Ma chi è il ministro della Salute?
In pochi giorni è già la seconda volta che il leghista Salvini entra a gamba tesa su tematiche non di sua competenza. E non lo fa in incontri di governo, ma sul palcoscenico della piazza mediatica, in modo mirato, studiato, non improvvisato, per cercare di togliere un po’ di terra sotto i piedi dei ministri pentastellati. E la preferita adesso sembra la ministra Giulia Grillo.
La prima esternazione, sui vaccini, è stata fatta per togliere consensi a chi, molto più della Lega, l’anno scorso si era impegnato contro la legge presentata dalla ex ministra Lorenzin. Non a caso il M5S aveva proposto nel luglio passato una legge diversa, mentre la Lega stava a guardare. Anche perché “impacciata” dai rapporti di alleanza con Forza Italia, che aveva invece sostenuto le direttive ministeriali che hanno introdotto l’obbligo per dieci vaccini, e la punizione sia per i bambini piccoli (cacciata dagli asili), sia per i più grandicelli (le multe), non vaccinati.ù
La Lega era peraltro molto ondivaga: in Lombardia aveva applicato con solerzia le nuove normative; in Veneto, da sempre contro l’obbligo e però con alte percentuali di vaccinati, Zaia aveva posizioni più critiche (almeno in una prima fase, perché poi presentò e ritirò la proposta regionale di moratoria per la tempistica vaccinale).
Alla luce dei precedenti – e sapendo anche delle contraddizioni interne ai pentastellati sull’argomento – l’intervento di Salvini è stato un gesto non solo provocatorio, ma un chiaro messaggio a tutti: “Sui vaccini la Lega ha una linea sola ed è la mia”.
Eppure dopo questa uscita la neo ministra Grillo aveva risposto con forza e nettezza, dicendo al “collega di governo” che sull’obbligo ognuno può esprimersi liberamente, mentre sull’importanza delle vaccinazioni la competenza spetta al ministro responsabile. Cioè lei.
Sembrava che Salvini avesse capito. E invece domenica si è dilettato nell’attacco alla legge 180 – approvata 40 anni fa insieme ad altre importanti leggi (la 194, sull’interruzione di gravidanza, la 833, sull’Istituzione del servizio sanitario nazionale) – per dire che la cancellazione delle strutture di cura per i malati psichiatrici ha finito con l'”abbandonare migliaia di famiglie al loro destino. Tutti i giorni è un bollettino di guerra e lo stato fa finta di niente”.
Qui Salvini ha usato la solita tecnica populista, sostenendo in modo demagogico una tesi vecchia come il cucco. Perché il bollettino di guerra è una efficace uscita propagandistica, senza alcun riscontro di cronaca. (A meno che non si vogliano inserire nel bollettino anche i femminicidi – molti con risvolti fortemente psichiatrici – però non credo fosse questa l’intenzione del ministro). Ma è vero che le famiglie che vivono il dramma dei malati in casa si sentono spesso abbandonate; è vero che nei servizi psichiatrici, secondo un’indagine il ministero della Salute, ci sono 9 mila operatori in meno rispetto al fabbisogno; è vero che servono nuove linee guida; è vero che la legge 180 va attuata con più risorse e più investimenti.
Ma quello che avviene nei servizi psichiatrici riflette ciò che vediamo per tutta la Sanità: carenza di risorse, carenza di organici, lunghe attese per le visite, mancanza di posti letto. E questi problemi sono arcinoti al mondo sanitario. E non è quindi Salvini che li fa scoprire a chi ogni giorno si batte per avere una migliore assistenza. Per tutti, e perciò anche per i malati psichiatrici.
Proprio per queste ragioni, a meno che l’uso della frase “bollettino di guerra” non si riferisca alla possibilità di azione come ministero degli Interni, resta il fatto che gli interventi salviniani sembrano avere una forte impronta politica, tesa a mettere i bastoni tra le ruote ad altri ministri (purché non leghisti). E allora ripeto la domanda iniziale: il ministro della Salute è Giulia Grillo o Matteo Salvini?
Fonte: Repubblica