti in agenda.

Appare urgente quindi che i governi dei vari paesi e le organizzazioni internazionali interessate pongano le mani alla questione del controllo di tali imprese su molti piani. Negli ultimi tempi si deve, ad onor del vero, registrare qualche attivismo sul tema da parte dell’Unione Europea.

E’ intanto di nuovo sui temi del lavoro che si deve concentrare una parte fondamentale dell’attenzione dei pubblici poteri. Con lo sviluppo in particolare di attività quali l’intelligenza artificiale e l’automazione, nonché la parallela e già citata polverizzazione e precarizzazione del lavoro, che toccheranno profondamente la questione, bisognerà rispondere in maniera convincente a domande quali: come assicurare una dignità nel lavoro e assicurare che tutti possano essere dei membri produttivi di una società? Come ristrutturare il nostro sistema educativo per venire incontro alle domande delle nuove generazioni che devono adattarsi a questo nuovo mondo? Come redistribuire la ricchezza e i redditi a favore di quelli lasciati indietro dalle trasformazioni tecnologiche (Lee K-F., 2017)?

Su di un altro piano, bisogna arrivare a regolamentare al più presto il settore su molti fronti, dalla politica della concorrenza, a quello della tutela dei dati personali (su questo tema, tra l’altro, si è costituito un sistema che qualcuno – Shashama Zuboff- ha chiamato con efficace espressione di “surveillance capitalism”), a quello fiscale, a quello della dimensione etica delle scelte, agli stessi comportamenti politici.”


Testi citati

  • De Stefano V., The rise of the “just in time” workforce, ILO, Ginevra, 2016
  • Lee K.- F., China and America must shape the high-tech future together, www.ft.com, 3 dicembre 2017

 

Fonte: Sbilanciamoci

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