Ucraina, a 30 anni da Chernobyl, il latte (e non solo) è ancora radioattivo

Latte radioattivo, campi di patate contaminati, maiali allevati con mangimi inquinati. Questa la triste realtà quotidiana dei villaggi ucraini entro un raggio di 200 Km dalla centrale fantasma di Chernobyl. L’appello degli scienziati per implementare una serie di misure a salvaguardia degli abitanti di questi Paesi, visto che il governo ha abbandonato qualunque iniziativa. E intanto, il livello di radioattività nel latte è 12 volte la soglia di sicurezza per un bambino.


08 GIU – Il latte, in tante, troppe parti dell’Ucraina, ancora oggi , a distanza di 30 anni dal disastro della centrale di Chernobyl, contiene livelli di radioattività fino a 5 volte la soglia di sicurezza per un adulto e 12 volte quella di un bambino. A renderlo su Environmental International,  sono gli scienziati dei Greenpeace Research Laboratories presso l’Università di Exeter e lo Ukrainian Institute of Agricultural Radiology che ha esaminato campioni di latte prelevati da varie fattore della regione Rivne, a circa 200 km dalla centrale nucleare di Chernobyl, diventata tristemente celebre per l’esplosione che l’ha in parte distrutta nel 1986.
In almeno 6 delle 14 delle fattore studiate, i livelli di cesio radioattivo nel latte superano la soglia di sicurezza per gli adulti (100 Bq/L), mentre 8 di queste fattorie producono un latte che supera i 40 Bq/l, la soglia di sicurezza per i bambini.
In una di queste fattorie il latte è poi così radioattivo da superare di 5 volte la soglia di sicurezza per gli adulti e ben 12 volte quella per i bambini, che sono poi i principali consumatori di latte.

“Più di 30 anni dopo i disastro di Chernobyl – riflette la dottoressa Iryna Labunska, dei Greenpeace Research Laboratories dell’Università di Exeter – la gente è ancora esposta abitualmente al cesio radioattivo, attraverso il consumo di alimenti base locali,quale appunto il latte, nelle zone  interessate dal disastro nucleare. Molte delle persone di quest’area possiedono una mucca per il latte e i bambini ne sono i principali consumatori. Sebbene il livello di contaminazione al suolo nelle aree esaminate non sia estremamente elevato, il cesio radioattivo continua ad accumularsi nel latte e in altri alimenti; in questo modo, gli abitanti di questi villaggi sono esposti cronicamente alla radioattività e questo comporta gravi rischi, soprattutto per i bambini.”

Sarebbe sufficiente – affermano gli scienziati –  prendere alcune misure di protezione per portare i livelli di radiazione al di sotto dei limiti di sicurezza, al costo di appena una decina di euro a persona l’anno (sono 8.300 le persone che vivono nei sei villaggi con i più elevati livelli di contaminazione). Tali misure comportano ad esempio la somministrazione di chelanti del cesio (come il Ferrocyn), alle mucche, utilizzare dei fertilizzanti naturali nei campi di patate e nutrire i maiali con mangime non contaminato.

La spesa per coprire questi interventi è destinata a scendere anno dopo anno, con la caduta dei livelli di radioattività. L’alternativa, quella di non fare nulla, farebbe si che i livelli di radioattività continuerebbero a superare i 100 Bq/L, fino almeno al 2040.
E qualcosa il governo ucraino aveva per la verità cominciato a fare, in questo senso, salvo abbandonare qualunque iniziativa già dal 2009.

“E’ importante effettuare un monitoraggio internazionale e locale, oltre che aiutare le persone colpite da questa situazione. Senza contromisure adeguate, quello che oggi potrebbe sembrare un evento puramente storico, è destinato a restare una realtà quotidiana per le comunità maggiormente colpite”.

Maria Rita Montebelli

Fonte: Quotidianosanita.it

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