Sono passati sei mesi dal ritrovamento del corpo straziato di Pamela Mastropietro, il 31 gennaio, in due valigie abbandonate nella campagna di Corridonia, una località delle Marche. Dello scempio del corpo e di aver causato la morte della ragazza che ha lasciato il 29 gennaio la comunità “Pars”, sono subito accusati due, tre o anche quattro giovani immigrati africani, ben noti nell’ambito delle droghe. Si tratta di Innocent Oseghale, Desmond Lucky e Lucky Awelima e di un quarto personaggio, subito trascurato, forse confidente nelle indagini. Nega ciascuno, in tutto o in parte, le proprie responsabilità.
E’ noto altresì che qualche giorno più tardi – tre febbraio – un giovane locale, Luca Traini, pensando di fare giustizia e vendetta sugli assassini di Pamela, a lui sconosciuta, ma che ritiene vittima di spacciatori, attraversa il centro di Macerata, capoluogo del circondario, sparando a persone di pelle nera, colpendone alcune e ferendo anche una giovane donna, Jennifer Otiotio, episodio quest’ultimo di cui si è in seguito rimproverato. Traini spara anche contro un locale del partito democratico, si reca poi nel luogo del ritrovamento delle valigie con i resti di Pamela per deporre fiori e un cero a ricordo di Mussolini. Infine si fa prendere dai carabinieri davanti al monumento ai caduti. Manca un mese alle elezioni politiche. “Non rinnego nulla di quello che ho fatto”, ha dichiarato in seguito. “Mi dispiace solo per la ragazza di colore”. “Io volevo colpire solo maschi dell’età dello spacciatore presunto di Pamela”. In questa forma, la dichiarazione è dei primi giorni di maggio, quando Traini, consigliato dal suo avvocato, accetta, come possibile attenuante, di presentarsi come seminfermo di mente, avendo deciso di avvalersi dei vantaggi e dei rinvii delle pratiche tribunalizie; perizie mentali, controperizie e così via… L’esplicito fascismo, isolato, del gesto di Traini è considerato dall’antifascismo militante come un’evidente provocazione, una sfida cui occorre rispondere, mettendo da parte molte esitazioni. I ritardi nella risposta – i tira e molla si protraggono per alcuni giorni tra forze dell’ordine, autorità comunali, ministero degli interni, antifascisti più o meno moderati – non portano a ripensamenti ma piuttosto al contrario. Hanno l’effetto di far perdere di vista i fatti, di interpretare l’imminenza delle elezioni come un attacco e un contrattacco tra schieramenti politici. Una partita a scacchi in cui arroccare, difendersi e colpire, qualcosa più importante di ogni altro principio, ogni altra verità.
Nel corso dei primi giorni di febbraio si rivela inoltre una divergenza di opinioni tra i magistrati. La procura accusa gli immigrati anche di spaccio, violenza carnale e omicidio, mentre il giudice del riesame decide per il ricorso ad altre più approfondite perizie, mantenendo solo l’imputazione di scempio del corpo della ragazza per uno dei tre e per gli altri di spaccio. Intanto, sabato 10 febbraio si svolge infine a Macerata una grande manifestazione nazionale, calcolata dagli organizzatori in ventimila partecipanti, comunque in molte migliaia secondo la polizia, in difesa degli immigrati e a condanna dello sparatore Traini e dei suoi eventuali complici e sostenitori. Le elezioni politiche incombono: saranno tra tre settimane. In testa alla manifestazione si nota Cecile Kyenge, parlamentare europea per il partito democratico, già ministra nel governo italiano di Matteo Renzi; essa è particolarmente presa di mira dagli oppositori di destra, nella polemica sui social: in sostanza le si rimprovera di essere nata in Congo e di non considerarsi inferiore agli altri cittadini italiani per questo. Un altro personaggio noto tra i partecipanti al corteo è Gino Strada, il fondatore di Emergency; egli è spesso criticato dalla destra per il suo esplicito universalismo che contraria il sovranismo montante. Il funerale di Pamela Matropietro si volge invece a Roma, tre mesi dopo, il dieci maggio, a elezioni ormai digerite, quando la famiglia può disporre del corpo della giovane donna. Le esequie sono seguite da qualche centinaio di persone che portano luci e fiaccole; partecipano esponenti politici di destra, la sindaca della città, nonché Stefano Fassina, deputato della sinistra e consigliere comunale di Roma.
In piena estate, il 31 luglio, alla fine dei sei mesi, i giornali pubblicano finalmente una novità, del resto anticipata il giorno precedente dai notiziari televisivi: Innocent Oseghale ammette di aver fatto a pezzi il corpo della ragazza. “Era morta. io l’ho fatta a pezzi” ‘Oseghale svela la fine di Pamela’ così il Corriere della Sera, che aggiunge un sommario: “Roma, le prime ammissioni ai pm. E’ accusato dell’omicidio della 18enne”. Nel corso dell’articolo si legge anche dell’altro: “Non l’ho toccata – ha spiegato ancora Oseghale, secondo uno dei suoi avvocati, Simone Matraxia – quella mattina (il 30 gennaio) ho avuto con lei un rapporto sessuale consenziente nei sottopassi dei giardini Diaz, poi siamo andati da Desmond Lucky (scagionato dagli esami del Ris insieme al connazionale Awelima Lucky, i due sono in carcere ad Ancona per spaccio, ndr) ad acquistare una dose di droga e infine a casa mia”.
L’ultima verità di Innocent Oseghale sarà forse da completare, ma era facilmente prevedibile. Vi erano riscontri in serie, relativi alle tracce nella sua abitazione di Macerata, nei filmati presso la farmacia e in altre zone della città, nelle ammissioni o testimonianze di un tassista…. un insieme di indizi e forse prove inoppugnabili per gli inquirenti.
Dal canto mio, continuo a non capire come mai il 10 febbraio, sabato, durante la manifestazione nazionale contro il sanguinoso raid di Traini, contro la discriminazione dei più deboli, in difesa degli immigrati, cittadine e cittadini che partecipavano, provenienti da gran parte d’Italia, su invito di gruppi e partiti, sindacati e associazioni, non abbiano ritenuto opportuno ricordare che a fianco delle incolpevoli, deprecate vittime di Luca Traini, le persone immigrate, vi era un’altra vittima di una discriminazione ancora più forte e più antica, di un’ingiustizia implacabile e continua: una giovane donna, sola, indifesa, fragile se mai ve ne fu una, che un uomo dopo l’altro avevano forzato e sopraffatto, nel corso di tre giorni disperati, invece di portarle mai una qualche forma di aiuto, di umana solidarietà: uomini di tutte le età e di tutte le possibili etnie. Per la sinistra, assai presente nella manifestazione di Macerata, il 10 febbraio, deve avere prevalso l’altro sentimento importante, a fianco della solidarietà democratica, della spinta all’uguaglianza, della fraternità per gli oppressi di ogni parte; quello del “perbenismo”, spesso presente, sempre disposto a criticare, a condannare, a tenere lontana e “fuori” una ragazza diversa, una “che la dà via per un po’ di droga”.
Fonte: SBILANCIAMOCI.INFO