Lettera aperta di volontari, cappellani, operatori del sociale, del mondo del lavoro, della cultura, dello sport, della salute
La tragedia che si è consumata a Rebibbia ci ha lasciati senza fiato. Un dolore e un orrore che ha travolto tutti: i due bambini innanzitutto, quella madre che forse ancora non è consapevole di quello che ha fatto, tutti gli operatori dell’Istituto, le oltre trecento donne lì detenute, le loro famiglie e anche noi volontari, cappellani, operatori del sociale, del mondo del lavoro, della cultura, dello sport, della salute che ogni giorno entriamo in carcere per dare il nostro contributo affinché la pena risponda sempre più alle finalità dettate dalla Costituzione.
Abbiamo accolto tutto questo dolore in un silenzio rispettoso, vicini alle donne detenute, al loro smarrimento e dolore. Abbiamo cercato di comprendere i tanti tasselli di una vicenda che ha avuto un epilogo così drammatico.
Conosciamo la complessità del carcere, dei suoi problemi, della sua gestione. Ma conosciamo anche bene l’impegno da sempre profuso dalla Direzione dell’Istituto femminile di Rebibbia per fare del carcere un luogo di reinserimento, di riflessione, di presa di coscienza, di riappacificazioni delle detenute con sé stesse e con le persone che hanno sofferto per le loro colpe, di crescita culturale e molto altro ancora. Sappiamo dell’attenzione con cui le donne sono seguite e ne condividiamo le scelte operative, dell’apertura dell’Istituto al territorio e alle sue Istituzioni, come la scuola materna del quartiere che accoglie ogni giorno nelle sue classi i bambini della Sezione nido.
Ed è per questo che sentiamo il dovere di rompere il silenzio.
Pensare di dare una risposta risolutiva a questo dramma scaricando sulla Direzione e sulla Vice-comandante la responsabilità di quanto è successo è un grave errore. Le responsabilità sono tante e nessuno – nemmeno noi – può pensare di tirarsene fuori, trovando un colpevole che paghi per tutti.
Il dramma dei bambini in carcere è noto a tutti. La legge del 2011 ha tracciato una linea che prevede una collocazione alternativa al carcere per mamme e bambini, ma la sua applicazione fatica a trovare pienezza. Il disagio sociale sempre più presente all’interno degli Istituti di pena non è certo una novità e troppo spesso il peso di tale problema è affidato al personale di Polizia penitenziaria. Gli Enti locali faticano a dare risposte a chi esce dal carcere e cerca di ricominciare una vita diversa. I cittadini molto spesso si oppongono alla nascita di strutture di accoglienza, come le case famiglia per le donne detenute con figli.
Colpire i vertici della Casa circondariale femminile di Rebibbia significa, per noi, aggiungere danni alla tragedia provocata da una mamma detenuta.
I firmatari: A buon diritto, Arci, A Roma Insieme, Associazione Articolo 21 – Liberi di, AS.VO.PE. – Palermo. Associazione Antigone, Associazione Controluce – Pisa, Associazione Fuoririga – Casal del Marmo, Associazione Liberamente – Cosenza, Associazione Sarda per l’attuazione della riforma psichiatrica, Associazione Semi di Libertà onlus, Associazione Spondé onlus, Associazione Volontari In Carcere/Caritas di Roma, Atletico diritti, Cibo Agricolo Libero, Comunità di Sant’Egidio, Comunità Papa Giovanni XXIII, Conferenza nazionale Volontariato Giustizia, Conferenza per la Salute mentale nel mondo “Franco Basaglia”, Cooperativa Con-Tatto, Cooperativa Sociale Concordia onlus, Coordinamento Regionale “Tino Beiletti” – Piemonte e Valle d’Aosta, Coordinamento SEAC – Calabria, Coordinamento SEAC – Veneto, Cnca, Festival dei matti, Fondazione Franco e Franca Basaglia, Fondazione Zancan, Forum nazionale per la salute in carcere, Forum salute mentale nazionale, Gruppo Idee laboratorio ricuciamo, GRUSOL Gruppo solidarietà, I Cappellani degli Istituti di Rebibbia, La Fraternità – Verona, Magistratura democratica, Men at work onlus, Nessuno tocchi Caino, Oltre le sbarre, Osservatorio STOPOPG per la salute mentale, Panta Coop arl onlus, Ristretti orizzonti, SEAC, Sesta città di rifugio, Sesta opera San Fedele – Milano, Sesta Opera San Fedele – Rieti, Società Cooperativa e-Team, Società di San Vincenzo De Paoli, Ucsi – Unione cattolica stampa italiana, Unasam, Volare – Velletri Vo.Re.Co.