Se torna la pandemia gli ospedali rischiano la fine della casetta di paglia dei tre porcellini. di Claudio Maria Maffei

Gentile direttore,

qualche settimana fa qui su Qs è stata pubblicata la bozza del nuovo Piano Pandemico, bozza che è stata letta a livello politico e dei media soprattutto, se non esclusivamente, con un occhio al tema delle libertà personali e dei vaccini. Sono andato a leggere la parte sulla “Organizzazione dei servizi sanitari e scale-up in fasi di allerta e risposta” (pagina 71) e in particolare quella relativa alla riposta ospedaliera. Nelle pagine precedenti (Tabelle 5, 6 e 7) era stato offerto un modello per la previsione dell’impatto della pandemia sui posti letto ospedalieri in base a tre scenari: lieve, moderato e grave. Sulla base degli scenari tracciati devono essere messi a punto, testati e sottoposti a periodica verifica di efficacia i piani regionali di preparazione alla pandemia e i piani operativi locali, compresi quelli ospedalieri pubblici e privati, piani che devono essere attuabili in modalità scalare in base alle caratteristiche dell’epidemia. Perfetto.

Poi la bozza di Piano Pandemico dedica un punto (il C.4.1.1.) alla descrizione dell’organizzazione a livello ospedaliero e qui la lettura della prima frase fa (almeno a me) cadere le braccia prima e subito dopo rifarmi scrivere a Qs: ”Come noto, l’offerta di assistenza ospedaliera in Italia è organizzata in base ai criteri e agli standard fissati dal D.M. 70/2015 e impostata su un modello di rete, teso all’integrazione tra i servizi ospedalieri ed al coordinamento di essi con i servizi territoriali, in una logica complessiva volta alla realizzazione di percorsi diagnostico-assistenziali per patologia.”

La frase conferma l’ormai incolmabile distacco tra la visione della realtà del Ministero della Salute e del livello centrale e la realtà delle reti ospedaliere regionali per le quali (salvo forse alcune Regioni in Piano di rientro o commissariate) il DM 70 non è più una norma di riferimento, ma al massimo una voce bibliografica. Ne abbiamo scritto proprio due giorni fa qui su Qs con Fulvio Moirano e quindi tralascio i dettagli. Mi limito a ricordare che la risposta efficace delle reti ospedaliere regionali ad una nuova aggressione pandemica è fortemente condizionata dalla struttura oltre che dalla flessibilità di quelle reti. È ovvio che una loro struttura frammentata e dispersa generi un utilizzo sub-ottimale di posti letto e di tecnologie, ma ancor prima di risorse umane, primo fattore in gioco nella risposta alla pandemia.

In una situazione di grave carenza di personale medico e di vocazioni nell’area dell’emergenza-urgenza e di prevedibile crescente carenza di personale infermieristico il primo passo pensando a una nuova pandemia doveva essere la razionalizzazione delle reti ospedaliere regionali con una forte concentrazione delle strutture con un Dipartimento di Emergenza e Accettazione di primo o secondo livello. L’esperienza della Regione Marche dimostra che è perfettamente possibile programmare le reti ospedaliere e costruire programmi di edilizia sanitaria che vanno clamorosamente in direzione opposta. In questa Regione si stanno facendo interventi edilizi imponenti anche per costi sui DEA ospedalieri: tre sono previsti in altrettanti nuovi ospedali, sei in altrettanto nuove palazzine, due in ospedali nuovi in via di completamento. Peccato che con gli altri due ospedali con DEA si arrivi a 13 contro i 10 da DM 70. Quindi centinaia di milioni spesi sapendo a priori che vengono spesi secondo un modello programmatorio sbagliato anche in funzione anti-pandemica.

Purtroppo mi arriva una conferma di questa negazione diffusa del problema del ridisegno delle reti ospedaliere da questa dichiarazione del Ministro Schillaci che troviamo qui su Qs in uno dei commenti all’articolo sul nuovo Piano Pandemico: “La pandemia ha segnato profondamente la vita di tutti noi e del Servizio sanitario nazionale. Dalla lezione della pandemia dobbiamo capire cosa non ha funzionato ed è, penso, in primis, la medicina territoriale.” Ministro, mi raccomando: pensi anche alla “medicina ospedaliera”.

Claudio Maria Maffei

fonte: https://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=128142

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