Attenzione, i manicomi stanno riaprendo. di Andrea Angelozzi

Gentile Direttore,

senza particolari clamori, ma in modo chiaro, di fatto sta già avvenendo una riapertura dei manicomi. Non mi riferiscono ai legittimi dubbi che possono sorgere a fronte dei molti aspetti fragili nella effettiva riabilitazione attuata in tanta residenzialità psichiatrica, che sembra quindi assolvere più uno scopo di “ospitalità” istituzionale che non la ricerca di un effettivo reinserimento sociale. Mi riferisco a interventi più espliciti in direzione neomanicomiale.

In difformità infatti dal DPCM 12/01/2017 sui LEA, che all’Art. 33 sottolinea la temporaneità e la costante tensione riabilitativa che devono caratterizzare le strutture residenziali, già nel 2018 con la DGR 1873 la Regione Veneto aveva introdotto una nuova unità di offerta, le RSSP (Residenze socio-sanitarie protette), destinate a prevalente finalità socio-assistenziale con l’accoglienza di utenza con “prevalente necessità lungo assistenziale” non in grado di vivere autonomamente, dove il massimo obiettivo è il supporto ed il mantenimento delle abilità residue. Criteri richiesti: patologia psichiatrica, età minima 45anni ed un pregresso di almeno 10 anni complessivi all’interno delle strutture residenziali. Tali inserimenti non comportano scadenza, rinnovabili ogni anno previa verifica.

In questo caso il riferimento è alle “personalità antisociali”, un concetto problematico all’interno della nosografia proposta sia da DSM sia da ICD, dove si unificano sotto un unico nome aspetti più strettamente legati alla criminalità antisociale e tratti francamente psicopatologici per i quali molti Autori hanno chiesto una diversa collocazione nosografica.

La soluzione proposta a questo problema dal Tavolo Ministeriale (ove è rappresentata anche la SIP) costituisce in questo caso una rottura completa con la tradizione psichiatrica inaugurata dalla L. 180/78. Di fatto si propone che le persone affette da una condizione, che fa attualmente riferimento comunque a aspetti psichiatrici, siano considerati non curabili e semplicemente da custodire in quanto socialmente pericolose.

Il documento del CSM recepisce questa tesi, individuando un doppio circuito, che “distingua tra pazienti stabilizzati che possano seguire un percorso di riabilitazione psichiatrica finalizzato ad un prossimo reinserimento sociale e soggetti con un profilo di pericolosità bisognoso di contenimento, da gestire in strutture di alta sicurezza (le ipotizzate tre! REMS Nord – Centro – Sud) ove accordare prevalenza al profilo custodiale”.

Inutile sottolineare come un tale autorevole precedente potrebbe innescare lo stesso criterio di “inemendabile” per altre categorie nosologiche, con il fondato rischio di una piena legittimazione alla riapertura di strutture prevalentemente custodialistiche (e a vita …) per quello che non siamo in grado di “curare” con le risorse culturali e materiali di cui la psichiatria attualmente dispone.

Credo che questi aspetti meritino la massima attenzione da parte di una psichiatria che si ritrova nuovamente a doversi confrontare con istanze manicomiali che credeva di avere superato.

Andrea Angelozzi – Psichiatra

fonte: https://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=128427

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