Dengue e cambiamenti climatici. di Maria Josè Caldes, Gabriele Cerini

Negli ultimi decenni, le malattie trasmesse da zanzare hanno registrato un aumento significativo, spinto da cambiamenti climatici, urbanizzazione e mobilità umana. Il cambiamento climatico ha aumentato del 30% la diffusione della dengue negli ultimi vent’anni, con implicazioni simili per altre malattie come Zika, Chikungunya e malaria.  In particolare, le Americhe hanno visto un incremento allarmante dei casi di dengue: 9,7 milioni di infezioni nel 2024, oltre il doppio rispetto ai 4,6 milioni del 2023.


Un recente articolo pubblicato dal BMJ della giornalista freelance Kamala Thiagarajan offre un’analisi approfondita dell’impatto della dengue a livello globale, evidenziando il 2024 come un anno critico per questa malattia, aggravato dal record di temperatura media globale rispetto all’era preindustriale (1).  La dengue, trasmessa dalle zanzare Aedes aegypti e Aedes albopictus, è una crescente minaccia sanitaria globale. Nel 2024 sono stati registrati oltre 12 milioni di casi e 8.000 decessi in 86 paesi (2). Un incremento che riflette l’intreccio tra cambiamento climatico, urbanizzazione e disuguaglianze socioeconomiche. Partendo dall’articolo di Thiagarajan, presentiamo un’analisi generale dell’impatto del clima sulla diffusione della dengue, come di altre malattie trasmesse da vettori, l’efficacia delle politiche di prevenzione e trattamento, e le implicazioni economiche e politiche che influenzano la gestione di queste minacce sanitarie nell’era del cambiamento climatico.

La diffusione globale della dengue: dati e tendenze

Negli ultimi decenni, le malattie trasmesse da zanzare hanno registrato un aumento significativo, spinto da cambiamenti climatici, urbanizzazione e mobilità umana. Il Lancet Countdown on Health and Climate Change del 2023 (3) evidenzia che il cambiamento climatico ha aumentato del 30% la diffusione della dengue negli ultimi vent’anni, con implicazioni simili per altre malattie come Zika, Chikungunya e malaria. Secondo il BMJ,  le Americhe hanno visto un incremento allarmante dei casi di dengue: 9,7 milioni di infezioni nel 2024, oltre il doppio rispetto ai 4,6 milioni del 2023 (Fig. 1). Dal 1990, i casi di dengue sono raddoppiati ogni decennio, mettendo a rischio quasi la metà della popolazione mondiale. Confrontando i decenni 1951-1960 e il 2013-2022, il tasso di riproduzione base (R0) della dengue è aumentato del 28% per Aedes aegypti e del 27% per Aedes albopictus, con un allungamento della stagione di trasmissione dal 13% al 15%. Questo aumento preoccupante si riflette anche nelle proiezioni future che, sempre nelle Americhe, indicano che entro il 2039 la malattia potrebbe interessare il 97% dei comuni in Brasile e il 91% in Messico, coinvolgendo grandi città densamente popolate come Città del Messico e Porto Alegre. Anche in Asia la situazione è allarmante, in India, che rappresenterebbe un terzo del carico globale di dengue, modelli epidemiologici stimerebbero 33 milioni di casi clinicamente evidenti ogni anno (4). Tuttavia, il governo ha riportato ufficialmente solo 157.325 casi dal 2019, segnalando una drammatica sottostima che complica, tra le altre cose, la pianificazione sanitaria.

Fig. 1 Casi sospetti di dengue settimanali nel 2024, 2023 e media degli ultimi 5 anni. Regione delle Americhe. Pan American Health Organization Report on dengue, 2024

Il caso dello Sri Lanka

Lo Sri Lanka rappresenta un esempio di successo nella gestione della dengue, grazie alla politica di “zero morti da dengue” adottata nel 2019. Con una popolazione di 22 milioni di persone e un’incidenza di 408 casi ogni 100.000 abitanti, il paese ha registrato nel 2023 un tasso di mortalità dello 0,08% (62 decessi), un dato nettamente inferiore alla media globale. Le strategie alla base di questo successo includono:

  • Un sistema di sorveglianza epidemiologica altamente efficace, basato su un doppio flusso di dati integrati. Da un lato, un sistema elettronico monitora quotidianamente i casi registrati in tutto il paese; dall’altro, un sistema di sorveglianza ospedaliera trasmette giornalmente al Ministero della Salute il numero di ricoveri sospetti provenienti da oltre 70 ospedali a livello nazionale.
  • La formazione obbligatoria per i medici, basata su protocolli standardizzati, per garantire una gestione clinica uniforme.
  • L’impiego di tecnologie per rilevare precocemente le complicanze sistemiche. Come spiegato al BMJ da Lahiru Kodithuwakku del National Dengue Control Unit, il monitoraggio dell’ematocrito tramite analisi point-of-care e l’ultrasonografia bedside, hanno svolto un ruolo cruciale nell’identificazione rapida della perdita di plasma, un segnale precoce della Dengue Shock Syndrome (DSS), complicanza ad altissima letalità. Spiega ancora Kodithuwakku “unità di terapia intensiva per la dengue, completamente attrezzate per gestire i casi più complessi, sono state istituite nei distretti ad alto rischio in tutto il paese.” Grazie a queste misure, la tempestività delle cure è migliorata in modo significativo, contribuendo a ridurre drasticamente complicazioni e decessi.
Prevenzione collettiva ed individuale

Tuttavia, il trattamento della dengue rimane prevalentemente sintomatico, in assenza di antivirali specifici, e il panorama vaccinale continua a presentare sfide. Dengvaxia (Sanofi-Pasteur), approvato nel 2015, è stato limitato dall’alto rischio di complicanze in individui precedentemente non infettati.  Più recentemente è stato approvato Qdenga (Takeda), che offre una maggiore protezione con un’efficacia variabile tra i quattro sierotipi della dengue. A differenza di Dengvaxia, Qdenga può essere utilizzato anche su individui mai infettati dal virus, rendendolo adatto a una popolazione più ampia, tra cui bambini tra i 4 e i 6 anni e adulti oltre i 45 anni. Inoltre, richiede un numero inferiore di dosi per l’immunizzazione completa. Nonostante i progressi nella ricerca, l’accesso e la distribuzione dei vaccini contro la malattia rimangono sfide significative, soprattutto nei paesi a risorse limitate; peraltro, sebbene i vaccini rappresentino una componente importante della prevenzione, non possono essere l’unica soluzione. È fondamentale integrare strategie più ampie, come campagne di sensibilizzazione per la gestione degli ambienti domestici e programmi di controllo amministrativo mirati alla riduzione della proliferazione dei vettori. Questi programmi includono interventi su larga scala, come il trattamento delle acque stagnanti, la rimozione di potenziali habitat per le zanzare e l’uso di tecnologie avanzate per il monitoraggio delle popolazioni di insetti. Con il 55% della popolazione mondiale che vive in aree urbane, le città rappresentano un punto cruciale per l’attuazione di tali interventi. Da un lato, la densità demografica e le condizioni ambientali urbane aumentano la vulnerabilità agli eventi climatici estremi; dall’altro, offrono opportunità per interventi mirati grazie alla concentrazione di risorse e infrastrutture. Nel 2022, l’80-92% delle città in Oceania, Europa e Nord America ha completato valutazioni del rischio climatico e della vulnerabilità associata, ma queste percentuali scendono significativamente in regioni come l’Africa (62%), l’America Centrale e Meridionale (56%) e l’Asia (51%). Queste aree, spesso le più esposte ai rischi climatici, rimangono le meno protette, evidenziando l’urgente necessità di interventi integrati e coordinati.

La lotta globale alla dengue è ulteriormente ostacolata da finanziamenti insufficienti e disuguaglianze economiche. L’OMS ha richiesto 55 milioni di dollari per il piano strategico 2024-2025 contro le malattie vectorborne, ma questa cifra è lontana dai bisogni reali (5). Le multinazionali farmaceutiche, spesso orientate al profitto, aggravano la situazione: Sanofi-Pasteur ha interrotto la produzione di Dengvaxia destinato ai giovani tra i 9 e i 16 anni per la bassa domanda (6). Guardando al futuro, la ricerca e lo sviluppo di vaccini e antivirali più efficaci rimane una priorità fondamentale per affrontare queste sfide e proteggere le popolazioni più vulnerabili.

Il legame tra cambiamento climatico, salute e la trasmissione di malattie infettive

Temperature più alte velocizzano il ciclo vitale delle zanzare e aumentano la loro attività. Come sottolinea Neelika Malavige, medico in Sri Lanka che lavora in un ospedale pediatrico, “a 30-35°C le larve del genere Aedes maturano in soli 7 giorni anziché 21”. Precipitazioni crescenti e urbanizzazione non pianificata creano ulteriori habitat ideali. Oltre ad impattare sulla rapida diffusione della dengue, il cambiamento climatico sta accelerando la diffusione di altre malattie trasmesse da vettori.

Il virus del West Nile, trasmesso da zanzare Culex, rappresenta un esempio chiave. Da un ciclo iniziale tra uccelli, il virus ha raggiunto l’uomo, causando in rari casi gravi malattie neurologiche. Negli ultimi vent’anni si è diffuso in Europa e Americhe, con un aumento del 4,4% nel suo tasso di trasmissibilità (R0) tra il 2013 e il 2022 rispetto agli anni ’50. Anche la malaria sta espandendo il suo raggio d’azione: quasi il 10% delle aree che nel decennio 1951-1960 non erano idonee alla trasmissione di Plasmodium falciparum, lo sono diventate nel decennio 2013-2022, percentuali che superano il 17% nel caso di Plasmodium vivax. Un ulteriore rischio viene dai patogeni Vibrio, che sono onnipresenti nelle acque costiere salmastre e possono causare infezioni gravi, talvolta letali, a carico di ferite, orecchie e apparato gastrointestinale nelle persone che entrano in contatto diretto con esse. Nel 2022, 1,4 miliardi di persone vivevano entro 100 km di aree suscettibili al patogeno, un aumento del 28% rispetto al 1982-2010, e che ha portato al record di 609.900 casi stimati di infezioni gravi.

Il cambiamento climatico, inoltre, ha un impatto profondo sulla salute umana ben al di là della diffusione delle malattie trasmesse da vettori. Secondo il Lancet Countdown on Health and Climate Change, se l’aumento medio della temperatura globale raggiungesse i 2°C (nel 2024 si è registrato un aumento medio di 1,5°C rispetto all’era pre-industriale per 16 mesi consecutivi, Figura 2)  le morti annue legate al caldo potrebbero aumentare del 370% entro la metà del secolo in assenza di misure di mitigazione. Inoltre, si stima un incremento del 50% nella perdita di produttività lavorativa per lo stesso periodo e ondate di calore in grado di esporre oltre 500 milioni di persone a insicurezza alimentare moderata o grave, aggravando il rischio di malnutrizione globale.

I rischi crescenti del cambiamento climatico stanno amplificando le disuguaglianze sanitarie globali e minacciando le fondamenta stesse della salute umana. I sistemi sanitari sono sempre più sotto pressione: il 27% delle città oggetto di analisi del Lancet Countdown on Health and Climate Change hanno espresso preoccupazione per la possibilità che i loro sistemi sanitari vengano sopraffatti dagli impatti climatici. Questa situazione è particolarmente critica nei paesi più vulnerabili, dove le risorse finanziarie limitate e una scarsa capacità tecnica e umana ostacolano i progressi nell’adattamento, riflettendo i rischi di una transizione climatica ingiusta.

Fig. 2 Andamento temporale della temperatura media globale, 1850-2024. World Metereological Organization, 2024

Sfide e prospettive future

Il cambiamento climatico sta già esercitando un impatto profondo sulla salute globale, colpendo milioni di persone e influenzando molteplici aspetti della vita umana. Gli effetti si manifestano attraverso cambiamenti ambientali, danni diretti alla salute fisica e un peggioramento delle condizioni socioeconomiche, con conseguenze particolarmente gravi per le popolazioni più vulnerabili.

Affrontare questa sfida richiede un approccio integrato e multidisciplinare. È essenziale sviluppare soluzioni e implementare azioni di mitigazione che coinvolgano governi, decisori politici, esperti di salute pubblica e ambientale, insieme ad altre parti interessate, promuovendo una collaborazione sinergica. La sfida principale consiste nel trovare un equilibrio tra lo sviluppo economico, spesso orientato al profitto, e un modello di crescita sostenibile che garantisca la protezione ambientale, la sicurezza climatica e la resilienza delle comunità. Politiche mirate devono tutelare le fasce più deboli, prevenendo eventi avversi e instabilità economica.

Questa sfida è complessa, ma affrontabile: nel 2024 ad esempio, Egitto e Capo Verde, due paesi che da secoli hanno convissuto con la malaria, sono stati dichiarati malaria-free. Strumenti innovativi, una governance solida e un impegno globale coordinato possono creare un futuro in cui persone, comunità ed ecosistemi possono prosperare nonostante un clima in continua evoluzione. Come evidenziato da Malavige, “il mondo sta diventando più caldo, e questo influenza la dengue in molti modi diversi.”

Senza interventi collettivi e tempestivi, la dengue, e le atre malattie trasmesse da vettori, continueranno a rappresentare una crescente minaccia per la salute globale.

Maria Josè Caldes, Centro Salute Globale, Regione Toscana.

Gabriele Cerini, medico in formazione specialistica in Igiene e Medicina Preventiva, Università degli Studi di Firenze

 

Bibliografia

  1. BMJ (2024). Dengue and Climate Change: Global Expansion. DOI: 10.1136/bmj.q2391
  2. European Centre for Disease Prevention and Control (2024). Annual Dengue Reports. Retrieved from: https://www.ecdc.europa.eu
  3. Lancet Countdown on Health and Climate Change (2023). Impact of Climate Change on Vectorborne Diseases. DOI: 10.1016/S0140-6736(21)01787-5
  4. International Journal of Infectious Diseases, 2019. Dengue in India: towards a better understanding of priorities and progress, 84, pp.-3. DOI: 10.1016/j.ijid.2019.03.008.
  5. World Health Organization (2024). Global Strategic Plan for Vectorborne Diseases. Retrieved from: https://www.who.int
  6. https://www.cdc.gov/dengue/vaccine/index.html
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