“A tre anni dall’avvio del PNRR e a 16 mesi dalla scadenza, lo scenario dello stato di attuazione della Missione Salute (M6) è allarmante, con troppi progetti che procedono a rilento, con ritardi nell’esecuzione dei lavori o ancora fermi alla fase di progettazione. Le poche opere completate e collaudate rendono concreto il rischio di non conseguire gli obiettivi strategici entro giugno 2026”. È quanto denuncia Daniela Barbaresi, segretaria confederale della Cgil, presentando il Report sullo stato di attuazione della Missione Salute a cura dell’Area Stato Sociale e Diritti del sindacato di Corso d’Italia, stilato elaborando i dati della piattaforma di monitoraggio ReGiS predisposta dal MEF.
Dall’analisi della Confederazione emerge che a dicembre 2024 risultano finanziati 10.084 progetti per 19,2 miliardi di euro complessivi. Dei 8871 progetti di cui è possibile monitorare l’iter, solo il 35% risulta concluso, mentre il 40,8% presenta ritardi in almeno una delle fasi di attuazione.
Particolarmente preoccupante e incerta la situazione per la realizzazione delle Case della Comunità e degli Ospedali di Comunità, strutture strategiche per l’attuazione della riforma dell’assistenza territoriale.
Per quanto riguarda le Case della Comunità, da ReGis risultano finanziati progetti per 1.416 strutture, per un valore complessivo di 2,8 miliardi di euro. A dicembre 2024 risultano effettuati pagamenti per soli 261 milioni: è stato speso meno di un decimo dei fondi disponibili. Dei progetti monitorati, ne risultano completati e collaudati solo 25, mentre ben 885 (62,6%) presentano almeno uno step in ritardo. Nel dettaglio, sono in corso i lavori per la realizzazione di 598 strutture (42,4% del totale delle opere previste), ma ci sono ritardi evidenti e diffusi nell’esecuzione dei lavori per più della metà dei progetti. In particolare, ci sono ritardi nell’avvio dei lavori di esecuzione di 631 strutture (44,8%), a cui si aggiungono altre 103 Case della Comunità (7,3%) con ritardi nella fine dei lavori. Completati i lavori dei cantieri solo per 53 Case della Comunità (3,8%).
Allarmante la distanza proibitiva dal traguardo del collaudo per 454 progetti, ancora fermi alla fase della progettazione esecutiva, step che di fatto impedisce l’avvio dei cantieri.
Non meno critica la situazione degli Ospedali di Comunità, le strutture sanitarie a prevalente gestione infermieristica, fondamentali per garantire le cure intermedie e la continuità assistenziale nel passaggio dall’ospedale al ritorno a casa dei pazienti. Sono stati finanziati con 1,3 miliardi di euro progetti per 427 strutture, dei quali ne risultano completati e collaudati solo 10 (2,3%), mentre 146 sono ancora fermi alla fase della progettazione esecutiva. A dicembre 2024 risultavano effettuati pagamenti per soli 100 milioni (7,9% dei fondi). La fase dell’esecuzione dei lavori risulta completata solo per 20 Ospedali di Comunità (4,7% del totale dei progetti monitorati); sono in corso i lavori per la realizzazione di 184 strutture (43,3%), ma ci sono ritardi nei lavori in oltre la metà delle opere da realizzare: in ritardo l’avvio dei lavori di esecuzione di 193 strutture (45,4%), a cui si aggiungono i ritardi nella fine dei lavori di altri 23 Ospedali di Comunità (5,4%).
Se si analizzano i ritardi nell’esecuzione dei lavori dal punto di vista territoriale, sia per le Case della Comunità che per gli Ospedali di Comunità emergono forti differenze tra Regioni: Molise, Calabria e Sardegna detengono la maglia nera, mentre Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Veneto sono le più virtuose.
“In questo scenario – commenta Barbaresi – risulta davvero difficile credere che il Governo possa immaginare di riuscire a terminare tutti i lavori per collaudare le strutture entro giugno 2026, data prevista per la scadenza definitiva. Inoltre – sottolinea – resta il nodo del personale: non basta costruire strutture se non si mettono nelle condizioni di essere operative ed efficienti. Senza prendere in considerazione i possibili e auspicabili sviluppi della figura dei medici di medicina generale alle dipendenze del SSN, solo per Case e Ospedali di Comunità, per cui non si vedono atti di interessamento concreto da parte del Ministero della salute, è necessario assumere 33 mila unità di personale”. Per la segretaria confederale della Cgil “sarebbe l’unico concreto intervento che migliorerebbe i tempi di attesa riempendo il vuoto degli spot governativi o l’inconsistenza degli atti ministeriali. Quanti ricoveri impropri si potrebbero evitare garantendo la presa in carico da parte di un’adeguata rete di assistenza territoriale? Quanta pressione negli ospedali, a partire dagli accessi impropri nei Pronto soccorso, si potrebbe evitare?”
“Per rendere effettivo il diritto alla tutela della salute – conclude Barbaresi – occorre adeguare l’offerta di assistenza ai bisogni della popolazione con un forte investimento nel territorio, superando divari e diseguaglianze tra le diverse aree del Paese. La nostra mobilitazione proseguirà per rafforzare e rilanciare il Servizio Sanitario Nazionale”.