Investire in un’agenzia nazionale per la stesura, la promozione e l’implementazione delle linee-guida non è solo un’esigenza pratica, ma una scelta strategica per migliorare la qualità delle cure e ottimizzare l’utilizzo delle risorse, aspetto quanto mai cruciale in presenza di un Servizio Sanitario sottofinanziato.
In Italia, le linee-guida per la pratica clinica sono sotto i riflettori soprattutto perché la legge Gelli-Bianco (legge 8 marzo 2017, n. 24) le indica come uno dei riferimenti per valutare la responsabilità dei medici in caso di contenzioso. Come recita l’articolo 5 della legge “gli esercenti le professioni sanitarie … si attengono, salve le specificità del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle linee-guida …”[1]. Queste, quando disponibili, sono pubblicate sul sito del Sistema Nazionale Linee-Guida (SNLG) e dovrebbero rappresentare un riferimento da contestualizzare ai casi concreti. Esiste tuttavia un aspetto più generale e rilevante: l’utilizzo delle linee-guida per promuovere l’appropriatezza. Da sempre oggetto di dibattito, quando non di polemica, tra chi sostiene l’importanza della libertà dei clinici di decidere “in scienza e coscienza” senza ipotetiche costrizioni dovute alla necessità di riferirsi a standard; e chi sottolinea la necessità di maggiore trasparenza nelle scelte cliniche sulla base delle prove scientifiche disponibili, valutata la loro validità e trasferibilità. Dei problemi relativi alla realizzazione, qualità e implementazione delle linee-guida per la pratica clinica, considerando la loro rilevanza per clinici e pazienti e anche la loro importanza dal punto di vista normativo, si è parlato nel convegno (riunione) annuale 2024 dell’Associazione Alessandro Liberati – Cochrane Affiliate Centre, cui hanno partecipato metodologi, clinici e giuristi approfondendo alcuni limiti e criticità della situazione attuale. Di seguito alcune riflessioni a partire dalle discussioni fatte sul tema.
Limiti della legge Gelli-Bianco: chi fa linee-guida, e con quali risorse?
Alla legge Gelli-Bianco può essere riconosciuto il merito di porre il problema di un criterio di riferimento che migliori la trasparenza dell’agire medico e tuteli sia i pazienti sia i professionisti sanitari, ferma restando la consapevolezza che le linee-guida rappresentano un supporto informativo basato idealmente sulle migliori conoscenze disponibili, che richiede tuttavia una valutazione di applicabilità da parte del clinico. A parte queste ovvie considerazioni, l’applicazione pratica della normativa rivela una serie di problematiche relative alla qualità e alla disponibilità delle linee-guida cui potersi riferire. Anzitutto, un aspetto cruciale è rappresentato dai criteri di accreditamento per gli enti abilitati a produrre le linee-guida cui la legge Gelli-Bianco fa riferimento. Esse, infatti, dovrebbero essere “elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonché dalle società scientifiche … iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro della Salute …”. Ma chi è entrato in questo elenco (si tratta di ben “411 società scientifiche e tecnico-scientifiche”[2]) è davvero in grado di produrre linee-guida di adeguata qualità e al riparo da conflitti di interesse? La maggior parte delle linee-guida attualmente disponibili sul sito dell’SNLG sono state prodotte da società scientifiche, che spesso dipendono finanziariamente dai produttori di farmaci o dispositivi medici. Questo contesto rende da sempre difficile garantire indipendenza e imparzialità.[3] Le stesse società scientifiche, in un sondaggio che ha coinvolto 194 di esse, hanno oltretutto riconosciuto tra le principali criticità la complessità nello sviluppo di linee-guida (51% dei rispondenti) e le inadeguate competenze a propria disposizione (34% dei rispondenti) oltre alla limitata disponibilità di risorse economiche (63% dei rispondenti).[4]
Per quanto riguarda la validità e la trasferibilità delle linee-guida, spesso non è chiaro se i criteri di valutazione di quelle che entrano a far parte dell’SNLG, enunciati in un manuale metodologico[5], siano efficacemente (e non solo formalmente) applicati al fine di selezionare documenti metodologicamente adeguati: che siano cioè realizzati da panel multidisciplinari con una composizione effettivamente coerente rispetto al problema clinico affrontato; che si basino su una revisione realmente sistematica delle prove scientifiche disponibili; che definiscano la forza delle raccomandazioni considerando, oltre alla qualità delle prove, la loro applicabilità al contesto italiano e la rilevanza per i pazienti; che non siano condizionati da conflitti di interesse; e che definiscano percorsi per facilitare l’implementazione delle raccomandazioni.
La realizzazione di linee-guida metodologicamente adeguate, oltre all’expertise nell’ambito di panel multidisciplinari, richiede tempo. Ciò pone problemi, oltre che di risorse impegnate, di tempestività di realizzazione e di aggiornamento. Motivo per cui, quando non è possibile avere linee-guida propriamente dette, la legge Gelli-Bianco prevede la possibilità di affidarsi alle buone pratiche clinico assistenziali. Sul sito dell’SNLG queste sono definite come “documenti contenenti raccomandazioni clinico-assistenziali ritenute efficaci, sicure ed appropriate dalla comunità scientifica internazionale, perché basate su solide prove di efficacia, che vengono sviluppate in modo rapido in quanto le tempistiche e/o il budget disponibile non consentono i processi standard seguiti per la produzione di linee guida”. Per il loro sviluppo è stato recentemente prodotto un altro manuale metodologico[6], che rappresenta un tentativo di definire quali caratteristiche dovrebbero avere tali buone pratiche, dato che i vari modi con cui sono state definite (da “indicazioni di buon senso clinico”[7] a “linee-guida attualmente vigenti”[8] a “percorsi assistenziali, basati su standard di qualità e sicurezza … che hanno origine da evidenze, letteratura e/o da organizzazioni sanitarie”[9]) pongono il rischio di interpretazioni fortemente soggettive e selettive.
Il manuale metodologico evidenzia quelli che sono i criteri fondamentali per la realizzazione di buone pratiche clinico-assistenziali (sostanzialmente gli stessi delle linee-guida). Quando saranno disponibili documenti redatti in base a questi criteri potremo valutare se essi potranno rappresentare un accettabile compromesso in termini di disponibilità di informazioni e qualità metodologica rispetto a linee-guida vere e proprie.
Sembra tuttavia del tutto azzardato l’auspicio, espresso da alcune parti, che le buone pratiche possano sostituire tout court le linee-guida come riferimenti per l’uso appropriato degli interventi sanitari, soprattutto considerando che lo sviluppo di tali documenti sembra ancora una volta affidato “all’interlocuzione con le Società Scientifiche”[10] e quindi potenzialmente gravato da conflitti di interesse oltre che da carenza di competenze.
La difficoltà nel disporre di linee-guida o di buone pratiche e – quando disponibili – di poterle contestualizzare a casi specifici, ha portato alla proposta (da parte di una Commissione voluta dal Ministro della Giustizia Nordio) di modificare l’art. 5 della legge Gelli-Bianco considerando, oltre a linee-guida e buone pratiche, “altre scelte diagnostiche e terapeutiche adeguate alle specificità del caso concreto”[11]. Per quanto sia comprensibile la preoccupazione di non essere spesso in grado di adattare delle raccomandazioni a casi specifici, non bisognerebbe utilizzare questo argomento per bypassare la necessità di avere a disposizione raccomandazioni che derivano da un’analisi sistematica delle conoscenze disponibili. Se il problema è quello di tentare di realizzare un deterrente per denunce e cause civili, la modifica dell’articolo 5 con l’aggiunta di cui sopra porrebbe il rischio di inserire un elemento di ulteriore soggettività di valutazione dell’agire medico, per cui anche scelte poco o affatto supportate dalle evidenze disponibili potrebbero risultare in qualche modo giustificabili. Partendo dall’idea di avere linee-guida rigorose (quelle attualmente presenti nel SNLG sono spesso difficilmente definibili come tali) passando per il compromesso delle “buone pratiche”, va considerato il rischio che venga tacitamente e progressivamente accettata una sorta di regressione culturale verso un’era pre-EBM in cui la valutazione dell’appropriatezza delle scelte sulla base delle migliori conoscenze disponibili non sia più considerata centrale in sanità pubblica.
La necessità (e sostenibilità) di una strategia nazionale
Esiste dunque un problema di disponibilità di linee-guida adeguate, trasferibili e al riparo da conflitti di interesse, oltre che un problema di tempestività di realizzazione e aggiornamento. Linee-guida che possano esplicitare le aree di incertezza rispetto alle quali occorrerebbe fare nuova ricerca. Ma esiste anche il problema di promuovere l’implementazione di tali linee-guida: quando disponibili, il loro trasferimento nella pratica clinica non è scontato e richiede strategie a livello locale, che possono tuttavia essere definite nelle stesse linee-guida. Al momento, non esistono finanziamenti pubblici per la realizzazione di un programma organico per lo sviluppo di linee-guida. All’interno dell’Istituto Superiore di Sanità è stato eliminato il Centro Nazionale per l’Eccellenza Clinica (che era peraltro costituito di sole 3 persone) dove era incardinato il SNLG. L’Italia avrebbe invece proprio bisogno di un’agenzia nazionale che coordini lo sviluppo di linee-guida e le relative strategie di implementazione, sul modello del NICE britannico. Con una spesa netta di 60 milioni di sterline nel periodo aprile 2023-marzo 2024 (17 dei quali dedicati alla realizzazione di linee-guida) e uno staff di circa 800 professionisti[12], il NICE rappresenta un investimento relativamente modesto che può avere un impatto significativo, promuovendo l’uso appropriato di farmaci e interventi sanitari e riducendo gli sprechi. Quantificare questi ultimi è sempre operazione piuttosto complessa, ma se l’OCSE ha prodotto una loro stima orientativa nell’ordine del 20% della spesa sanitaria[13], possiamo considerare che il loro ordine di grandezza in Italia (considerando l’entità del Fondo Sanitario Nazionale di circa 130 miliardi di euro) eccederebbe almeno di un fattore 100 (probabilmente abbastanza più di così) il budget di un’agenzia come il NICE. Che quindi potrebbe, con ogni probabilità, non solo ampiamente “ripagarsi” promuovendo l’appropriatezza d’uso degli interventi sanitari per una migliore assistenza per cittadini e pazienti, ma anche permettere l’allocazione efficiente delle scarse risorse disponibili.[14] Le risorse per un progetto simile potrebbero tra l’altro essere reperite nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che destina ben 18,5 miliardi di euro alla Missione “Salute”.
Conclusioni
Investire in un’agenzia nazionale per la stesura, la promozione e l’implementazione delle linee-guida non è solo un’esigenza pratica, ma una scelta strategica per migliorare la qualità delle cure e ottimizzare l’utilizzo delle risorse, aspetto quanto mai cruciale in presenza di un Servizio Sanitario sottofinanziato: i costi dell’inappropriatezza sono senz’altro superiori rispetto a quello del contenzioso giuridico,[15] che invece sembra rappresentare la principale preoccupazione che spinge verso le modifiche a livello normativo. Le competenze e le risorse finanziarie per realizzare una tale agenzia ci sarebbero (anzi: essa si ripagherebbe ampiamente), ma è necessaria una volontà politica chiara e determinata per tradurre queste potenzialità in realtà, a supporto di clinici e pazienti.
Nonostante la necessità di garantire elevati standard qualitativi, è anche essenziale affrontare il problema dell’eccessivo impegno di risorse e tempo nella stesura delle linee-guida, anche alla luce dei tempi ulteriori che occorrono per farle conoscere ai professionisti e per promuovere il loro utilizzo. Il manuale metodologico recentemente pubblicato sulle buone pratiche rappresenta un tentativo di rendere il processo di stesura e aggiornamento delle raccomandazioni più efficiente e per favorire la disponibilità di documenti in aggiunta alle linee-guida quando queste non sono facilmente e tempestivamente realizzabili. È tuttavia necessario monitorare i documenti che risulteranno dal suo utilizzo, per assicurarsi che non risulti compromessa la qualità (in termini di validità e trasferibilità) delle raccomandazioni. Il fatto che lo sviluppo di queste buone pratiche sembra essere stato affidato prevalentemente alle società scientifiche non rappresenta un contesto ideale.
Da parte sua, l’Associazione Alessandro Liberati – Cochrane Affiliate Centre si batte per la necessità di promuovere l’appropriatezza delle scelte in sanità pubblica attraverso percorsi (come la realizzazione di linee-guida) che prevedano un’analisi rigorosa delle conoscenze disponibili e la loro contestualizzazione; e per la necessità di promuovere nuova ricerca, rivolta agli interessi dei pazienti, per ridurre le incertezze presenti su efficacia e sicurezza delle cure[16].
Giulio Formoso, Azienda USL-IRCCS Reggio Emilia, Associazione Alessandro Liberati
Riferimenti
[1] https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/03/17/17G00041/s
[2] https://www.pnrr.salute.gov.it/portale/temi/documenti/Elenco_societa_scientifiche_Aggiornato_26_gennaio_2022_411_cambio_denominazione_AIFI_SIDCO_SIdP_(003).pdf
[3] Grilli R, et al. Practice guidelines developed by specialty societies: the need for a critical appraisal. Lancet 2000;355:103-106
[4] Castellini G, et al. Knowledge, attitude, barriers and facilitators to developing Clinical Practice Guidelines in Italy: a cross sectional national survey among the registered scientific and technical societies. Ann Ist Super Sanità 2022 | Vol. 58, No. 4: 269-276
[5] Manuale metodologico per la produzione di linee guida di pratica clinica. https://www.iss.it/-/snlg-manuale-metodologico
[6] https://www.iss.it/documents/20126/7949265/MM-RBPCA_v1.1_dic_2024.pdf/42e172fd-0fda-95d0-2fc0-da14476fe370?t=1734002505109
[8] Corte di Cassazione, 21/03/2019
[9] Labella B, et al. Le buone pratiche per la sicurezza dei pazienti. Monitor 11/31, 21-34, 2012
[10] https://www.iss.it/snlg-buone-pratiche
[11] https://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato1732296539.pdf
[12] https://assets.publishing.service.gov.uk/media/669fbf6eab418ab055592b8b/nice_annual_report_and_accounts_2023-2024_web_accessible.pdf
[13] https://www.oecd.org/en/publications/tackling-wasteful-spending-on-health_9789264266414-en.html
[14] Naci H, et al. Lancet 2025;405:50–60
[15] https://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=114569
[16] Liberati A. Need to realign patient-oriented and commercial and academic research. Lancet 2011; 378: 1777-8
fonte: https://www.saluteinternazionale.info/2025/03/linee-guida-cliniche-e-qualita-delle-cure/