“Si pensava a qualcosa di meglio”, avrebbe detto Sergio Endrigo, del tempo che ci tocca di vivere.
Questo Libro Bianco sulla politica delle droghe, il nono, viene pubblicato alla conclusione di un lungo ciclo che ha visto protagonisti e vicende assai contrastanti, dalla approvazione della legge Fini-Giovanardi al dominio di Giovanni Serpelloni sul Dipartimento antidroga, dalla cancellazione della legge iperproibizionista e punitiva da parte della Corte Costituzionale a timide modifiche legislative.
Purtroppo, nonostante gli scenari internazionali di riforma che si sono manifestati in questi anni, non si è attuato nessun cambio di orientamento politico; addirittura non si è più identificato un responsabile politico e si è lasciato a una pura gestione amministrativa il Dipartimento antidroga.
Il nulla ha prevalso e così le associazioni impegnate da anni su questo fronte hanno presentato una diffida giudiziaria verso il Governo per inadempienza rispetto al dovere previsto dal comma 15 dell’articolo 1 del Dpr 309/90 sulla convocazione di una Conferenza triennale allo scopo anche di suggerire al Parlamento le necessarie modifiche alla legislazione. L’ultima conferenza, per altro blindata e senza dibattito, risale al 2009 e l’ultima di reale confronto al 2000 a Genova.
Unica nota positiva recente, l’inserimento nei Lea della riduzione del danno e un maggiore spazio per la canapa terapeutica.
Tutti sul tappeto restano i problemi aperti o irrisolti: la riunione dell’Onu a Vienna nel 2019, la presentazione delle due proposte di legge sulla legalizzazione della canapa e di revisione radicale del Dpr 309/90, la richiesta ultimativa per la convocazione della Conferenza nazionale sulla politica delle droghe, la ridefinizione della natura e dei compiti del Dipartimento antidroga, un confronto sulle soluzioni che emergono in tanti paesi nel mondo.
Intanto, questo libro bianco ci racconta del ritorno dell’affollamento penitenziario e del ruolo che, in esso, gioca ancora una volta la legislazione proibizionista in materia di droghe. Se gli ingressi in carcere hanno cominciato ad aumentare dallo scorso anno, quelli per violazione delle legislazione sugli stupefacenti guidano l’incremento, costituendone quasi il 30%, quanti non erano dal 2013. Se i detenuti in carcere aumentano, percentualmente aumentano di più quelli per reati di droga. Un quarto dei detenuti è tossicodipendente e solo una piccola parte di loro riesce ad accedere alle alternative al carcere per loro prescritte.
E hanno ripreso a crescere anche le segnalazioni ai prefetti dei semplici consumatori, caduti anche loro nella rete dei maggiori controlli e dell’ossessione securitaria: oltre 40.000 segnalazioni (all’80% per possesso di cannabinoidi), 15.581 sanzioni e solo 86 richieste di programmi terapeutici. E’ solo una inutile macchina sanzionatoria che in quasi trent’anni ha colpito più di un milione e duecentomila persone.
Il taglio originale di questo Libro Bianco è di mettere al centro della riflessione sulla politica delle droghe, oltre alla tradizionale analisi dei dati sugli effetti penali e sul carcere, la fotografia della realtà dei servizi pubblici e del privato sociale, legati ai nuovi consumi e lo stato della ricerca scientifica sul fenomeno in continua evoluzione.
Questa parte mette in luce i limiti della Relazione del Dipartimento politiche antidroga che offre un quadro statico e datato, assolutamente privo di indicazioni per i parlamentari e gli operatori. Un altro suo limite grave è rappresentato dalla assenza del punto di vista dei consumatori che sono confinati nel ruolo di vittime della repressione o di malati da curare. La Relazione del Governo non è mai discussa dal Parlamento. Vogliamo sperare che diversa sorte abbia questo Libro Bianco.
Il Libro Bianco