Ben prima che la “regionalizzazione della sanità” fosse sancita dalla Riforma Costituzionale del 2001, la Legge 180 e la 833 del 1978 assegnavano alle Regioni il compito e la responsabilità di programmare sistemi di cura per la salute mentale che rispondessero ai principi della deistituzionalizzazione e della territorializzazione dell’assistenza.
Come è noto, questo compito è stato assolto con modalità molto diverse da Regione a Regione e con evidenti differenze nei risultati ottenuti.
Ancora oggi, quella che eufemisticamente si definisce “applicazione disomogenea” della Riforma Psichiatrica si configura nei fatti come una lesione del diritto di ciascun cittadino a ricevere livelli essenziali di assistenza a prescindere dalla Regione di residenza. Le intollerabili disuguaglianze inter-regionali sono tanto più odiose in quanto non risolvibili ricorrendo a centri o specialisti di un’altra Regione, attivando la c.d. mobilità passiva a carico della Regione inefficiente. L’assistenza territoriale, infatti, salvo naturalmente le fasi di acuzie che richiedono ricovero ospedaliero, è rigidamente prestata ai soli cittadini residenti nell’area di competenza del DSM; né potrebbe essere diversamente, considerando la necessità che essa si realizzi nei contesti ordinari di vita delle persone, per favorirne l’inclusione sociale, abitativa, lavorativa e relazionale. D’altro canto, eventuali fenomeni di migrazione interna – che pure si verificano, per scelta o disperazione – da territori impoveriti verso Regioni in cui l’offerta socioassistenziale è più efficiente, creerebbero vere e proprie concentrazioni epidemiologiche di soggetti svantaggiati, mettendo a rischio la capacità di gestione dei sistemi meglio performanti.
Un ulteriore, non secondario, aspetto che caratterizza l’intero sistema della medicina territoriale riguarda l’assenza, sino ai tempi più recenti, di quei sistemi di monitoraggio e valutazione dei servizi che hanno consentito, nella medicina ospedaliera, un allineamento delle performance attraverso attività di benchmarking e conseguenti scelte di programmazione e organizzazione (si pensi alla razionalizzazione dei posti letto per alcune specialità chirurgiche o alla valutazione comparativa dei tempi di degenza per specifici interventi).
Le aree della medicina territoriale cui sono state dedicate maggiori attenzioni (e sulle quali sono disponibili dati validi ed attendibili) riguardano l’assistenza domiciliare integrata e le visite specialistiche ambulatoriali. In entrambi i casi, puntare i riflettori sui dati di attività delle singole Regioni ha avuto l’effetto di orientare i processi di programmazione verso l’incremento degli interventi che risultavano carenti e la riduzione dei tempi di attesa per l’accesso alle prestazioni specialistiche. Quest’ultimo è oggi tra i principali temi sui quali le amministrazioni pubbliche ed il management sanitario sono chiamati a rispondere all’opinione pubblica, anche in termini di consenso elettorale e/o di conferma alla guida delle ASL. La salute mentale non rientra però nelle citate rilevazioni, nonostante le lamentele di utenti e familiari riguardino molto spesso la carenza di domiciliarità e la difficoltà di accesso alle prestazioni, soprattutto psicoterapiche.
Negli ultimi anni tuttavia, è intervenuta una importante novità: dopo lunga gestazione è finalmente divenuto operativo presso il Ministero della Salute il Sistema Informativo Salute Mentale, che alimenta il Rapporto Salute Mentale (oggi alla seconda edizione, su dati 2016), la più estesa e aggiornata raccolta di informazioni che un Paese rende disponibile sul proprio sistema di cura per la Salute Mentale.
Nel breve volgere di alcuni anni si è passati, quindi, dalla totale assenza di dati quantitativi ad una enorme mole di informazioni che rischiano di essere troppo complesse e articolate per essere effettivamente utilizzate in sede di programmazione. Per scongiurare questa possibilità, niente affatto remota se si considera l’impatto pressoché nullo che il Rapporto Salute Mentale ha avuto sulle scelte di programmazione delle Regioni, la Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica ha proceduto, già dal 2017, alla sistematizzazione e sintesi dei dati disponibili in un set definito di indicatori, rappresentando – per ciascuna Regione – il «posizionamento» dei singoli indicatori rispetto al valore medio nazionale, nonché i punti di forza e di debolezza dei singoli sistemi Regionali e le criticità che meritano di essere affrontate.
I numeri della Regione Piemonte
I numeri della Regione Sicilia
Fabrizio Starace Presidente, Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica SIEP
fonte: SIEP