Il turnover sanitario non è solo un problema organizzativo, ma un fattore critico per la qualità dell’assistenza e per gli esiti di salute dei pazienti ricoverati. Un turnover elevato rappresenta una sfida complessa per gli ospedali: genera carenze temporanee che aumentano la pressione sui servizi sanitari compromettendo la continuità e la qualità dell’assistenza, nonché il lavoro di squadra. Il caso inglese e il corrispettivo italiano.
La crisi globale del personale sanitario rappresenta una crescente preoccupazione per i responsabili delle politiche sanitarie di molti paesi. Sebbene le carenze di personale siano l’aspetto più visibile di questa crisi, un elemento meno studiato, ma strettamente collegato, è il turnover sanitario, cioè il tasso con cui medici e infermieri lasciano il proprio impiego, trasferendosi in altre strutture o abbandonando il settore. Ne è esempio emblematico il Sistema Sanitario Inglese e i suoi ospedali NHS (National Health Service), che dai 10 anni precedenti alla pandemia di COVID-19 hanno dovuto affrontare sfide significative legate non solo a carenze di personale, ma anche a un crescente turnover del personale sanitario. Fino ad ora il fenomeno del turnover del personale sanitario è stato studiato soprattutto nell’ottica dello spreco di risorse economiche da parte dell’organizzazione sanitaria. Uno studio condotto sugli NHS Acute Trusts ha cercato, invece, di mettere in luce anche gli esiti che questo determina sulla salute dei pazienti. I ricercatori hanno analizzato nove anni di dati provenienti da 148 NHS Hospital Trusts, includendo informazioni su oltre 8 milioni di pazienti ricoverati e su circa 236.000 infermieri e 41.800 medici senior.
La ricerca ha evidenziato una chiara associazione tra l’alto turnover del personale e peggiori esiti di salute dei pazienti. A fronte di un turnover mensile che, in media, comporta la perdita di circa 20 infermieri e 7 medici senior per ciascun NHS hospital trust, lo studio ha, infatti, evidenziato un’associazione significativa con la mortalità ospedaliera a 30 giorni, sia per tutte le cause sia per i ricoveri in regime d’urgenza. A livello nazionale, si stima che il turnover infermieristico sia correlato a circa 239 morti aggiuntive al mese, mentre quello dei medici senior contribuisca a ulteriori 96 decessi mensili. Questi risultati sottolineano come il turnover non sia solo un problema organizzativo, ma un fattore critico per la qualità dell’assistenza e per gli esiti di salute dei pazienti ricoverati. Un turnover elevato rappresenta dunque una sfida complessa per gli ospedali: genera carenze temporanee che aumentano la pressione sui servizi sanitari compromettendo la continuità e la qualità dell’assistenza, nonché il lavoro di squadra. Inoltre, è associato a un basso rapporto personale-pazienti.
Per far fronte alle carenze d’organico, molte strutture devono ricorrere a personale temporaneo, il cui impiego comporta un aumento dei costi di circa il 30%, mettendo così a rischio la sostenibilità finanziaria degli ospedali e, in alcuni casi, di interi sistemi sanitari. (1)
Dall’Inghilterra all’Italia
In Italia, un recente studio ha indagato l’associazione tra l’intenzione degli infermieri di lasciare la professione e la mortalità ospedaliera a 30 giorni. Sebbene lo studio italiano si concentri esclusivamente sugli infermieri e analizzi un aspetto specifico, come l’intenzione di lasciare la professione piuttosto che il turnover in senso più ampio come nello studio inglese, esso rappresenta comunque un contributo rilevante. La ricerca ha esaminato i dati di oltre 1.000 infermieri e 37.000 pazienti ricoverati in 15 ospedali, evidenziando come un incremento del 10% nell’intenzione di lasciare il lavoro da parte degli infermieri sia associato a un aumento del 14% della mortalità ospedaliera entro 30 giorni dal ricovero. Questo risultato si inserisce in un contesto più ampio di difficoltà strutturali che accomunano Italia e Inghilterra. In entrambi i paesi, le difficoltà di assunzione successive alla crisi economica del 2008, aggravate dagli effetti della pandemia di COVID-19, hanno messo in luce la necessità urgente di investire nel benessere del personale sanitario e di affrontare le carenze strutturali del sistema. In Italia, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) rappresenta un’opportunità per affrontare queste sfide, ma resta fondamentale implementare strategie a lungo termine per garantire la sostenibilità del nostro sistema sanitario e migliorare gli esiti di salute dei pazienti. (2)
Il rapporto tra turnover e carenza del personale sanitario
Come messo in luce da Moscelli et al., nella letteratura esistente, gli alti tassi di turnover del personale ospedaliero sono spesso correlati alla carenza di personale, ma le due problematiche non coincidono necessariamente e possono presentarsi in un ordine cronologico diverso. Le carenze temporanee di personale ospedaliero possono essere affrontate con una riallocazione a breve termine del personale esistente nei reparti e nelle specialità carenti, oppure assumendo infermieri o medici temporanei. Al contrario, le carenze croniche di personale sono probabilmente causate anche da un (eccessivo) turnover del personale stesso, derivante dall’incapacità di un ospedale di trattenere il personale esistente (retaining). Pertanto, il turnover del personale e la carenza di personale hanno alcune cause in comune, ma gli alti tassi di turnover sono più probabilmente dovuti a caratteristiche o pratiche organizzative inadeguate che contribuiscono a generare persistenti carenze di personale a livello di organizzazione ospedaliera, piuttosto che il contrario. (1)
L’importanza della fidelizzazione del personale (“retaining”)
Sia nello studio inglese che in quello italiano emerge con chiarezza come migliorare la fidelizzazione del personale sanitario possa essere una strategia cruciale per mitigare gli effetti negativi del turnover o dell’intenzione di lasciare la professione. De Vries et al. hanno condotto una revisione sistematica sulle strategie che possono essere messe in atto per una maggiore fidelizzazione del personale sanitario. (3) Tali strumenti spaziano dalle strategie di reclutamento e specifici programmi di inserimento (il cosiddetto “onboarding”) per facilitare l’integrazione dei nuovi assunti, alla creazione di un ambiente di lavoro positivo che favorisca il supporto sociale tra colleghi, all’implementazione di modelli organizzativi che promuovano l’equilibrio tra vita lavorativa e privata, nonché a interventi mirati a migliorare le capacità di coping dello stress. Non è di secondaria importanza garantire anche un adeguato supporto al personale durante il trasferimento tra reparti o unità attraverso programmi di transizione e soprattutto il mantenimento di un adeguato rapporto personale-pazienti.
Già in un documento dell’Unione Europea del 2015 era stato affrontato il tema del reclutamento e della fidelizzazione del personale sanitario. In questo documento venivano riportati esempi di buone pratiche, approfondimenti e lezioni per lo sviluppo di politiche e strategie organizzative (4). I tipi di interventi riportati più frequentemente erano quelli educativi, seguiti dal supporto professionale e personale. I cambiamenti normativi erano una misura utilizzata meno frequentemente, mentre gli interventi focalizzati sugli incentivi finanziari erano stati sviluppati in numerosi paesi, ma sembravano essere più efficaci quando combinati con altre misure. Il documento sottolineava inoltre l’importanza del coinvolgimento di tutti gli stakeholder per poter introdurre strategie condivise nel rispetto delle diverse caratteristiche di ciascuna area.
La situazione italiana
I dati più recenti non sono incoraggianti: la perdita di personale sanitario è costante dal 2008, accompagnato da un aumento del 44,6% nel ricorso a contratti a tempo determinato tra il 2019 e il 2022. Il 52% dei medici e il 45% degli infermieri riportano di aver sofferto di burnout a causa delle condizioni lavorative, con una maggiore incidenza tra le donne. Anche relativamente alle retribuzioni la situazione è allarmante con il reddito annuale dei medici specialisti e degli infermieri ospedalieri di circa il 22% più basso rispetto alla media dei paesi dell’area OCSE. Sono soprattutto le donne a riportare una maggiore difficoltà nella conciliazione vita-lavoro, in particolare nella genitorialità (60% delle donne contro il 36% degli uomini). (5) Su più fronti siamo dunque ben lontani dallo stato auspicato per promuovere la soddisfazione e la fidelizzazione del personale sanitario.
Conclusioni
Sarebbe interessante approfondire ulteriormente la correlazione tra turnover del personale sanitario e outcome clinici in Italia, dato che le evidenze suggeriscono l’importanza della stabilizzazione della forza lavoro per garantire la qualità delle cure e la sostenibilità del sistema sanitario nel lungo termine.
Affrontare il turnover del personale sanitario richiede una visione integrata che combini urgenti interventi economici, organizzativi e sociali. Solo attraverso un approccio coordinato sarà possibile garantire un sistema sanitario che metta al centro la persona, tutelando la dignità e il benessere sia di chi vi lavora sia di chi vi si affida.
Maddalena Carretti e Erika Del Prete, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina preventiva, Università di Firenze.
Riferimenti
- Moscelli G, Mello M, Sayli M, Boyle A. Nurse and doctor turnover and patient outcomes in NHS acute trusts in England: retrospective longitudinal study. BMJ. 2024 Nov 20;387:e079987. doi: 10.1136/bmj-2024-079987. PMID: 39566973; PMCID: PMC11577445.
- Catania G, Zanini M, Cremona MA, Landa P, Musio ME, Watson R, Aleo G, Aiken LH, Sasso L, Bagnasco A. Nurses’ intention to leave, nurse workload and in-hospital patient mortality in Italy: A descriptive and regression study. Health Policy. 2024 May;143:105032. doi: 10.1016/j.healthpol.2024.105032. Epub 2024 Mar 4. PMID: 38460274.
- De Vries N, Lavreysen O, Boone A, Bouman J, Szemik S, Baranski K, Godderis L, De Winter P. Retaining Healthcare Workers: A Systematic Review of Strategies for Sustaining Power in the Workplace. Healthcare (Basel). 2023 Jun 29;11(13):1887. doi: 10.3390/healthcare11131887. PMID: 37444721; PMCID: PMC10341299.
- Barriball L, Bremner J, Buchan J, Craveiro I, Dieleman M, Dix O, et al. Recruitment and retention of the health workforce in Europe. Luxembourg: Publications Office of the European Union; 2015. Report No.: EB-02-15-512-EN-C. DOI: 10.2818/430223
- Eurispes, Fondazione Enpam. 3° Rapporto sulla salute e il sistema sanitario. Roma: Eurispes; 2024.