I SERVIZI EDUCATIVI PER L’INFANZIA RIMANGONO UN MIRAGGIO NEL NOSTRO PAESE? Sei proposte dell’Alleanza per l’infanzia

I servizi educativi per la prima infanzia sembrano essere sempre più marginali nell’agenda del Governo. Pubblichiamo le riflessioni e le sei proposte concrete che Alleanza per l’Infanzia formula a partire dalle mancate scelte che risultano nei Piani e nelle azioni adottate, chiedendo al Governo un atto di programmazione sostenuto da adeguate risorse, che tenga conto delle necessità che ogni famiglia con bambine e bambini piccoli vive giornalmente.


servizi educativi per la prima infanzia sembrano essere sempre più marginali nell’agenda del Governo. Sono quasi del tutto assenti in tutti e tre i documenti usciti in queste settimane che, a partire da prospettive diverse, definiscono le strategie pluriennali da adottare per garantire il benessere e i diritti delle bambine e dei bambini (il “6° Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva”, il Piano Nazionale per la Famiglia e le “Nuove indicazioni 2025 – Scuola dell’infanzia e Primo ciclo di istruzione. Materiali per il dibattito pubblico”). Senza dimenticare il mancato rinnovo, o la ricostituzione, della Commissione Nazionale 0-6, scaduta a luglio 2024.
In particolare, nel Piano dedicato all’infanzia per i prossimi anni il riferimento ai nidi e i servizi integrativi (così come previsti dalla L.107/2015 e successivo D. Lgs.65/2017) si trova solo nell’azione 2, che riguarda il sostegno alle competenze genitoriali, mentre è assente dalla sezione educazione. Inoltre, tale riferimento è molto generico e non vengono previste azioni e interventi concreti. Rispetto alla constatazione dell’avere in Italia un livello di copertura ridotto e territorialmente molto diseguale non fa seguito nel Piano alcuna richiesta di una correzione della situazione, neppure in riferimento agli obiettivi del PNRR.
Questa marginalità della questione è anche più sorprendente se si compara il testo di tale 6° Piano con quello del 5° Piano di pochi anni fa (2022-23), riportato in appendice al presente Schema di Piano, in cui si indicava come primo obiettivo quello di garantire il diritto all’educazione dalla nascita, tramite il rafforzamento dei servizi educativi e la facilitazione dell’accesso nelle fasce di età 0-3 e 0-6 anni.
Si ricorda che il 5° Piano è stato approvato da un Governo in cui sedevano anche molte delle forze politiche presenti in quello attuale. La sua approvazione, così come la scelta del PNRR di darsi come obiettivo altamente qualificante la creazione di un sistema robusto di servizi educativi alla prima infanzia, investendo 4,6 miliardi di euro a tal fine, erano state largamente condivise in Parlamento da praticamente tutti i partiti.
Di rafforzamento dei nidi come servizi educativi non si parla neppure nel Piano Nazionale per la Famiglia, dove si prevede soltanto la sperimentazione di nidi domiciliari, a valenza più custodialistica che educativa. Eppure, un’ampia letteratura internazionale sottolinea l’importanza di esperienze educative nella primissima infanzia che affianchino e sostengano quelle familiari per favorire lo sviluppo delle bambine e dei bambini e contrastarne gli svantaggi sociali. L’educazione nei primi anni di vita deve essere riconosciuta come un diritto essenziale e un pilastro delle politiche pubbliche per l’infanzia e la natalità.
I nidi come servizi educativi sono anche assenti dal documento “Nuove indicazioni 2025 – Scuola dell’infanzia e Primo ciclo di istruzione. Materiali per il dibattito pubblico”. Benché si accenni alle Linee Pedagogiche del sistema integrato zero-sei, i servizi educativi 0-3 non sono contemplati, la parola “nido” nel testo non compare mai, come se l’educazione extra-familiare iniziasse ai tre anni.
Anche il Piano asili nido e scuole dell’infanzia previsto nel PNRR (M4-C1.1.1) presenta criticità rispetto allo stato di attuazione, come hanno rilevato in questi mesi varie istituzioni (dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio alla Corte dei Conti), così come soggetti della società civile. Il rischio è quello di non terminare e collaudare le nuove strutture previste dai finanziamenti del PNRR nei termini previsti di giugno 2026.
Tale rischio appare particolarmente elevato se si mettono insieme i cambiamenti (al ribasso) che sono intervenuti in questi anni, rispetto agli obiettivi iniziali previsti dal PNRR. Originariamente il PNNR prevedeva la realizzazione di 264.480 nuovi posti, a cui erano destinati 4,6 miliardi di euro: 3 miliardi per nuovi progetti e 1,6 miliardi per i progetti in essere (ossia già finanziati con risorse nazionali). Alla gestione delle nuove strutture erano assegnati 900 milioni di euro. Con la rimodulazione del PNRR di fine 2023, l’obiettivo è stato ridotto 150.480 posti per asili nido e scuole dell’infanzia e la scadenza conclusiva è stata prorogata di 6 mesiLe risorse europee continuano a essere la principale fonte di finanziamento, ma sono state ridotte a 3,24 miliardi di euro, con un consistente ridimensionamento dei progetti in essere. Inoltre, anche nel caso auspicato in cui gli obiettivi di realizzazione del PNRR verranno raggiunti, rimane ancora non sufficientemente preso in considerazione il tema relativo al reperimento, nel Bilancio dello Stato, delle risorse economiche da destinare al personale dedicato al funzionamento delle nuove infrastrutture per l’infanzia.
Sempre in merito agli obiettivi del PNRR, un ulteriore segnale di preoccupazione è quanto è stato riportato nell’Appendice VI del Piano Strutturale di Bilancio di Medio Terminealla Tavola A.VI.4 si legge che l’Italia, determinato come obiettivo di riferimento il quarto trimestre del 2027, intende “garantire che le strutture pubbliche e private per l’infanzia abbiano una disponibilità di posti pari ad almeno il 33% del numero dei bambini sotto i 3 anni a livello nazionale”, mentre sarà sufficiente “una disponibilità di posti, pari ad almeno il 15% del numero dei bambini sotto i 3 anni, a livello regionale”.
Tale ultimo cambiamento rappresenta un depotenziamento fortissimo degli obiettivi che il PNRR si era originariamente dato: seppur lontani dal raggiungimento del target europeo del 45% previsto per il 2030, ci si era prefissati di arrivare almeno a una copertura del 33% a livello di ambito territoriale, non solo nazionale e neppure regionaleChi farà le spese di tale revisione al ribasso degli obiettivi saranno quei territori già poco forniti di opportunità, che non vedranno decollare la possibilità di sviluppo. In particolare, le aree interne, i piccoli comuni e le zone economicamente più fragili potrebbero essere escluse dal processo di potenziamento della rete educativa, compromettendo il principio di equità territoriale e di uguaglianza nell’accesso ai diritti di cittadinanza.
A tutto ciò si aggiunge una crescente sottovalutazione, sia del ruolo degli enti locali, sia di quello del personale educativo, che operano quotidianamente per garantire l’effettiva attuazione dei diritti educativi nei territori. Si tratta di funzioni indispensabili, che richiedono un adeguato riconoscimento in termini di risorse, stabilità occupazionale e valorizzazione professionale, affinché il sistema integrato 0-6 possa garantire continuità, qualità e accessibilità su tutto il territorio nazionale.
Alleanza per l’Infanzia evidenzia che, anche nelle più ottimistiche ipotesi di attuazione di quanto previsto dal PNRR per l’ampliamento dell’offerta di nidi, la grande maggioranza dei bambini, delle bambine e delle famiglie italiani resteranno esclusi da un supporto educativo nei primi 1000 giorniche, come peraltro ricordato dallo stesso “6° Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva” e dal documento approvato dal Ministero della Salute e della conferenza Stato-Regioni all’inizio del 2020, rappresentano il periodo in cui sono maggiori le opportunità per garantire una crescita e uno sviluppo ottimale e prevenire, o ridurne gli effetti, situazioni di fragilità del contesto familiare.
Infine, ci preme evidenziare che i servizi educativi per la prima infanzia svolgono un ruolo importante anche nel sostenere le famiglie, facilitando la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro. La loro assenza, pertanto, compromette i diritti dei minori e incide sulle disuguaglianze che gravano in modo particolare sulle donne.

Alla luce di tutto ciò Alleanza per l’Infanzia esprime tutta la sua preoccupazione relativamente alle mancate scelte che risultano nei Piani e nelle azioni adottate e chiede al Governo un atto di programmazione sostenuto da adeguate risorse, che tenga conto delle necessità che ogni famiglia con bambine e bambini piccoli vive giornalmente.

Per questo, Alleanza per l’Infanzia ritiene indispensabile il rafforzamento del sistema integrato 0-6, come del resto prevede l’atto di indirizzo 2025 del Ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara.

Avanza dunque le seguenti proposte:

  1. Supporto al consolidamento del sistema integrato 0-6 e suo raccordo con il sistema scolastico, per esempio mediante forme di valutazione della qualità dei servizi offerti, a partire da un curricolo verticale, come previsto dalla Raccomandazione dell’Unione Europea del 2022 sulla revisione degli obiettivi di Barcellona per il 2030.
  2. Gratuità o forte riduzione dei costi per i posti disponibili nei servizi per l’infanzia per i bambini da 0 a 3 anni, anche attraverso accordi specifici con le Regioni, sul modello di quanto già avviene ad esempio nella Regione Toscana.
  3. Sostegno deciso alla diffusione di servizi 0-3 nelle aree meridionali del Paese, mediante la promozione di accordi tra scuole statali e enti locali per la costituzione di poli infanzia 0-6.
  4. Revisione radicale delle Indicazioni Nazionali 2025 con l’inclusione dei servizi 0-3, evitando, sia per i nidi sia per la scuola dell’infanzia, forme di scolarizzazione precoce e la disciplinarizzazione dei campi di esperienza loro rivolti.
  5. Armonizzazione delle politiche sociali di conciliazione con quelle educative per i bambini e le bambine da 0 a 3 anni e per le loro famiglie, mediante previsione dell’estensione dei servizi educativi in accordo con il termine del congedo parentale di entrambi i genitori, in modo da favorire l’entrata o la permanenza nel mercato del lavoro dei genitori, così come già avviene in molti Paesi.
  6. Ripristino della Commissione 0-6, mediante nomina di rappresentanti del mondo accademico, dell’associazionismo e degli enti locali, a garanzia della qualità di sistema.

fonte: https://www.forumdisuguaglianzediversita.org/quale-europa-cronache/#1743584713234-e25b4911-d220

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