Mentre i lavoratori europei affrontano salari stagnanti, licenziamenti e il progressivo smantellamento dello stato sociale, Bruxelles stanzia 800 miliardi per le spese militari. Un fiume di denaro sottratto ai fondi di coesione e, in gran parte, destinato all’acquisto di armi made in Usa. Uno scandalo economico e politico, una resa incondizionata all’industria bellica, mentre la crisi sociale continua a mordere milioni di cittadini.
Il vecchio (e malconcio) continente si sta trasformando in una caserma armata fino ai denti, ma priva di una visione politica autonoma. Siamo diventati la succursale bellica della Nato, incapaci di immaginare un modello di sicurezza diverso da quello imposto da Washington. E nel frattempo, il sogno europeo di un’Unione basata sulla pace, sul progresso sociale e sulla cooperazione si sgretola sotto il peso di bilanci di guerra.
Invece la strada scelta è quella della militarizzazione. E l’assurdità è che questa corsa al riarmo viene giustificata in nome della “difesa della democrazia”, mentre si smantellano diritti sociali e tutele conquistati con decenni di lotte. Che tipo di sicurezza è quella di un’Europa armata fino ai denti, ma incapace di garantire stipendi dignitosi ai suoi cittadini?
Si tratta di una scelta politica precisa: il denaro c’è, ma viene indirizzato altrove. Ai lavoratori, agli studenti, ai pensionati si dice che bisogna stringere la cinghia, che “non ci sono fondi” per salari e welfare. Ma per le armi, magicamente, i soldi saltano fuori.
Oggi, di fronte a questa deriva, non basta indignarsi. È necessario costruire un’alternativa. L’Europa ha bisogno di sicurezza sì, ma quella di un lavoro stabile, di un welfare pubblico forte, di un’industria sostenibile. Ha bisogno di una politica economica che rafforzi la sua autonomia strategica senza trasformarla in un magazzino di armi.
Il Patto per il dialogo sociale firmato tra sindacati, Commissione Europea e associazioni datoriali può essere un primo passo per rimettere al centro il lavoro e i diritti, ma deve tradursi in scelte concrete. E la prima scelta da fare è chiara: basta con l’Europa del riarmo, è tempo di ricostruire l’Europa sociale che alimenta la pace.