A leggere le cronache, in Italia la realtà dei consumi di sostanze psicotrope illegali sembra non uscire mai dall’emergenza. Il continuo allarme, la perenne tematizzazione massmediologica descrive il nostro paese, in particolare i giovani, preda di uno spaccio incontrollato di droghe ogni giorno diverse e sempre più pericolose. Sembra che ogni fatto di cronaca trovi una giustificazione, almeno parziale, nel consumo di stupefacenti, e si moltiplicano le inchieste giornalistiche che riscoprono l’eroina, la cocaina, le droghe sintetiche, la ketamina, insomma riscoprono sostanze presenti sul mercato dallo scorso secolo. La norma prevede che vengano mandati in onda servizi o vengano redatti articoli quanto mai allarmati in merito alle ultime, presunte, novità offerte dal mercato illegale degli stupefacenti, perpetuando un sentimento di eterna emergenza intorno a consumi che, in verità, sono presenti stabilmente da decenni e che coinvolgono milioni di italiani e europei. Si tratta di una pigrizia intellettuale che si piega alle necessità di non aprire un serio dibattito su nuove, possibili, regolazioni delle politiche sulle droghe e non spiega nulla sulle motivazione che spingono tanti cittadini a consumare sostanze psicotrope illegali, a consumare fuori dalla prescrizione medica psicofarmaci e ad abusare dei prodotti alcolici. Soprattutto, non affronta mai il tema dei servizi sociosanitari, pubblici e della cooperazione, che in questo paese si prendono cura dei cittadini che presentano problemi alcol e droga correlati, impedendo che in Italia succeda quanto va accadendo negli Stati Uniti, dove si contano oltre 40mila morti per overdose da eroina, antidolorifici e altri oppioidi. Se esiste un’emergenza nel campo delle dipendenze, è rappresentato dal fatto che i servizi pubblici e della cooperazione ad esse dedicate rappresentano la cenerentola delle politiche sociosanitarie: Ser.D. spesso con personale vicino alla pensione e in deficit cronico nell’organico, cooperative e comunità che vanno avanti con risorse sempre più scarse e con una totale incertezza per il futuro. Nonostante questo, e grazie alla volontà di alcune Regioni, questa policy community continua a proporre innovazione e sperimentazione, oltre a garantire la quotidiana gestione di un fenomeno che non da tregua, tanto in termini quantitativi che qualitativi. Lo testimoniano i risultati presentati nel convegno del 23 marzo scorso, organizzato dal Progetto CARE, Cocaine Addiction Rehabilitation Enforcement, servizio specialistico residenziale per il trattamento della dipendenza da cocaina, attivo nel Lazio dal 2011. Le novità di CARE sono molte, a partire dal partenariato che vede lavorare insieme due cooperative sociali, Il Cammino (capofila) e Parsec, e tre ASL della Regione Lazio (due romane, ASL Roma 2 e 4, e ASL Frosinone). Ma la novità più significativa risiede nel metodo scelto, che prevede, per ciascun utente preso in carico, un approfondimento diagnostico che permetta: l’individuazione di un adeguato programma terapeutico, personalizzato e dettagliato nei tempi e negli obiettivi; un intervento terapeutico ad alta intensità con ripetuti momenti di time-out (sospensione) dalle ordinarie attività e con l’alternanza di interventi terapeutici gruppali ed individuali; uno spazio di ascolto, condivisione e supporto per i familiari. La residenzialità è organizzata per moduli della durata di due giorni, di norma nel fine settimana (venerdì-domenica) o durante la settimana (martedì-giovedì). La frequenza dei moduli e la durata del programma vengono stabiliti nel piano terapeutico individuale, il programma terapeutico è definito per obiettivi di cura personalizzati e articolato per essere conciliabile con gli impegni familiari e lavorativi di ciascun utente.
I moduli residenziali rappresentano un’esperienza terapeutica intensiva di gruppo, durante i quali si alternano momenti terapeutici ed attività esperienziali e ludiche.
Gli utenti di CARE, dal 2011 al 2017 sono stati 300. Di questi 79 sono stati accolti con diagnosi, 125 hanno ricevuto un trattamento, concluso per il 62% e ancora in corso per il 14%. Numeri importanti che dimostrano come un servizio pensato per conciliare il trattamento della dipendenza da cocaina con i tempi di vita e di lavoro delle persone prese in carico non solo risulta efficace, ma risponde anche alla necessità di rispettare i bisogni, gli obiettivi scelti e le aspettative di coloro che si rivolgono a CARE alla ricerca di una chance per migliorare la loro salute.
Claudio Cippitelli, sociologo – socio fondatore Associazione PARSEC